tratto da: http://www.cattolicigenovesi.org/vita_02.html

MORTE DI STATO ED ESPIANTI

Considerazioni critiche alla luce della Morale naturale e cattolica

Famiglia e Civiltà
( Sezione - GENOVA )

Il 31 agosto 1994 il Ministro della Sanità Raffaele Costa, ha firmato il decreto ministeriale che fissa le condizioni di applicazione della legge 578, approvata il 16 dicembre 1993 ed entrata in vigore nel gennaio 1994. Facciamo riferimento alle alle "Norme per l'accertamento e la certificazione della morte", che stabiliscono le condizioni mediche in base alle quali un paziente in stato di coma o di arresto cardiaco può essere dichiarato morto dall'autorità sanitaria.
Una persona viene dichiarata scientificamente morta quando le funzioni cerebrali abbiano cessato di dar segni di vita recepibili dall'elettroencefaloqramma (EEG): è la cosiddetta "morte cerebrale" ossia la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo", tanto quelle cognitive che quelle neurovegetative, testimoniata dall'EEC piatto (art. 1 legge N 578). Le condizioni stabilite per l'accertamento della morte del comatoso sono lo stato di incoscienza, l'assenza del respiro spontaneo, l'assenza di riflessi del tronco cerebrale, il silenzio elettrico cerebrale. Se il paziente invece è in stato di arresto cardiaco, il decesso viene dichiarato dopo che l'EEG, prolungato per venti minuti, sia risultato sempre piatto. Questi esami dovranno essere ripetuti per 3 volte con lo stesso risultato. Poi dopo appena 6 ore di controllo, i medici incaricati potranno staccare dal corpo del paziente le apparecchiature dì rianimazione e cessare ogni forma di assistenza; L'accertamento di morte deve essere dichiarato all'unanimità da un collegio medico formato da un anestesista un neurofisiopatologo e un medico legale. Una volta sottoscritta la condizione di morte cerebrale, il paziente può essere sepolto, oppure sottoposto prima ad autopsia o al prelievo di organi. Questa procedura vale per chiunque sia ricoverato in stato di rianimazione, e non quindi per i soli donatori di organi, come era stabilito nella legislazione precedente.
Presupposto di questa valutazione è la convinzione che "la funzione dell'encefalo in toto, rappresenta il luogo fisico, clinicamente accessibile, idoneo a rilevare l'esistenza o meno di una, vita organica coordinata che qualifica 1'organismo vivente. Quando, con la morte di tutto l'encefalo, 1'organismo cessa di esistere come un tutto coordinato, la presenza di organi o cellule che continuano a vivere in maniera incoordinata (per via degli strumenti meccanici usati) non può essere interpretata come vita della persona, la quale perciò, a quel momento non esiste più ontologicamente" Antonio Sagnolo, su Avvenire 2/9/1994.

PRIMA OBIEZIONE
(I LIMITI DELLA SCIENZA)

Questo Stato che si pretende "Laico", ossia agnostico e relativista, che cioè rifugge dal professare, e tantomeno dall'imporre, una qualsiasi concezione della realtà dell'uomo, con questa normativa sulla "morte legale" pretende di imporre una ben precisa concezione dell'uomo: quella materialistica e collettivistica, secondo la quale l'uomo non è che pura materia biologica, quindi scomponibile e riutilizzabile disinvoltamente per scopi sociali. La scienza, avendo da tempo rinunciato a spiegare che cos'è la vita, non può parallelamente spiegare cos'è la morte, e quindi non può pretendere di determinarne le condizioni precise. Le apparecchiature possono definire che 1'individuo non da più segni di vita; ma se si pretende di stabilire con certezza la morte del soggetto, essa può venir dichiarata solo quando appaiono segni evidenti del decesso che consistono nella rigidità cadaverica e nell'avvio del processo di decomposizione dei tessuti. La definizione del momento di morte, insomma, non è di pertinenza della scienza, che può accertare solo un fatto già avvenuto.

SECONDA OBIEZIONE
(L'UOMO COME UNITA')

Anche se concedessimo alla scienza di stabilire il momento e le condizioni precise del decesso, appare sconcertante che la legislazione in causa pretenda di definire la morte del paziente in base alla semplice assenza di segnali elettrici provenienti dal sistema nervoso centrale. La scienza medica ci insegna infatti che se l'encefalo non manda segnali, ma il soggetto mantiene le sue funzioni respiratorie oppure cardiocircolatorie (per quanto assistite tecnicamente), l'uomo va considerato ancora vivo, anche se prossimo alla morte. Per poter dichiarare che il decesso è già avvenuto non basta sia cessata una funzione vitale, sia pure la più importante, quella dell'encefalo; ciò equivarrebbe ad identificare la "morte cerebrale" con la morte dell'individuo in sé.

TERZA OBIEZIONE
(LE CELLULE DEL CERVELLO SONO MORTE?)

Anche se si accettasse la "morte cerebrale" come sufficiente per dichiarare l'avvenuto decesso dell'individuo, resta il fatto che la scienza attuale non ha gli strumenti tecnici per pretendere di stabilire se l'attività cerebrale sia cessata definitivamente. L'attività cerebrale, infatti, può essere captata solo dai segnali elettrici registrati dall'EEG; ma non si può pretendere che tutto ciò che non dà segnali elettrici di vita sia irrimediabilmente morto.
Questo accertamento della "morte cerebrale" è stato più volte clamorosamente smentito dai dati clinici di pazienti che pur essendo dichiarati "morti" dai medici per assenza di riflessi del tronco cerebrale (era stato infatti diagnosticato per loro lo stato di corna profondo, sono improvvisamente e inspiegabilmente "ritornati" alla vita e, alcuni perfino alla vita cosciente. Ciò dimostra che le cellule del sistema nervoso centrale non sono distrutte se non in minima parte, ma questo fatto non viene accertato. La scienza non è in grado di stabilire con gli attuali strumenti con assoluta certezza neppure se il coma sia reversibile o irreversibile. A maggior ragione non si può certo pretendere di accertare senza dubbi: dopo solo 6 ore di controllo elettrico qual'è la vera natura del coma. La citata legge n. 578, stabilendo che la partecipazione del collegio medico statale incaricato dell'accertamento di morte "e obbligatorio e rientra nei doveri d'ufficio" (art. 2) e di conseguenza il sanitario che si sottragga all'accertamento dì morte "e punito con la reclusione fino ad un anno e con l'interdizione dall'esercizio della professione sanitaria fino a due anni (art. 5). E' quindi vietata in tal modo al medico esercitare il sacrosanto diritto dell'obiezione di coscienza. Vietato ai parenti del supposto defunto la possibilità di fare accertamenti con una perizia di parte se la morte,stabilita unilateralmente dalle strutture statali, sia effettivamente avvenuta Imponendo alle strutture sanitarie di adoperarsi per garantire al mercato una percentuale di rifornimento di "organi di ricambio" presuppone arbitrariamente che il corpo individuale vada considerato un bene collettivo da mettere a disposizione della società.
Il dubbio su questa situazione trova conferma presso gli stessi chirurghi che eseguono l'espianto, infatti, al "cadavere", a scanso di equivoci, prima di procedere somministrano un potente analgesico cosi il defunto non soffre. Infine, questa normativa potrebbe essere una base per la prossima legalizzazione della eutanasia visti i sempre più labili confini tra vita e morte come previsto dalla morte cerebrale o come nel caso ~ che viene misconosciuta la stessa vita in quanto il soggetto è incapace di instaurare rapporti in forma relazionale.

LA MORTE NELLA CONCEZIONE CATTOLICA
(NON UCCIDERE)

La morte è un evento naturale che interessa tutti gli individui e non spetta all'uomo anticiparne i tempi. La vita è un dono di Dio e non è ammesso che l'uomo possa scegliere di abbreviarla. Esperienze scientifiche rigorosamente provato sembrano dimostrare che, fa il momento della morte apparente e l'istante in cui essa avviene realmente, esiste sempre un periodo di tempo, più o meno lungo, di vita latente. La ragione fisiologica del persistere della vita nelle parti più intime dell'organismo, anche dopo che esso abbia cessato le grandi funzioni della respirazione e della circolazione, sta nel fatto che, finché le cellule e i tessuti che formano un organo non subiscono lesioni che le rendano inabili al funzionamento e, d'altro canto, conservano i mezzi vitali indispensabili per il loro sostentamento (sostanze nutritive, ossigeno, ecc...) l'organo può continuare a vivere per via della sua unione col resto dell'organismo. Per quanto sia vero che, una volta cessata la respirazione e la circolazione, cesseranno di giungere alle cellule ed ai tessuti i nuovi elementi vitali, che quindi dovranno morire per inazione se non vengono ristabilite le sopraddette funzioni, è tuttavia certo che, in virtù degli elementi accumulati costituenti la riserva organica, possono continuare a vivere a loro spese fino a che tali riserve si esauriranno o che quelle funzioni tornino a ristabilirsi. La morte non arriva in un solo colpo; è un processo graduale che passa dalla vita alla morte apparente e da questa alla morte effettiva.
Poiché lo stato di morte apparente può durare a lungo il segno di morte più sicuro è la putrefazione. Per prelevare con coscienza tranquilla un organo da un cadavere è necessario che l'individuo sia veramente cadavere. "Nel caso dubbio - dichiara Pio XII - si può anche ricorrere a presunzioni di diritto e di fatto. In generale, bisognerà provare con certezza che l'individuo è venuto meno". Concludiamo: se la donazione di organi è un atto di generosità, questo può avvenire tra vivi per quegli organi che non portano pregiudizio al soggetto donatore e negli altri casi gli espianti di organi possono essere solo su cadaveri a condizione che siano veramente tali. La "morte cerebrale" definita nei termini su citati non può essere ritenuta sufficiente per definire tout court morte dell'individuo. In ogni caso è meglio trattare un morto come se fosse vivo piuttosto che un vivo come se fosse morto.


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