Nota sul contrabbando di sale nel basso Piceno durante il XVIII secolo

(Quaderni dell’Archivio Storico Arcivescovile di Fermo 25-1998, pp. 131-147)


E' ben nota l'importanza che, in passato, il sale ha avuto nell'alimentazione umana, soprattutto per quanto riguarda la conservazione di cibi deperibili. Parallelamente non va trascurata anche la sua efficacia nel procurare cospicui fondi ai governanti che, consci dell'insostituibilità di tale genere, ben presto hanno adottato misure autoritarie nei riguardi sia dell'accaparramento delle saline sia del trasporto, del commercio e della sua tassazione.
Gran parte di tali questioni sono già state ampiamente esaminate e trattate da numerosi autori.(1) In genere, però, tranne alcuni accenni sommari, mancano riferimenti soddisfacenti ai territori del Fermano e dell'Ascolano. Ora, grazie al rinvenimento di alcune carte presso l'Archivio di Stato di Roma, (poi ASR), è possibile colmare, sia pure in parte, questa lacuna.
Siamo tra il 1732 e il 1735. Il quadro che si presenta è abbastanza affollato e contrastato. Infatti in primo piano appaiono i protagonisti apparenti, il Vescovo di Ascoli e i Tesorieri provinciali della Marca, con la moltitudine dei cittadini bramosi di avere il sale alle migliori condizioni possibili. Ma sullo sfondo si stagliano gli autentici registi di quanto avviene: il Tesoriere Generale ed il Segretario di Stato, a Roma; i loro interlocutori diretti a Napoli.
All'origine dell'evento si colloca un'antica, privilegiata consuetudine del Vescovo di Ascoli, signore di Maltignano ed Ancarano, paesini posti al di là del Tronto, il quale aveva la facoltà di fornire vantaggiosamente ai propri sudditi il sale bianco di Trapani e di Barletta, traendone un certo reddito. Col tempo, però, le insopprimibili esigenze delle amministrazioni statali provocano la soppressione di questo privilegio. Ce ne dà testimonianza una sentenza emanata il 18 giugno 1687 dal giudice Luigi Omodeo, chierico della R.C.A. Ciò nonostante il vescovo ascolano continua a fruire del beneficio. In particolare, il vescovo Paolo T., nel 1732, cerca di ottenere dai Tesorieri provinciali della Marca, Morichi e Piccaluga, degli sconti sul prezzo del sale che egli intende fornire agli abitanti di Ancarano e che sarebbe stato prelevato dai magazzini camerali di Grottammare e di Ascoli.(2)
A seguito del rifiuto di ritoccare il prezzo imposto, il vescovo decide di rifornirsi autonomamente e si affida ad un suddito austriaco per il trasporto del sale a destinazione. Di conseguenza, il legno del parone Bianchi, di Segna, si ormeggia alla bocca del Tronto, dove gli Ancaranesi si affollano per rifornirsi di sale.
La cosa non sfugge al Vice Tesoriere di Ascoli ed al Ministro del magazzino dei sali di Grottammare, che informano i loro superiori di quanto avviene, anche perché si verificano episodi di violenza. Gli sbirri degli Appaltatori vengono assaliti dalla popolazione a colpi di armi da fuoco e quattro o cinque di essi rimangono feriti.
Il Tesoriere provinciale da Macerata scrive a Roma l'11 agosto 1732, in termini durissimi: «Dall'accluse due l.re del n.ro V. Tes.re di Ascoli, e del Min.ro di Grottammare, vedrà V. S. Ill.ma a quanto si è avvanzato M.re Vescovo di Ascoli, che scordandosi della dignità vescovile, di cui è stato condecorato, e della Bolla de Clerico negociatore, senza timore della Giustizia e divina, et umana si è messo a far da mercante nel suo preteso immune Feudo di Ancarano in ogni genere di Controbando in grave pregiud.o della R.C., e de poveri Appaltatori. Osservarà V. S. Ill.ma, che questo bastim.to di sale di Controbando gliel'ha portato il P. Bianchi segnano suddito dell'Imperatore, e da ciò vedrà s'è vero quanto altre volte abbiamo rappresentato, di esser stata questa povera Tes.ria sagrificata col divieto di più negoziar sali forastieri, mentre non la Tes.ria, mà li stessi sudditi dell'Imperatore sono quelli, che fanno il grosso pregiud.o alle Regie Salare di Napoli, essendo più che certo, che uno di questi bastim.ti segnani vendono in meno di tre giorni più sale di quello poteva far la Tes.ria in un anno, e capitandovi ben spesso di essi bast.ti, consideri V. S. Ill.ma s'è vero, o nò quanto abbiamo rappresentato e l'esperienza farà vedere, che nella presa proibitiva resoluzione il danno sarà solo della R.C., che non solo perde l'annuo assegnam.to di scudi 500=, che questa Tes.ria dava à quella di Romagna per la negoziaz.e de sali forastieri, e dovrà per giustizia buonificare à noi il non piccolo scapito per simile proibizione, giacchè per istrum.to ci viene dalla R.C. accordato simile neg.o. Si aggiunga à ciò, che nella Città di Ancona continuam.te si negoziano essi sali forastieri per il Regno di Napoli, e per l'ultima volta, e sotto il dì 25 dello scorso Giugno un tal P. Giuseppe Gramaccia da Marano di Fermo con licenza di quei dep.ti ad negocia publica, e com.ij de Sali, e colla sigurtà del Co: Ottavio Ferretti come costa per publico Istrom.to rogato il Betti Pro Canc.e di q.lla Città comprò moggi 300= sali forastieri per portarlo, com'è seguito in Regno, da che sempre più dobbiamo dolerci, e replicare essere stata la Tes.ria sagrificata in grave danno della R. C., e senza il minimo creduto ristoro per le regie saline di Napoli.
Come si degnerà vedere dall'acclusa copia di sentenza, fin dal 1687. la piena Camera decretò, che il Vescovo d'Ascoli per il suo Feudo di Ancarano dovesse servirsi di sali della Tes.ria della Marca, onde potressimo procedere per la fraude, mà perche li sbirri del tabacco sono stati ricevuti, e regalati di archibugiate, come lo avvisa il n.ro V. Tes.e Natali, così il med.o con tutta prudenza non hà voluto azzardarvi li nostri sbirri. Ricorriamo pertanto al nostro Superiore qual'è V. S. R.ma, perche si degni fattone di tutto inteso N.ro Sig.e, colle faccoltà, e braccio del med.o spedir un Com.io, acciò formato di sì grosso controbando il dovuto processo venga questa Tes.ria risarcita de danni, e pagata alla med.a l'assegnata porzione della fraude (...) »(3)
«Non ostante gli Arbitrij ed Aggevolezze ne prezzi de sali ed altri servizij prestati a questo Mons.e Vescovo (...) capitando alla Bocca di Tronto un Bastimento di Sale, seppi che con sua intelligenza andavano gli Angaranesi a caricarlo. Aspettavo qualche aiuto da quel Ministro gito lì, ma in simili congiunture secondo il solito non vole incommodarsi, che pero presi altro espediente di bene informarmene, e seppi da medemi Angaranesi, che era sale venuto con Ordine del Vescovo medemo, e che loro li davano un tanto d'utile per ogni quarta che andavano a caricare, e si come ne andavano in numero grandissimo, benche questi sbirri mi si esibissero non ci li ho voluto mandare per non mettermi a ridicolo, e non buttare allo sproposito il denaro (...)
»(4)
La replica del Vescovo, a volte stentata ed espressa in termini retorici e convenzionali, a volte polemica, orgogliosa e pienamente cosciente di avere goduto, in fin dei conti, degli stessi diritti e privilegi dei suoi predecessori, dimostra tuttavia quanto egli fosse consapevole sia della gravità della colpa addebitatagli sia dei rischi a cui si era esposto. Colpisce il replicato riferimento alle angustie provocategli dalle eccedenti pensioni, probabile allusione ad altre irregolarità precedentemente commesse o all'insufficienza del suo appannaggio, come si potrebbe intendere dalle parole più avanti riportate: “angustie di pensioni dalle quali sono gravato”.
«La lettera dell'E. V. sotto il di 20 7.bre m'ha talmente sospreso che mi ritrovo fuori di me stesso per considerarmi dipinto per reo nella mente suprema di Nostro Sig:re quando che mi glorio d'haver sempre a fronte delle grandi angustie nelle quali vivo a causa delle note eccedenti pensioni tenuta una condotta di non poter havere alcuna macchia e conservare illeso il mio onore con non fare mai attione disdicevole al mio carattere. Intanto non ostante la confusione nella quale sono non ho tralasciata di stendere benche grossamente l'impostami giustificazione nell'altra lettera che trasmetto che se bene sij una semplice veridica narativa del fatto ocorso spero che apajerà l'E. V. ed aquieterà i giusti risentimenti di Nostro Sig:re; e se pure l'alto intendimento dell'E. V. mi riconoscesse qualche piccola reità l'asicuro esser stata involontaria da me non apresa per tale sul continuato esempio de miei antecessori, e percio efficacemente la suplico ad essermene avocato. Iddio la perdoni al Sig:re Tesoriere della Marca non tanto perche egli havra forsi dato un risalto diverso ad un fatto che bene considerato parerebbe solamente un pondo civile a disputarsi tra lui e me ma molto più perche con la sua troppa durezza è stata l'unica causa del successo inconveniente quando per tale si giudichi (...)»(5)
«Per ubidire prontam.te à supremi comandi di V. E. di dovermi giustificare sopra l'imputatami reità di aver fatta venire la Barca Segnana del Paron Bianchi carica di sale da me comprato, e fatto trasportare da quantità di huomini nel mio feudo di Ancarano per ricavarne dalla distribuzione, e smaltim.to li miei utili con pregiudizio notabiliss.o dell'Appalto, devo umilm.te riferire all'E. V. che non ostante abbia ritrovato in Ancarano lo stile inveterato pratticato da tutti li miei Antecessori di somministrare à sudditi tutto il bisognevole del sale, che facevano provedere dove più li tornava conto alle volte dalla Tesoreria di Macerata, alle volte da Giulianova, e Campli in Regno, alle volte d'Ancona, et alle volte da qualche Barca de Segnani alla Marina, come si può comprovare da un sommario stampato in congiuntura di una consimil causa, che rimetto in mano del Sig:r Centello mio Agente, e dall'attuale ancora esistenza di un Fondaco in Ancarano chiamato il Fondaco del sale de Vescovi oltre altre infinite giustificazioni, che trasmetterò bisognando, per essere io huomo bramoso di fugire ogni disturbo, et attendere principalm.te al governo del mio Gregge. Sino dal principio del mio Vescovato feci un accordo col Sig:e Morichi Tes:re della Marca di provedere il mio Feudo di tutto il bisognevole del sale forastiero di Trapani, o Barletta, essendo questo unicam.te il sale, che ab immemorabili si è sempre consumato in d.a Terra col tenue rilascio à mio favore di paoli duo per ogni migliaio che avessero levato li miei sudditi di Ancarano, il che sempre si è religiosam.te osservato con reciproca armonia, essendosi in tutte le loro occorrenze portati li Ancaranesi di mio ordine sotto pena di fraude per la provista al suo Magazeno delle Grotte, ove conservava d.o sale per uso de luoghi fuori della giurisdiz.e del suo Appalto, trà quali forsi hà sempre computata Ancarano come che descritto in Tabella, e per la verità di questo mi può far giustizia lo stesso sig:r Morichi; Sotto poi il di 19 Aprile dell'anno corrente il sud.o sig.r Morichi con sua l.ra mi avvisò, che doveva in breve per forti istanze de Regij Ministri di Napoli per ordine di cot.a Suprema Corte serrare il suo Magazeno delle Grotte di sale forastiero, e che perciò mi consigliava ad indurre li miei sudditi di Ancarano à levarne grossa quantità per tutti li anni residuali del suo Appalto; risposi io à questa sua l.ra, che mi sarei ingegnato di compiacerlo con due condiz.ni, la prima, che esso avesse accordata qualche dilaz.ne per il pagam.to, e la seconda che si fosse contentato di un prezzo più discreto, poiche altro era l'andare à levare il sale à poco per volta conforme li Ancaranesi avevano pratticato per il passato, altro era il levarne grossa quantità, che dovevano conservare per molto tempo con notabiliss.o calo, giacche il sale alla fine altro non è che acqua condensata, che col tempo si strugge. La risposta del d.o Sig:r Tesoriere à questa mia l.ra fu che egli era bensi pronto ad accordare la dilazione al pagam.to, purche io per loro ne facessi l'obligo, mà non voleva in conto alcuno diminuire il solito prezzo. Non ostante questa negativa bramoso di continuare la buona armonia feci tutti li sforzi per persuadere li suditi à provedersi per tutto il sud:o tempo, et in effetto à mia contemplaz.ne ne principiarono il trasporto di diversi carichi, ma poi in prattica conoscendo ancor essi, che senza la d:a diminuz.e di prezzo non li tornava conto per la ragione rilevata non fù à me più possibile d'indurli à continuare il carreggio. Ciò veduto per caminare con la mia solita ingenuità scrissi diverse altre l.re più forti al d:o Sig:r Tes.re, pregandolo di volermi togliere da qualche imbroglio, che già prevedevo con accordare la pretesa diminuz:e, facendolo ancora riflettere, che in caso diverso non sarebbe stato à me possibile di contenere li Ancaranesi avezzi sempre, et ab immemorabili al sale forastiero che non si fossero proveduti altrove (...) Questa è la pura verità del fatto, nel quale quando V. E. vi riconosca qualche reità senza volere addurre per mia discolpa li esempi de miei Antecessori prostrato à piedi di N.ro Sig:e ne domando dalla somma clemenza del med:mo mille perdoni pronto nell'avvenire ad eseguire puntualm.te quelle leggi, che dalla rettiss.a di lui giustizia mi saranno prescritte senza badare à consuetudini in contrario, ò a pretesi privilegj, gloriandomi di volere avere sempre per regola del mio operare la suprema volontà del mio Prencipe, pregandola solam.te quando sia possibile, à fare che nelle angustie di pensioni, delle quali sono gravato non resti ancora privo di questo emolum.to goduto sempre da sud:i miei Antecessori benche in stato non tanto bisognoso. Circa poi li pretesi danni dell'Appalto assicuro essere affatto insussistente mentre come io stesso hò dopo il fatto scritto al Sig:r Tes:re sà egli molto bene, che nemeno una libra di questo si diffonde nella Marca, onde quando à questo si riducesse la differenza supplico l'E. V. di ridurla al civile appresso quel tribunale che giudicarà più proprio, dal quale, quando restassi condannato, il che non crederei, udite le mie ragioni m'ingegnarò di compensarglili (...) »(6)
Non abbiamo altre notizie sulla vertenza e sulla sua conclusione. La questione dei sali, tuttavia, non è ancora chiusa.
Infatti, nel febbraio dell'anno successivo, la città di Norcia chiede al Tesoriere della Marca di potersi approvvigionare di sale, come al solito, dai magazzini di Grottammare o di Ascoli. Il 22 aprile il vice tesoriere provinciale di Ascoli sollecita il governatore della città a fornire prontamente quanto richiesto, a causa del sensibile assottigliamento delle scorte disponibili in Norcia.(7) Nel frattempo, però, per ovviare alle lamentele delle autorità napoletane, vengono predisposte le azioni per il completo svuotamento, e la successiva chiusura, dei magazzini di sale forestiero di Grottammare, Ascoli e S. Benedetto. La loro vicinanza al confine con il Regno favorisce il commercio clandestino operato dai contrabbandieri.
Il 2 maggio il tesoriere generale ordina al governatore di Ascoli di vuotare immediatamente il magazzino di Grottammare. L'ordine non viene eseguito prontamente - non si sa se per cattiva volontà o per incomprensione - perché esso viene replicato il 23 dello stesso mese: «Se V. S. Ill.ma si compiacerà di nuovamente osservare la lettera da me scritta sotto i due del corrente in proposito del trasporto da farsi de consaputi sali esistenti ne Magazzeni di Grott'à Mare, ed anche in cotesta Città in altro Magazzeno distante dai confini del Regno riconoscerà haverla io solamente pregata di far seguire l'evacuazione di essi da d.d. Magazzeni per togliere in tal forma ogni motivo di ulteriori ricorsi, e non mai, ch'habbia ella à farli rinchiudere, e ritenerne presso di se la chiave, senza che il Ministro dei d.d.ti Tesorieri della Marca possa farne, esclusi sempre i Regnicoli, e Particolari di costì, la vendita, e distribuzione tanto maggiorm.te, che fra d.d. sali vi sono specialm:te quelli, che col consenso, et ordine di V. S. Ill.ma med.a essi Sig:ri Tes:ri han fatto costà trasportare da Ancona per supplire con questi alla mancanza de sali di Cervia. La prego dunque à voler haver la bontà d'insistere, che siegua il trasporto degli accennati sali nella forma, e luogo coll'enunciata mia lettera espressole con far prender nota dela qualità, e quantità all'incirca de med.i, lasciandone sempre la chiave in mano del Ministro del Sig.r Marchese Pittaluga Appaltatore.»
Non succede nulla. Il tesoriere generale il 17 giugno è costretto a tornare ancora una volta sull'argomento con i tesorieri della Marca: «Non senza mia somma ammirazione ò inteso da Mons. Govern.e di Ascoli, che non abbiano sinora le SS:rie V:e coll'assistenza della persona da deputarsi da esso, fatto trasportare i consaputi sali dai Magazzeni di quella Città, e da quei di Grotte a Mare, ad altri più distanti dai confini del Regno (...)»
Trascorrono altri due anni. Le autorità napoletane fanno nuovamente presente che i contrabbandieri approfittano dell'opportunità di acquistare il sale, necessario per i loro traffici, nei magazzini pontifici prossimi al confine: «Nell'anno 1732 dal Governo supremo del Regno di Napoli per mezzo dell'E.mo Cienfuegos fù a voce , et in scritto rappresentato alla Santità di N. S. felicem.te regnante il gravissimo, et intolerabile pregiudizio, che si arrecava alla Regalia del sale di d.° Regno dall'Arrendatori de' sali dello Stato Romano, col tenere aperti molti magazzini di sale bianco nelle Grott'a Mare Ascoli, e Norcia unicamente per venderlo a Contrabbanieri Regnicoli, e che tantoppiù si vedea chiaro, e manifesto q.sto pregiudizio, quanto che l'uso di d.° sale era espress.te vietato nello Stato Pontificio, ove si spaccia, e si permette o il sale negro, o il sale imbiancato ad arte, mà non già il sale bianco di Sicilia e Sardegna, che si disponeva nè sud.i Magazzini (...) Si ricorre per tanto per parte dell'Arrendamento e Consegnatarj de sali d'Apruzzo alla somma Giustizia dell'E.mo Sig.r Cardinal Segretario di Stato acciò imponga seriamente alli Ministri Camarali, che faccino cessare simili violenze, e che si scriva per ordine di Nostro Signore al Vescovo, e Capitolo d'Ascoli, utili Padroni d'Ancherano, e Maldignano, acciocché faccino non solam.te cessare, ma espressamente vietare à di loro sudditi i Contrabanni sud.i, sul riflesso, che essendo d.e Terre situate di quà dal Fiume Tronto nel Continente del regno, non togliendosi il pregiudizio che si reca non meno a Consegnatarj, che à med.mi Dritti del Rè, potrebbero nascere dell'Inconvenienti e Danni non ben coerenti alla stima, e decoro de sudditi dello Stato.»(8)
Il segretario di stato ne informa il tesoriere generale, che lo aggiorna sulla situazione: «Li Ministri del March.e Pittaluga Tes.re della Marca assicurano che ne nelli Magazzini di Ascoli, ne in quelli di Norcia si ritiene sale di Trapani, mà per maggior sicurezza ne daranno avviso domani à sera al d. March.e Pittaluga in Macerata, per farne venire, anche bisognando le dovute giustificaz.ni. Il sale sud. però, che si trova sparso per la Prov.a della Marca non procede dal Tesor.re, ne dalli sud.i magazzini, ma bensi dalli Contrabandi succeduti in d.a Prov.a, mentre sin sotto li 23. feb.io pross.to il S. Gio: Fra:co Morichi, che aveva la firma, e la sopraintendenza in d.a Prov.a per la scorsa Tesor.ria ne contrattò sotto nome della raggione Piccaluga, e Morichi moggi 400: sale di Trapani per la Comm:tà d'Ancarano raguagliati a libre 300.»(9)
Il marchese Pittaluga nega che le cose si siano svolte in tal modo e sollecita che venga istruito quanto prima il processo contro il parone Giuseppe Nicola Vico, ritenuto responsabile dell'accaduto.
« (...) osservo il ricorso fatto all'E.mo Sig.re Card.l Segretario di Stato dagl'odierni arrendatorij de sali del Regno di Napoli, con dolersi, che tanto in Ascoli, che in Norcia si tengano magazeni aperti con spacciare in essi li sali forastieri, sopra di che posso assicurare V. S. Ill.ma non sussistere in alcun modo simil ricorso, anzi acciò venisse osservata la risoluzione presa dalla Congregatione particolare con la dovuta ubbidienza, ordinai nel principio della mia Tesoreria a Ministri di Ascoli, Grott'amare, e S. Benedetto di usare ogni diligenza, acciò non fosse sbarcato sale di controbando in quelle spiaggie, come in effetti potrà V. S. Ill.ma scorgere l'attentione dalli Processi, che attualmente si fabricano in Ascoli contro li trasgressori. Io intanto per sincerare la mia condotta mi dò l'onore di accludere a V. S. Ill.ma una l.ra di Monsig.re Gov.e d'Ascoli, e due attestati uno de S.ri Anziani Residenti di d.a Città, et altro di diverse Persone, dalle quali giustificazioni si degnarà riconoscere l'insussistenza dell'esposto, avendo a somma gloria il dover ubbidire agl'ordini supremi; Non hò mancato per tanto di scrivere anche in Norcia per avere simili attestati per poterli poi trasmettere a V. S. Ill.ma per giustificarmi sempre più sopra il riferito ricorso (...)»(10)
Nel frattempo il nuovo vice tesoriere di Ascoli, Giuseppe Merli, s'impegna attivamente per evitare che il sale dei magazzini pontifici venga portato in Regno dai contrabbandieri. Addirittura, «maj sono stati, per quanto ho saputo, ne alla marina, ne altrove aperti i magazzeni dei sali forastieri, e però ne dal med.°, ne dalli duoi Min.i può essersi proccurato conseguentem.te di farli esitare ne luoghi di Regno, anzi il sud.° S.r Merli replicatam.te mi ha fatto istanza quando ha sentito, che ne sono capitate barche cariche alla spiaggia di prestarli tutta l'assistenza per impedirne lo sbarco, ed averne insieme l'arresto, come in realtà riuscì ne giorni passati di quella di P. Vico da Marano, che fù arrestato dentro del Tronto dalla parte del n.ro Stato ... il P. si trova carcerato, il sale fù trasportato in un magazzeno di questo Porto, del quale io ritengo la chiave, la barca è stata tirata à terra, e se ne stà formando processo di ord.e di m.r Tes.re.»(11)
Mons. Sacripanti, tesoriere generale, approva l'operato del suo sottoposto e ne sostiene le ragioni.
Così si conclude - stando alle carte a disposizione - questa vicenda che, molto probabilmente, s'inserisce in un contesto di conflitti locali e centrali intricati, persistenti e di difficile soluzione, ma sui quali nulla possiamo aggiungere per il momento per carenza di documentazione.
Non si può, però, fare a meno di richiamare l'attenzione del lettore su alcuni punti, che meritano senza dubbio maggiori approfondimenti, che qui non è possibile affrontare: - le accuse rivolte dal tesoriere della Marca al vescovo di Ascoli, ance se fonte di profonde preoccupazioni e d'innegabili fastidi, non lasciano però traccia sulla sua figura e sulla sua carriera di prelato, che prosegue per altri 20 circa. Ignoriamo quali provvedimenti disciplinari dei suoi confronti siano stati adottati per salvaguardare i buoni rapporti con il Regno di Napoli e per non compromettere le relazioni con gli appaltatori ed i tesorieri provinciali;
- la tendenza, da parte delle autorità romane, di eliminare quei privilegi goduti da ecclesiastici di grado elevato, che potrebbero creare fastidi all'attività degli appaltatori nazionali e stranieri. Questo comportamento potrebbe rientrare in una linea di condotta intesa a favorire sempre più il consolidarsi del potere centrale;
- la progressiva affermazione sociale di privati, titolari d'importanti cariche costate grosse somme di denaro, i quali riescono sia a prevalere sul vescovo Paolo sia a condizionare pesantemente la politica estera dello stato pontificio;
- l'importanza del contrabbando del sale, ma anche d’altri generi secondo il marchese Pittaluga, in prossimità dei confini. A tale attività partecipano cittadini pontifici (il vescovo d'Ascoli, i due paroni di Marano che vengono arrestati), sudditi austriaci (sicuramente i naviganti di Segna e di altre località ma forse anche i mercanti di porti adriatici imperiali) e larghi strati della popolazione del Regno di Napoli tra cui, in prima linea, gli abitanti di Ancarano e Maltignano, che approfittano della loro duplice sudditanza;
- la preoccupazione degli appaltatori del sale e dei tesorieri della Marca che il ricorso alla forza per reprimere il contrabbando possa provocare incontrollabili e violente reazioni della popolazione;
- il deposito camerale dei sali in Grottammare (detto Salotta) era sito nell'edificio ancora esistente lungo la via Adriatica (già via Lauretana), in corrispondenza dell'attuale via Pontelungo, che metteva in comunicazione la diretta la spiaggia con i magazzini e che, fino al 1930 circa, negli atti catastali risulta ancora denominata via Salotta.

NOTE
1 - Cfr. bibliografia riportata in J. C. HOCQUET, Il sale e la fortuna di Venezia, Roma 1990, pp. 569-616. Vedasi anche A. DI VITTORIO, a c. di, Sale e saline nell'Adriatico (sec. XV-XX), Napoli 1981; J. C. HOCQUET, Monopole et concurrence à la fin du Moyen Age. Venise et les salines de Cervia (XIIe-XVIe siècles), in FONDAZIONE G. CINI, ISTITUTO DI STORIA DELLA SOCIETA' E DELLO STATO VENEZIANO E DELL'ISTITUTO «VENEZIA E IL DUECENTO», a c. di, Studi Veneziani, vol. XV - 1973, Firenze 1974, pp. 21-134.
2 - Sulla figura di questo prelato dà molte informazioni P. CAPPONI, Memorie storiche della Chiesa ascolana, Ascoli Piceno 1898, che lo denomina Tommaso III Marana, cfr. pp. 177-182. Resse la diocesi dal 1728 al 1755. Nello schedario Garampi, conservato all'Archivio Segreto Vaticano, alla carta 63r sono riportati alcuni appunti relativi al vescovo Giorgio Lauri, trasferito da Ripatransone ad Ascoli il 31.7.1726, che viene sostituito l'8.3.1728 dal vescovo Paolo Tommaso Marana. Capponi non cita l'episodio qui ricordato.
3 - ASR, Commissariato R.C.A., b. 527 f. 590, lettera di Piccaluga e Morichi al Tesoriere Generale, in data 11.8.1732 da Macerata.
4 - ASR, ib., lettera del V. Tes. A. Natali, in data 7.8.1732 da Ascoli.
5 - ASR, ib., lettera del vescovo Paolo, in data 28.9.1732 da Ascoli.
6 - ASR, ib., lettera del vescovo Paolo, in data 27.9.1732 da Ascoli.
7 - Il governatore di Ascoli, nel settembre 1732, viene incaricato di far eseguire due copie delle chiavi dei magazzini di sale di Grottammare e di Ascoli, di conservarne una e di consegnare l'altra al marchese Pittaluga. In seguito si chiarisce che la chiave da lui mantenuta deve essere invece affidata al ministro del tesoriere della Marca.
8 - ASR, ib. copia di lettera s.d. allegata alla n° 590 del 7.6.1735.
9 - ASR, ib., come sopra.
10 - ASR, ib., lettera del march. Piccaluga, in data 17.6.1735 da Macerata.
11 - ASR, ib., lettera del governatore di Ascoli, in data 16.6.1735.

Torna alla pagina precedente