Appunti per una storia della marineria picena nell'800. Varietà

(Cimbas 7 marzo 1994 pp. 24-31)


Alcune note su personaggi e traversie della marineria picena ottocentesca, inquadrate in un ampio arco di tempo, hanno trovato posto nei precedenti numeri della rivista. Nel presente fascicolo, invece, vengono presentati quattro episodi di minor respiro che, tuttavia, possono arricchire il quadro finora abbozzato.

1) Di un naufragio con amare e spiacevoli conseguenze
Nella notte tra il 27 ed il 28 settembre 1825, all'altezza del Santuario di Loreto, nelle acque di Numana, una burrasca provoca il ribaltamento de l'Assunta, una gaeta di proprietà dei fratelli Andrea e Vincenzo Giorgetti di Porto Recanati.(1)
Il parone riesce a salvarsi dopo aver nuotato due ore e più a differenza del marinaio sessantacinquenne Francesco Giri, annegato.
Il Luogotenente di porto Massajoli propone che, come di regola, venga concesso un sussidio alla famiglia dello sventurato, composta dalla vedova e dai figli Andrea, celibe, e Placido, con moglie e tre figli.
Alcune perplessità dei funzionari romani, a proposito del diritto di Placido a ricevere il contributo, rallentano l'iter della pratica e provocano l'intervento dell'ispettore Maggiori che, il 3 febbraio 1826, sollecita il Camerlengato ad accordare il beneficio.
Il 13 aprile 1826 il Camerlengo segnala al Tesoriere l'urgenza "perchè venga così consolata almeno in parte una Famiglia derelitta e bisognosa".
Due giorni dopo il Tesoriere fa sapere che la cassa di Macerata è stata autorizzata a corrispondere il denaro e, il 29 dello stesso mese, il Camerlengato ne da' notizia al conte Maggiori.
Purtroppo si verificano a questo punto irregolarità ed abusi che, oggi, ci fanno dubitare della saldezza dei legami familiari e dello spirito di solidarietà in una società fortemente segnata dalla miseria.(2)
Infatti la vedova Giri si reca a Macerata per riscuotere i 42 scudi previsti per i 7 superstiti, ma consegna ai familiari solo 5 dei 6 scudi spettanti ad ognuno, raddoppiando così, arbitrariamente, il proprio indennizzo e provocando le proteste del figlio Placido. Anche il parone Ciriaco Caporaletti va nel capoluogo per riscuotere il sussidio spettante ad Andrea e Vincenzo Giorgetti e ad 8 marinai della loro paranza. Meno esoso della vedova Giri, egli trattiene per sé 16,5 baiocchi dei 6 scudi spettanti a ciascuno dei colleghi, a titolo di rimborso delle spese di viaggio. Scatena però vivaci proteste da parte dei Giorgetti, "sopra d'ogni altro danneggiati per riguardo alla Paranza che fu ridotta malconcia dalla Burrasca mal soffrendo la ritenuta fatta anche ad essi sulli scudi 6 rispettivamente di bai 16 « i quali poi erano in disborso di qualche spesa incontrata a titolo di vettura (...)"
Il Maggiori riferisce a Roma l'accaduto, si limita all'esposizione dei fatti e non prende provvedimenti: "nel farmi carico di rassegnare alla Superiore Autorità di V.ra Em.za R.ma cosiffatto disordine mi permetto di umiliarmi al bacio della Sagra Porpora, e rassegnarmi colla più profonda venerazione, e rispetto". Con questa lettera si chiude la corrispondenza conservata nel fascicolo.

2) Un Luogotenente nei guai
Il nome di Paolo Gasperini, luogotenente di porto a Civitanova, è emerso in occasione della richiesta di cambio di sede avanzata da Giuseppe Boccabianca. Correva l'anno 1824.(3)
L'incontriamo di nuovo nel 1827, in circostanze poco propizie per lui, soggetto ad aspre critiche e sottoposto ad indagini. Gaetani ed Antonio Barboni, firmatari per "mano propria", e da 13 paroni e marinai analfabeti, alla presenza di due testimoni.
"Stanchi noi sottoscritti, e sottocroce segnati di più a lungo rimanere in quella schiavitù che fin da molto tempo ci tiene avvinti una persona fin qui tenuta come nostro Protettore, anzi, come nostro Padre: ma che ora essendo venuti allo scuoprimento de' suoi sporchi maneggi, mentre dove avevamo supposto spirasse amore, mansuetudine, e clemenza, vi abbiamo veduto collidere odio, ira e disprezzo (...) Lo diremo francamente, è egli il disturbatore della pubblica tranquillità Paolo Gasperini Luogotenente Maritimo; quello che è stato capace di metter diversioni fra Famiglie, e Famiglie procurando la loro rovina spargendovi zizanie di discordia, quello nel di cui ufficio non si commette che sevizie, e continue ineccezioni, obbligando i Marinai a' pagamenti che punto non hanno relazione col di lui ufficio (...)" La querela procede per altre due pagine e accuse su accuse vengono riversate sulle spalle dell'ufficiale. I firmatari giungono a scrivere: "Faremo in oltre riflettere alla stessa Em.za R.ma di commettere a tutt'altre Autorità l'informazione del esposto, da altr'Ispettorato, giacchè evvi nello stesso Officio persona al medesimo molto affezionata, e potrebbe nel tempo avvenire cercare la nostra rovina." Chiara l'allusione all'ispettore Maggiori.
A Roma il documento viene preso in seria considerazione. Con lettera del 3 ottobre 1826 il Delegato Apostolico di Macerata riceve l'incarico di svolgere indagini e riferire.
Il 13 dello stesso mese con un'altra lettera, riservata, gli si fa cenno delle "gravi vessazioni, che diconsi da lui praticare" e si chiedono "le più precise informazioni dal savio di Lei parere non disgiunte."
Il 15 dicembre Ortensio Zampiroli, governatore di Macerata, riferisce al suo superiore: "ho potuto verificare, che autore del memoriale pred.o sia stato il Parone Antonio Barboni, quale credendosi gravato per alcuni rapporti fatti dall'acconciato V. Luog.e per supposti contrabandi, e per qualche arbitrio, dice esso Barboni presosi contro di Lui, abbia poi in unione, di altri 14 marinarj, da Esso stesso, chiamati, o fatti chiamare, a firmarsi, avanzato il reclamo di cui si tratta. Per prendere poi un'idea, delle cose esposte, ho creduto opp.no di far chiamare, tutti quei Marinari, che trovasi segnati, anche colla Croce nel Memoriale suddivisato, e da tale chiamata, ho rilevato che quegli appartenenti, alla ciurma del Pielego, comandato dal Paron Barboni, hanno dedotto qualche aggravio a carico del Gasperini, ed alcuni altri hanno asserito, che firmarono colla Croce il Foglio, senza sapere neanche cosa contenesse (...) Non si sono potute avere le opp.ne verifiche dei tanti addebiti (...) giacchè sono mancate, le indicazioni dei Testimonj (...) Ho potuto conoscere, che il Memoriale pred.o, in parte, sia animoso, e poco veritiero, e che d'altronde, per parte, del Luogotenente, si possa esser preso, qualche piccolo arbitrio, e che da Esso si agisca qualche volta con minaccie e con troppa asprezza, verso i Marinai enunciati, e per cui, molto più plausibile cosa sarebbe se dal medesimo si operasse, con più dolcezza, e moderazione, non che con meno prevenzione, con gente idiota, e materiale".
Il 30 novembre il Camerlengato suggerisce d'infliggere una censura all'operato del Luogotenente e ribadisce tale intenzione il 15 dicembre con lettera diretta al Deleg to Apostolico: "La interesso di fare ingiungere un acre ammonizione al L.ente del Porto di Civitanova che meglio e più umanamente si conduca colla gente di mare, se non voglia esporsi a conseguenze assai dispiacenti".
Il provvedimento viene adottato. Ne abbiamo conferma dall'ultima lettera contenuta nella cartella, del 6 gennaio 1828. E' di Paolo Gasperini, che si rammarica col Camerlengo perché "è devenuta alla resoluzione di farmi intimare a diportarmi con docilità, e non aspro verso la gente di Mare (...) Solo in qualche circostanza d'insubordinazione, e indecenza di alcuni, che persino si presentavano nel mio Ufficio con pippa in bocca, e beretta in testa, ho fatto loro sentire le mie lagnanze, ben moderate però. Ritengo non esser ciò durezza, od asprezza!" Da otto anni che è in carica, solo il parone Antonio Barboni ha avanzato reclamo contro di lui, ma perché "coinvolto in una frode tabacco di circa libe 350 (...) Non ho potuto a meno portare avanti V.ra Em.a R.ma tali riflessi, e per mia garanzia, e perchè non voglia l'Em.a v.a R.ma sottrarmi dalle di Lei grazie, che sarebbe per me l'estinzione dell'esistenza massima, mantenuta soltanto dal semplice ristretto onorario, che fruisco, mercè la Clemenza Sovrana".
Molto probabilmente, e nonostante il coinvolgimento del Barboni nell'episodio di contrabbando, il comportamento del Gasperini si prestava a qualche critica ma, nel caso specifico, il trattamento riservatogli dal Camerlengato sembra sia stato molto più severo di quanto meritasse, forse perché in quel periodo grandi erano le preoccupazioni dei governanti per l'emigrazione clandestina di pescatori nel regno di Napoli.(4)
Comunque il carteggio qui presentato sommariamente si rivela molto interessante perché mette in luce alcuni aspetti delle relazioni tra esponenti della burocrazia pontificia, malpagati e perciò naturalmente ed inevitabilmente esposti a commettere irregolarità, e la gente di mare, tacciata come idiota, rozza, materiale, ma vessata oltre ogni limite di sopportabilità dalle calamità naturali e dalla burocrazia periferica.

3) Reclami degli equipaggi
I marinai imbarcati su navi mercantili pontificie possono essere retribuiti a soldo o alla parte. In quest'ultimo caso percepiscono, proporzionalmente alla loro partecipazione, una quota degli utili derivanti dai noli riscossi dall'armatore, detratte le spese sostenute nel viaggio e quelle, eventuali, dovute alla perdita parziale o totale del carico a seguito di naufragio.
Generalmente il rendiconto finale viene eseguito con molto ritardo ed in maniera irregolare, provocando viva insoddisfazione e reiterati reclami da parte degli interessati, costretti a mantenere le proprie famiglie con modesti acconti.
Si fa interprete di questa insoddisfazione l'ispettore dei porti del Mediterrraneo, colonnello Falzacappa, con sede a Civitavecchia, luogo di approdo di molte navi adriatiche dirette in Francia, Toscana e Liguria.
"Mi spinge (...) il zelo per il buon andamento della Marina Mercantile Pontificia, di farle presente, che reclamano di continuo i poveri marinari dell'Adriatico, e di Ancona specialmente, che durante i molti viaggi che intraprendono con i Cap.ni di que' Bastimenti, non possono mai vedere la liquidazione de' loro Conti, prendere il ritratto de' noleggi in saldo, e così sovvenire le loro famiglie, ma al contrario ricevono sempre un'acconto, senza conoscere qual'utile, detratte le spese comuni nel viaggio, hanno rispettivamente avuto di un noleggio; per il che regna una frequente discordia fra l'Equipaggio, e i Capitani o Padroni, qual disordine essendo i Marinari alla parte, necessariamente succede, perchè dopo 8, o 10 mesi il Cap.no fa i conti, dà nota delle spese di cinque e sei viaggi, e l'equipaggio non potendosi rammentare se sono o no' reali le spese medesime, viene il più delle volte pregiudicato".(5)
Il Camerlengato apprezza l'intervento del Falzacappa, cui ricorda di aver già dato dal giugno dello stesso anno disposizioni al fine di evitare inconvenienti di tal genere.
Ammonisce inoltre i tre ispettori dell'Adriatico, in particolare quello di Ancona, "ad intimare il Pelosi che se altra volta sia per dare luogo a richiami sarà sospeso dall'impiego di Conduttore e ritirata la lett.a di Comando."(6)
Colla stessa circolare, fatto cenno delle irregolarità rilevate, si intima ai tre funzionari che "sarà quindi cura di VS ordinare a tutti gli Ufficiali di Porto dipendenti da cod.o Circondario di obbligare i Capitani o Direttori de' Legni a liquidare e saldare i conti al termine di ogni noleggio verso gli equipaggi, che sono alla parte", altrimenti potranno incorrere nel ritiro della lettera di comando.
Nelle loro risposte gli Ispettori assicurano che da parte propria e degli Ufficiali di porto è stata sempre posta molta attenzione per evitare che i marinai possano soggiacere a tali prepotenze. In particolare:
- il marchese Belmonte rileva che, purtroppo, "siccome i Legni del proprio Circondario rimangono i sei ed otto mesi, senza restituirsi al luogo dell'armamento, non è stato loro facile il rendiconto de viaggi ed utili, o perdite nei Naufragi fatti massimamente alla parte";(7)
- il cav. Milesi invoca l'emissione di un regolamento di disciplina, "riferibile non solo alla condotta, che tenere devono i Capitani, e Paroni verso i loro Marinari nei viaggi, tanto per gl'interessi, quanto per il contegno; ma bene anche, a quella dei Marinari verso i loro Capi, giacchè continue sono le querele dei direttori stessi, sulla insubbordinazione, indocilità, e volubilità dei loro subbalterni, ciocchè arreca spesso litiggi, animosità, ed inquietezza nei rispettivi bordi, principalmente sopra quei Legni che fanno lunga navigazione, e sono causa sovente di discredito all'estero, a pregiudizio della navigazione, e del Commercio";(8)
- il conte Maggiori, su precisa richiesta del luogotenente Gasperini, chiede se esista uniformità d'intervento nel settore delle retribuzioni dei marittimi mercantili e dei pescatori. Per questi, infatti, allo scopo di evitare fastidiosi e dispendiosi ricorsi ai tribunali, la Segreteria di Stato ha emanato la circolare del 7 ottobre 1821, con la quale gli ufficiali di porto sono costituiti giudici di pace nelle vertenze tra armatori e pescatori. Rileva anche che dovrebbero essere addossate agli armatori le colpe attribuite ai paroni i quali, in effetti, sono anch'essi vittime dell'avidità dei proprietari di navi.(9)
Il Camerlengato apprezza i suggerimenti del Milesi e, per accertare la fondatezza della richiesta del Maggiori, si rivolge all'ispettore Belmonte il quale, come rilevato in altre occasioni, gode di particolare credito in qualità di esperto di cose marinaresche.(10)
In un primo momento il Belmonte esamina la materia soprattutto come "oggetto del contratto" e riscontra che non vi sono similitudini tra le normative sulla marina mercantile e su quella da pesca.(11)
Successivamente, a richiesta del Camerlengato, la riprende in esame per vagliare il titolo degli ufficiali di porto ad intervenire nelle questioni tra armatori e marinai mercantili.(12)
Le sue conclusioni sono negative, perché l'incarico di giudice di pace è stato loro affidato esclusivamente per i rapporti tra armatori e pescatori, mentre per gli altri casi la competenza è del tribunale.
Esprime inoltre un parere sulla proposta del Milesi, che pure era piaciuta al Camerlengato, rilevando l'inopportunità d'inasprire i regolamenti in vigore, fino ad impedire la partenza delle navi: "vi sono de' casi ne' quali ci• potrebbe incagliare in qualche modo il commercio, e dar luogo a Proteste de' Caricatori, i quali avendo in antecedenza stabilito de' Carichi, e corrispondenti Noleggi, soffrirebbero del danno, e pregiudizio. Necessarie sono le discipline, e Leggi pel buon andamento della Navigazione, e Commercio, ma all'una, ed all'altro pregiudicano, qualora queste sono minute, incessanti, e vessatorie. Per la qual cosa sono di subordinato parere, che il disposto dell'Em.a Vostra rev.ma, sia suficiente a togliere in gran parte almeno i reclami giacchè nota la Superiore disposizione, ed inculcata di frequente dagl'Ufficiali di Porto ai Proprietarj, e padroni Conduttori, di rado accadrà che non soddisfano il dovuto agl'Equipagi. Il fare altrimenti potrebbe forse portare maggiori sconcerti."
Da un appunto del 14 febbraio sul retro della lettera del Belmonte conosciamo le decisioni prese dal Camerlengato a chiusura della pratica: "All'Ispett.e del I Circond.o escludendo l'inchiesta fatta da lui a norma del parere, reso dall'Ispett.e del 3ø Circond.o".

4) Reclami di paranzieri sangiorgesi
All'ASR è conservato un fascicolo riguardante una vertenza tra i padroni di barche da pesca ("paranzieri") e le autorità civili ed ecclesiastiche di Porto San Giorgio.(13)
La vicenda si protrae per molti anni, dal 1806 al 1832, ma si presta ad essere riassunta in poche righe. Per reperire i fondi necessari alla costruzione della nuova chiesa parrocchiale di Porto di Fermo si adotta una procedura fiscale innovativa: viene abolita la gabella gravante su tutto il pesce introdotto nel paese e, in compenso, la metà degli utili spettanti ai padroni delle barche è devoluta a favore della fabbrica da intraprendere. A convalida dell'accordo, il 10 ottobre 1807 viene stipulato un contratto, che purtroppo manca nella raccolta dell'ASR e c'impedisce così di conoscere la genesi di tale soluzione.
All'inizio tutto procede per il meglio. Dopo alcuni anni, però, i paranzieri trattengono per sé le somme incassate con la vendita del pesce e non le versano al cassiere designato. Per giustificare tale irregolarità si appigliano a presunte mancanze commesse dal comune ed invocano la nomina di un cassiere di loro fiducia, appositamente delegato alla riscossione del tributo.
Dal carteggio esistente risulta che essi, per evitare di essere costretti dal tribunale a pagare le somme indebitamente trattenute, nel novembre 1827 ricorrono al Camerlengo.
Questi interessa il Prefetto del Buongoverno che, il 5 gennaio 1828, fa presente di non essere in grado d'intervenire, pur riconoscendo che i paranzieri "sono detentori illegittimi e morosi del denaro dei loro socj".
Consiglia anche di rivolgersi al procuratore civico "per gli atti opportuni per la moderazione dello speciale".
Dopo una pausa di tre anni, nell'ottobre 1831 la questione riaffiora. Il Camerlengato si rivolge all'ispettore dei porti del 1ø circondario per chiarire la questione.
Il conte Maggiori riassume brevemente i fatti, dei quali abbiamo già dato un rapido cenno. Fa presente che il Comune ha fatto progredire i lavori della chiesa ed ha impegnato tutti i fondi raccolti fino al 26 marzo 1826 e che, dopo quella data, non ha più ricevuto finanziamenti dai paranzieri. Questi, a seguito del ricorso avanzato, hanno ottenuto dal Buongoverno la rateizzazione del debito in dieci quote annuali, versate solo in parte. Intanto l'amministrazione locale ha avviato le pratiche giudiziarie per ottenere il saldo del credito che, il 5 luglio 1830, ammonta a 131 scudi.
Il Camerlengo interviene presso il conte Eufemio Vinci, prodelegato di Fermo, allo scopo di trovare un accordo stragiudiziale.
Il 21 dicembre 1831 il tribunale di Roma condanna i paranzieri a pagare quanto dovuto. Nel frattempo, però, il Comune, l'ispettore, il prodelegato e gli armatori hanno posto le basi per raggiungere un accordo. La prima bozza di questo è trasmessa a Roma il 17 febbraio. Sottoposta dal Camerlengo alla visione dell'avvocatura, viene approvata a condizione di piccole modifiche: l'esplicita elencazione di tutti i paranzieri e l'approvazione dell'intero consiglio comunale e non del solo priore.
Gli interessati tornano a riunirsi e stilano il testo della nuova intesa che, approvato a Roma, viene trasmesso al prodelegato il 1 luglio 1832 affinché provveda a tradurlo in contratto.
La vicenda ci mette a conoscenza di particolari relativi alla costruzione della parrocchia sangiorgese, di marginale interesse per la storia della marineria picena. Ma ci fa anche conoscere, soprattutto, quali fossero lo spirito e la disponibilità delle autorità e della classe armatoriale nel superare incomprensioni e difficoltà di vario genere pur di favorire la continuità dello svolgimento delle attività piscatorie.
Di seguito elenchiamo i nomi, molti dei quali sono già noti, dei principali personaggi coinvolti nell'affare.

Autorità centrali ecclesiastiche e civili
- cardinale Galleffi, Camerlengo di S.R.E.
- cardinale Cavalchini, Prefetto del Buon Governo
- avvocato Giuseppe Magagnoli, consulente legale del Camerlengato
- Congregazione governativa di Fermo
- conte Eufemio Vinci, prodelegato
- conte Giacomo Bulgarini
- marchese Nicola Morici
- Giuseppe Maria Solimani
- Domenico Chiodetti, segretario generale

Ispettore della Sanità e dei Porti del I° Circondario dell'Adriatico alla destra d'Ancona
- conte Saverio Maggiori

Consiglio Comunale di Porto San Giorgio
- Clemente Canaletti, priore
- Eugenio Tombolini, segretario generale
- Luigi Tombolini, deputato per l'ornato
- Pasquale Foglietti, anziano
- Domenico Vitali, anziano
- Luigi Paci, anziano
- Domenico Nocelli, anziano
- Paolo Veneranda
- Alberico Cristiani
- Domenico Rocchi
- Vincenzo Nocelli
- Francesco Bartoletti
- Gabriele Gennari
- conte Giovanni Maggiori
- Melchiorre Salvadori
- Giovanni M. Migliorati
- marchese Aless.° Trevisani
- Andrea Baglioni
- Francesco Franchi
- Pietro Angelucci
- Alessandro Bernardini
- Monaldo Nannerini (sostituito da D. Francesco Iommetti)
- marchese Alessandro Porti (sost. da D. Giuseppe Giulietti)
- marchese Alessandro Vitali (sost. da Vincenzo Rotolizi)
- Gesualdo Valerj
- Giuseppe Veneranda, esattore

Paranzieri
- Domenico Breccia
- Giovanni Vagnozzi
- Vincenzo Vagnozzi
- Giorgio Vecchiola
- Nicola Felici
- Nicola Fares
- Giacomo Uva
- Vincenzo Silenzi
- Filippo Cardarelli
- Alessio Gentili
- Saverio Romagnoli
- Felice Trevisani e fratelli

Deputati alla costruzione della nuova chiesa parrocchiale
- d. Crispino Curi, pievano
- d. Esuperanzio Gentili

Legali
- avvocato Emidio Nardinocchi, procuratore dei paranzieri
- avvocato Angelo Lucchini, procuratore dei paranzieri
- avvocato Venceslao Valenti, procuratore del Comune

Note
(1) - Le lettere citate nel testo sono tratte da ASR, p. II. tit. IX, Marina, b. 560, fasc. 903. I fratelli Giorgetti non risultano coinvolti nei naufragi citati in CIMBAS n° 4, pp. 17 e ss. L'indennizzo ad essi spettante per danni riportati da una paranza, citato più avanti, sembra riferibile ad un evento diverso dal ribaltamento de l'Assunta.
(2) - Oltre a quanto segnalato nei precedenti fascicoli di CIMBAS sulla miseria della gente di mare, merita menzione un contributo sull'estrema povertà dei pescatori recanatesi, presentato da Viviana Bonazzoli nell'ultima riunione del Centro Studi Maceratesi, tenuta a Porto Recanati nel novembre 1993, che verrà pubblicato nel volume degli Atti dell'Associazione.
(3) - Cfr. CIMBAS, n° 3, pp. 7-12. La documentazione è tratta da ASR, p. II, tit. IX, Marina, b. 585.
(4) - Cfr. CIMBAS, n ° 5, pp.22-39.
(5) - ASR, p. II, tit. IX, Marina, b. 560, fasc. 920, lett. 162 del 14.10.1825.
(6) - ASR, ib., lett. 10493 del 31.10.1825. Il Barboni è il capitano della nave che ha provocato l'intervento del col. Falzacappa.
(7) - ASR, ib., lett. 1760 del 5.11.1825.
(8) - ASR, ib., lett. 1027 del novembre 1825.
(9) - ASR, ib., lett. 2016 del 6.11.1825 e 224 del 2.11.1825.
(10) - ASR, ib., lett. 11031 del 22.11.1825.
(11) - ASR, ib., lett. 1935 del dicembre 1825.
(12) - ASR, ib., lett. 114 del 15.1.1826.
(13) - ASR. p. II, tit. IX, Marina, b. 585, fasc. 2186.

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