A proposito di naufragi sulla costa picena in epoca pontificia

Premessa.
Coloro che per professione o per necessità di varia natura in un passato ormai lontano si avventuravano per mare erano esposti a molti rischi, tra i quali la possibilità di terminare prematuramente il viaggio a causa di naufragio o di cattura da parte dei predoni era uno degli eventi più probabili e ricorrenti.(1) Mentre la guerra di corsa e la pirateria costituiscono un argomento di rilevante importanza ed hanno richiamato, a livello internazionale, l'attenzione di molti studiosi per il connettersi di molteplici aspetti di forte valenza storica, politica, economica, religiosa, militare, sociale, ecc., la perdita di vite umane e di navigli, con gli inevitabili danni collaterali alle famiglie dei naviganti ed agli insediamenti umani costieri, in genere - ma non sempre - viene presa in considerazione nell'ambito della storiografia locale o di quella specialistica marinara.(2)
La mancanza di idonee strutture di rifugio in tutto il territorio tra Conero e Tronto - una volta in massima parte compreso nell'ottocentesco 1° circondario marittimo pontificio dell'Adriatico - era per il governo uno dei problemi di maggiore interesse e complessità nella salvaguardia della vita dei marittimi e dell'integrità delle loro imbarcazioni in caso di burrasca. Inoltre un altro problema era ben presente all'attenzione del Camerlengo, dell'ispettore del I circondario e delle popolazioni rivierasche, come risulta dalla pratica per l'istituzione di una scuola nautica a Porto San Giorgio, iniziata nel 1828 e conclusasi sfavorevolmente nel 1834: « ( ...) Gravissimi e funesti sono i disastri, che debbonsi tuttogiorno compiangere e che nella massima parte hanno origine dalla ignoranza dei Conduttori de' Bastimenti, i quali ignari affatto di ogni principio teorico e guidati soltanto da una cieca e spesso fallace pratica sono causa della propria e dell'altrui rovina (...) »(3)
In questa occasione ci si limita alla narrazione di un fatto avvenuto nel marzo 1835 e ad alcune considerazioni di carattere generale, con riferimenti alle proposte di miglioramento della situazione che, purtroppo, non trovarono applicazione.

Uragano a Porto Recanati nella notte tra il 5 e il 6 marzo 1835
Il 10 marzo 1835 il Delegato Apostolico di Macerata informa la Segreteria di Stato che «Un più furioso uragano avvenuto la notte del 5. al 6. corrente ha arrecato al Porto di Recanati l'infelice disgrazia della perdita di 6. Barche pescareccie, e di 27. Individui, essendosi fortunatamente salvate alcune Paranze prendendo il Porto d'Ancona, ed altre alla Spiaggia di S. Benedetto. Le povere Famiglie degl'Uomini naufragati sono nella più deplorabile situazione, ed implorano un qualche ajuto dalla benignità del Governo.»(4)
Il Segretario di Stato per gli Affari Interni, che è anche Presidente della Congregazione di Sanità (organismo competente per la gestione dei problemi della salute pubblica e della marineria), il 21 dello stesso mese risponde al Delegato: « (...) Il Governo ed il Sommo Gerarca pieni di commiserazione per sì disgraziate Famiglie si occupano, per quanto le circostanze lo permettono, di sì caritatevoli sollievi; si rende perciò necessario ch'Ella riunisca un'Elenco nominativo di d.e Famiglie con gl'Individui che compongono ciascuna delle med.e, e sarà bene, che lo spinga al Mag.to Centrale di Sanità in Ancona, che egualm.e si occupa del med.° oggetto per altri Luoghi della Costa, in cui per tale infortunio si trovano nella stessa condizione le Famiglie dei Sommersi, perchè ne possa rimettere uno stato complessivo da umiliarlo al Sovrano, onde possa stabilire l'entità delle corrispondenti di Lui beneficenze (...) »(5)
La pratica procede rapidamente, tanto che dopo una diecina di giorni dalla data del dispaccio sopra stralciato, il Magistrato centrale di Sanità anconetano può già inviare a Roma le prime richieste di soccorso: «Dall'Ispettore di Sanità in P.to Fermo sono state rimesse alla Magistratura con favorevolissimo officio d'accompagno cinque Istanze l'una di Luigi Cesari, l'altra di Aldebrando Volpini, la terza di Vincenzo ed Andrea Fratelli Giorgetti, la quarta di Aldebrando Volpini, e l'ultima finalmente di Antonio Giorgetti, tutti di P.to Recanati frà i quali i primi trè contano la perdita dei loro Legni da Pesca naufragati nella Burrasca del giorno cinque al sei del perduto mese di Marzo, e gli ultimi due tuttochè non abbiano sofferto una tale disgrazia, pure dimostrano i forti danni che hanno risentito in quella circostanza concludendo infine tutti i cinque Petizionarj per implorare a loro riguardo un qualche compenso dal Governo nella triste situazione in cui si veggono ridotti pel suddetto infortunio. Non v'ha dubbio alcuno, che la Marina di P.to Recanati non abbia notevolemente deteriorato per le recenti disavventure sofferte, locchè portando seco una sensibile decadenza dell'esercizio della Pesca l'unica risorsa, sù cui conti quella popolazione, fa sì che non poche famiglie languiscono nella più dolorosa miseria per mancanza dei mezzi onde procurarsi il necessario sostentamento. Mossa da tali considerazioni non ha potuto la Magistratura dispensarsi dal rassegnare a codesto Superiore Consesso le sud.e cinque Istanze (...) e ciò disgiuntamente dall'Elenco dei naufragati nella suddetta Burrasca che si riserva di rimettere subitochè gli sarà innoltrata dall'Ispettorato di Destra (..) »(6)
Purtroppo il fascicolo non comprende l'incartamento completo e quindi ignoriamo l'atteggiamento assunto dal Governo in questa occasione. In casi analoghi, esaminati in passato, abbiamo riscontrato che gli aiuti sono stati concessi soltanto ai familiari dei marinai deceduti, nonostante l'impegno messo dall'ispettore Maggiori nel sostenere le giuste richieste dei proprietari.
Ci soffermiamo pertanto sulle richieste di alcuni degli armatori, in quanto ci permettono di conoscere le spese sostenute per ripristinare le barche o il loro corredo e, in alcuni casi, anche il manifestarsi di altre tempeste.
«Luigi Cesari (...) ha perduto una di lui Paranza insieme agli atrezzi, e tutto l'Equipaggio composto di sette Individui, che andette a frantumarsi nei Scogli in vicinanza di Porto Nuovo (...) si fà coraggioso (...) onde ottenere un soglievamento (...) affinche vengagli graziosamente acordato un sussidio onde porlo in grado di acquistare un altra Paranza insieme agli necessari atrezzi facendo in questa circostanza conoscere la spesa di scudi 65.31., che ha dovuto sostenere per ricondurre, e racconciare la su espressa Paranza salvata in questo Porto, con più altri scudi 61.40., per tanti atrezzi perduti nella riaquistata Paranza, cioè Cavi due Nuovi, Mascolo di Ferro, Terzarolo, Ferri d'Aqua, Torticione, e Antenna, con più altri scudi 40, che il detto Cesari a dovuto sofrire di danno la notte del 5. Feb.° nella stessa circostanza che perirono le due Paranze di Porto Civitanova, avendo egli perduto tutti i Ferri dei quattro Timoni, delle due Paranze, con aver rotto uno dei detti Timoni (...) »
«Aldebrando Grilli (...) nella calamitosa Circostanza accadutagli della Perdita di una Paranza con tutti gli atrezzi, e colla sommersione di undici Individui conseguentemente alla Procella avvenuta la notte del 5. cor. (...) oltre che a dovuto sottostare alla Spesa di scudi Centottanta per potere ricondurre al Porto di Ancona la salvata di lui Paranza compagnia, che ritrovasi gettata fra i scogli sotto le Ripe dette dei Tragetti, e per fare fronte alle spese occorse per ristavori eseguiti alla Paranza stessa quale era ridotta in pessimo stato (...) »
«Vincenzo ed Andrea Fratelli Giorgetti (...) hanno anche essi (...) perduto una Paranza insieme a tutti gli atrezzi, ed a tutto l'Equipaggio. L'altra Compagnia Paranza in modo sopra naturale ed istantanio ritrovossi dacente sui scogli delle Ripe a diacenti alla Catredale di S. Ciriaco di Ancona, e dal fatto accaduto devesi ripetere la salvezza dell'Equipaggio e della Paranza da un vero Prodigio Celeste tali esendo le Caratteristiche, che lo anno preceduto (...) non puote ameno di esimersi da implorare (...)
1.° Che gl'Imploranti si gravarono di spese per la costruzione di una nuova Paranza ultimata nel 8.bre dell'anno 1833., e ciò produsse anche un Beneficio a sostentamento di tanti Miserabili famiglie, che unicamente ritragano la loro sussistenza dall'industria della Pesca.
2.° Che per riaquistare la Paranza gettata sui scogli, e trasportarla nel Porto di Ancona vi occorse la spesa di circa Scudi Cento.
3.° Che per riatare la Paranza medesima vi abbisogniano altri scudi Cento circa per l'aquisto delle due Mezze Aste, la Colomba, n.° 14 Piane, n.° 20 Madieri, Chiodami, Pegola, Razina, e Mano dopra de Calafati.
4.° Finalmente i Petenti stessi dimostrano la loro asoluta imposibilità di Potere più oltre proseguire l'esercizio della Pesca per mancanza de mezzi onde suplire alla Provista di una altra Paranza con tutti gli atrezzi non chè di tutti i sei ferri, che furono egualmente perduti Rimanendo in tal modo privi di sussistenza non solo l'Esponenti stessi ma bensì le miserabili Famiglie di quei Marinari che si puotrebbero imbarcare nelle dette Paranze, ed inoltre tanti altri Individui a dett i alle Paranze stesse per i servizi di terra (...)
»
«Aldebrando Volpini (...) fa conoscere (...) essergli andata sulla Scogliera del Lazzaretto di Ancona una di lui Paranza, avendogli cagionato un danno di Scudi Cento circa, tra rottura di cavi (...) suplica onde fare ottenere al Suplicante un Compenzo (...) onde dare la Concia alle proprie Paranze cioè del 1833., Scudi Trenta, ed altri scudi venti del decorso anno 1834. ...) »
«Antonio Giorgetti (...) amogliato con figli n.° 8, ed un Fratello Miope nominato Ciriaco anch'Esso con n.° 7 Figli tutti a di lui carico (...) implora vivamente un sguardo di commiserazione (...) Nel 1810. nel mese di 8bre naofragò una di lui Paranza nell'andare al Porto di Ancona, ed in quella emergenza salvaronsi tutti l'Individui che componevano quell'Equipaggio; ma Egli perdette la Paranza con tutti gli atrezzi.
Nel 1820. nel mese di 9bre un'altra di Lui Paranza fu egualmente danneggiata, esendo in quella naufragato tutto l'Equipaggio verso il Porto di S. Elpidio, e la Paranza stessa fù gettata nelle Spiaggie prossime a Giulia Nuova, Regnio di Napoli mancante di tutti gli atrezzi, e soltanto puotè ricuperare il nudo Corpo della Paranza stessa ridotta in cattivo stato, e dovette in allora sostenere una spesa per il ricupero stesso, molto magiore del valore della Paranza medesima.
Nel 1824 nel Mese di Marzo in alto Mare perdette un'altra Paranza insieme all'intiero Equipaggio, ed atrezzi tutti (.. )
»
Nel fascicolo non sono contenuti altri fogli e perciò non è possibile conoscere la conclusione della vicenda. Sulla base di analoghe richieste avanzate in simili circostanze da proprietari di barche perse o danneggiate a causa di burrasche è lecito supporre che gli indennizzi siano stati destinati soltanto ai familiari dei marinai naufragati.
Tenuto conto delle frequenti perdite di barche complete o di parte della loro attrezzatura, dovute a naufragio e rimaste senza alcun indennizzo; delle difficoltà di vario genere connesse all'esercizio della pesca; delle difficili relazioni a volte esistenti tra armatori, marittimi ed autorità governative locali e centrali sembra ragionevole porsi la domanda se i padroni di barche ottenessero effettivamente sensibili vantaggi pecuniari dalla loro attività. Per quanto si è riscontrato in questo ed in altri casi sembrerebbe proprio di non. Perché allora perseveravano a mandare legni ed uomini in mare? Per rispondere esaurientemente a tale quesito sembra necessario indagare a fondo sull'argomento e perciò, per il momento, non si è in grado di rispondere in modo appropriato.
A titolo confirmatorio della nostra ipotesi si possono solo riportare:
- alcune affermazioni dell'Ispettore dei Porti di Rimini A. Belmonte: « ( .. ) Il novo Motu proprio di N. S. delli 31. Gennaro sui Porti dello Stato Pontificio, ormai conosciuto a tutta la gente di Mare, ha dato luogo a molti reclami per parte de Proprietarj de Legni da Traffico, e da Pesca, impossibilitati per i pochi utili che in oggi ritraggono dall'esercizio della loro Professione, di pagare in una sol volta la giusta Tassa per il Passaporto Marittimo, che deve essere dispensato dal Camerlengato. Quantunque tutt'ora ignorasi a quanto ascenderà questa Tassa, oltre le solite Propine, essendo il Passaporto duraturo sin a che il Legno non cambierà di Proprietà, pure col mezzo mio implorano dall'Em.za V.ra Re.ma la grazia che il detto Passaporto si rinuovi annualmente, e tutte le volte, che il Legno cangia di Proprietà, come praticasi in tutti li Stati Marittimi. Io che 45. Anni della mia Vita, prima sulle Fregate di Sua Santità a Civitavecchia, a Malta, e nella reale Marina di Spagna, e nel servizio de Porti, sonomi sempre occupato delle cose di Mare, e del Commercio Marittimo, trovo abbastanza raggionevole l'inchiesta, giacchè mancanti de mezzi li proprietari de Legni da Traffico, e Barcolame per fare lo sborso della Patente, o non potranno far navigare le loro Barche, tenendole a infragidare legate alle rive, o tentaranno di farle passare di Proprietà Estere, come pur troppo ho avuto luogo di vedere tale abuso. In vista pertanto di si plausibili Politici motivi, e raggioni, credo di mio dovere di proporre all'Eminenza Vostra Re.ma, il temperamento, che giudicherei doversi prendere in proposito, al qual effetto unisco una Tabbelluccia, dimostrante le Tasse eque da imporsi per ottenere li Passaporti Marittimi (...) »(7)
- alcune considerazioni tratte da un documento della Delegazione di Ascoli più avanti citato in nota 11: « (...) E' cosa indubitabile, che il maggior numero di Barche pescareccie appartiene a questa marina. Qui oggi si contano tredici paja di Paranze, e dieci, così detti, Baragozzi, non compresi altri legni minori. Il Porto di Fermo (che presso a poco si troverebbe nella stessa nostra condizione) ha undici paja di Paranze, di cui due paja appartengono ad un Proprietario di S. Benedetto, e tre soli Barchetti, Civitanova non ha che otto paja di Paranze, e due Barchetti. Recanati infine non possiede che nove paja di Paranze. Osservati i Registri di questo Commissariato di Sanità Marittima si è potuto verificare che il quantitativo del sce pescato in ogni anno dai nostri Legni, presa una media proporzionale, supera sempre di più centinaja di migliaja il milione di libre. Ora volendo anche ritenere per fisso soltanto quest'ultimo più discreto termine, la contribuenza di S. Benedetto, a fronte del primo articolo del mentovato progetto, ascenderebbe almeno a scudi 2000 in ogni anno. Se si volesse particolarizzare onde conoscere come un tal contributo percuoterebbe troppo sensibilmente anche il semplice marinaro si potrebbe discendere a mostrare quanto meschina sia la parte che ogni Individuo di questa classe percepisce dopo le indicibili di Lui fatiche, e col pericolo della propria vita che a stento sostiene con tal percezione, e come il Proprietario al terminar dell'Anno trovi ben spesso che le spese pel mantenimento de' suoi capitali marittimi han superato gl'Introiti. Il voler dunque introdurre una tassa che a ciascun pajo di Legni toglierebbe in ogni anno una somma sempre maggiore di scudi 100 sarebbe lo stesso che voler lasciare il marinaro nell'assoluta miseria, ed il Proprietario nella positiva impossibilità di sostenere le spese, che a mantenere l'esercizio della pescagione sono occorrenti. Nè vale il dire, che questa tassa verrebbe pagata dai compratori: il pesce è un genere soggetto a sollecito deperimento, e si rende perciò necessario l'esitarlo al più presto, ed ai prezzi che migliori possino trovarsi. E ciò non è tutto. Il pesce che dai nostri Legni pescarecci si sbarca sulle spiagge degli altri Paesi è anche ora soggetto ad un dazio o di un quatrino o di mezzo quatrino per libra. Quanto doloroso non riuscirebbe adunque ai miseri Pescatori di S. Benedetto il vedersi carcati di un nuovo gravoso dazio per la progettata costruzione di un Porto nella spiaggia di Civitanova, del quale essi meno di ogni altro si troverebber nel caso di approfittare, e molto maggiore sarebbe la loro ripugnanza allorchè la medesima tassa anderebbe a percuotere quella infima specie di pesce, che molte volte vendono a pena al prezzo di un quatrino per libra. Sia quindi con ciò provato che la modicità della proposta tassa non è che apparente, e che essa gravarebbe i miseri Pescatori di questo Paese di una contribuenza che nel corso di venti anni ascenderebbe almeno alla vistosissima somma di scudi quarantamila.
Tralasceremo di estenderci a parlare delle altre tasse, che a vantaggio dell'Intraprenditore attivarsi vorrebbero: direm solo sembrarci gravosa quella di un paolo a rubbio pel grano il di cui carico, o scarico venisse eseguito nel nuovo Porto. Noi sappiamo che ben spesso i negozianti di grano si contentano di poterne ritrarre un'utile di mezzo paolo per rubbio. Ognuno dunque ben vede a quali conseguenze trarrebbe l'imporre sù tali generi un nuovo dazio nella proporzione che nel progetto si accenna (...)
»

Considerazioni di carattere generale
Dalla lettera del Delegato Apostolico di Macerata abbiamo appreso che «Un più furioso uragano avvenuto la notte dal 5. al 6. corrente ha arrecato al Porto di Recanati l'infelice disgrazia della perdita di 6. Barche pescareccie, e di 27. Individui, essendosi fortunatamente salvate alcune Paranze prendendo il Porto d'Ancona, ed altre alla Spiaggia di S. Benedetto (...) »
Sono parole molto significative, che trovano riscontro in altra corrispondenza sulla quale ci soffermeremo e contribuiscono alla trattazione di uno degli aspetti fondamentali per assicurare la salvaguardia degli equipaggi e delle barche del I circondario marittimo dell'Adriatico (alla destra di Ancona).
Nell'esame delle modalità caratteristiche di ogni naufragio allo scopo di individuarne le cause più probabili che lo hanno provocato, vengono presi in esame diversi aspetti, alcuni indipendenti dalla volontà e dalla capacità d’agire dell'uomo ma in parte da lui controllabili, come i fenomeni meteorologici, e altri invece strettamente influenzati dall'opera umana, come la preparazione professionale dei marittimi, imbarcati o destinati a terra; la perfezione delle imbarcazioni; la disponibilità di porti; l'esistenza di scuole nautiche; ecc.
Per quanto riguarda le avversità meteomarine i marinai di una volta avevano una capacità personale di previsione senz'altro maggiore di quella dei loro colleghi d'oggi, almeno in condizioni normali. Le uniche armi di protezione contro queste pericolose insidie erano le opere di difesa, rappresentate da porti naturali o artificiali, moli, insenature, spiagge sabbiose di ampie proporzioni, ecc. Purtroppo porti e moli erano del tutto assenti nel I circondario. Non erano mancati nel tempo progetti per la loro costruzione, soprattutto a Porto di Fermo, Porto Sant'Elpidio e Civitanova, ma per vari motivi nulla era stato realizzato.(8)
Qualche anno dopo il naufragio prima narrato viene avanzata una proposta per la costruzione di un porto a Civitanova, utile per conoscere le opinioni dei rappresentanti delle comunità marinare picene e le loro contrapposizioni sulle soluzioni da adottare.
Ne stralciamo alcuni passi significativi tratti da documenti dei rappresentanti del governo, di Fermo e di S. Benedetto: « (...) Il mare Adriatico è singolarmente dominato dai Venti Borali, ed in specie nei tempi burascosi d'Inverno, a motivo delle Nevi degl'alti Monti del Friuli, del Quarnero, della Carpegna ecc.; ora spingendo questi Venti impetuosamente sempre in già verso la imboccatura del Golfo di Venezia, ed unendosi a questi veementi Venti anche la forza della corrente per essere ormai ben provato da accuratissimi Osservatori, i quali gli danno il nome di moto radente, che la detta Corrente si dirigge in questa nostra costa d'Italia da Maestro a Scirocco e si fa più veloce appunto nei tempi burascosi, aumenta sempre più nei galleggianti la spinta de Venti Boreali verso Scirocco.
Ora con questi burascosi Venti e circostanze che in Inverno sono frequentissime e producono il bisogno di ricovrarsi, se un Bastimento si trova nella Spiaggia supponiamo di sopra, cioè dal Po' sino ad Ancona, esso non ne è punto allarmato, perchè seguendo modificatamente la direzione del Vento dominante e della corrente, va a rifugiarsi in Ancona, verso la quale è già spinto, ma se questo infelice bastimento disgraziatamente si trova un solo miglio o anche meno al disotto del Porto di Ancona, non essendovi ivi, cioè nella Spiaggia di Sottomonte di cui si tratta alcun altro Porto, giacchè il primo che in tutta questa lunga costa d'Italia s'incontra è Brindisi distante 380. Miglia da Ancona, esso è costretto irreparabilmente a naufragare alla Spiaggia.
Conseguenza chiarissima di questo evidente raziocinio si è che i Porti di Sopravento da Ancona sino al Po' possono più dirsi municipali perchè accordando già il Porto di Ancona ricovero a tutti quei legni che colle Burasche Boreali si trovono da quella Parte sopravento, perciò tutti quei Porti che ivi sono, servono più al comodo ed al commercio de rispettivi Paesi, che alla navigazione in generale; ma non così di un Porto Sottomonte, perchè non essendovi dopo Ancona altro ricovero, esso risulta necessario, favorisce la Navigazione di tutta la costa Pontificia, ed è di ajuto e di sussidio al commercio stesso di Ancona, perchè con molto maggior animo e coraggio vi si indirizzeranno i Bastimenti quando sappiano che se per qualunque sorpresa di tempo non ponno afferrare Ancona, hanno un'altro Porto di rifugio sottovento ove poter rilasciare sinchè ritorni il bon tempo per continuare il Viaggio sino al loro destino in Ancona.
Tutte queste convincentissime ragioni non sono poi ne il solo ne l'essenzial male che risulta dalla mancanza di un Porto nella Spiaggia di Sottomonte. Le Vite degli Uomini che ogn'anno vi rimangono irreparabilmente sagrificate sono quelle che richiamano tutta la paterna attenzione del Governo.
Non passa anno che il mare quasi per censo perpetuo non esigga molte Umane vittime coi naufragi. I reggistri del Cammerlengato, quelli degli Officii Sanitarj possono addimostrarlo. Ragioni tutte sono queste potentissime per implorare un Porto dalla benignità Sovrana; eppure alcuni poveri pescatori di S. Benedetto propongono di costruire un Porto a loro spese, senza cercare alcun sussidio dal publico Erario, tanto è il desiderio loro ardentissimo di avere un Porto che gli salvi le vite e le loro meschine barche, unica loro industria e sostegno; quindi con una volontaria contribuenza per venti anni di un Quattrino per libra sopra tutto il Pesce che essi pescheranno, da versarsi in mano di un'Intraprendente di loro scelta e fiducia, come risulterà da Apoca, sperano di vedere adempita questa giusta loro brama, costruendo un Porto nella Spiaggia di Grotteamare (Nota aggiunta con altra calligrafia: si dica meglio a Civitanova), ove esistono le vestigia di un Antico Molo (...)
» (9)
« (...) dai precorsi scandagli ripetuti nel 1816. risultò più opportuna, ed utile la erezione di un Porto, che ne' remoti tempi ben esisteva. Dissi opportuna, perchè la prossima Città di Fermo, la quasi unita Comune di Porto S. Giorgio, il cadente comunal fabbricato di Torre di Palme stabilito a ricostruirsi su questa spiaggia presenterebbero un'animato di verso li 19. mila abitanti con un sicuro incremento, e bastevoli ad accorrere ad ogni evenienza anche d'inopinato naufragio. Dissi utile, poichè la spiaggia meno esposta ai venti nemici alla Navigazione offre sicuro rifugio per mare, e comodità per Terra, essendo l'avvisata pianura centrica fra la Provincia Fermana, ed Ascolana con la Maceratese, e distante solo a due ore di camino sia per Civitanova, sia per S. Benedetto, da quali due Comuni si rinnova oggi la istanza a private sottoscrizioni di negozianti del Littorale
(...) Nacquero, e deperirono in differenti epoche quattro Progetti ad ottenere lo scopo di cui si parla. Nel 1649. sulla foce di Ete vivo fu compilato un Progetto d'ordine del Senato Fermano. Fù l'altro redatto dal fu Sig.e Luigi Colli sulla foce del Fosso detto del Rivo. Un'altro se ne immaginò dal maggiore Castagnola di rimpetto alla cosi detta Chiesa nuova di Porto S. Giorgio. Un quarto ve n'ebbe già ordinato dallo stesso Governo, quando fuvvi a Preside in Fermo Mons.e Colapietro di onorevol memoria, e questo s'immaginò di costruirsi nella Pianura di S. Maria a mare alla sponda destra del Torrente sudetto Ete vivo. Nell'anno 1827 la magistratura del Porto di Fermo tornò a riprodurre il Progetto del Maggior Castagnola all'E.mo Cardinal Camerlengo; ma rimessa l'istanza per analoga informazione si riconobbe non opportuna la località, e per la sottigliezza delle acque in quella spiaggia, e per fondo fallace per frequenti banchi, variabili a seconda de' venti, perchè arenosi, onde le barche verrebbero costrette a tenersi più a largo, che ad avvicinarsi alla Terra. Si osservò pure la confluenza dell'acqua di Ete alla parte destra del Porto, che si progettava, e di ciò se ne additarono le conseguenze, che ora non vale il merito di raccordare. Gioverà però benel'osservare, che ove si volle pensare un Porto, si ebbe sempre il Consiglio di situarlo tra Porto S. Giorgio, e Torre di Palme. E non altrimenti pensarono gli Antichi, che vollero il Navale Fermano in quel seno, che oggi si occupa dal Torrente Ete circoscritto dalle colline, che guardano, ed adombrano il termine della nuova Strada Pompeiana. Certo è, che l'attuale andamento della spiaggia dopo la Foce del Torrente Ete vivo, e che progredisce verso la parte sporgente di S. Biagio offre la migliore località, che si convenga alla costruzione di un Porto. Se la Superiorità si degnasse di richiamare il parallelo dei scandagli fatti in quattro punti nella spiaggia del mare dall'instancabile, e benemerito Ingegnere Gio: Batta Dassi di sempre onorata ricordanza si vedrebbe convenirsi la situazione di un Porto colà, dove pur l'acqua, per la sua profondità, la natura co' suoi promontorj, ripromette la sicurezza e la tutela contro la furia de' venti (...)
»(10)
« (...) conviene inoltre la Cong. Gov. che la destinazione dell'immaginato porto segua, se è possibile nelle vicinanze del così detto Porto-Civitanova sì perchè sarebbe il centro della spiaggia sotto monte, si perchè l'accesso è il più facile, e il meno costoso di qualunque altra località massime per le strade nazionale, e provinciali che vi fanno capo. In una parola sia per favorire il commercio di questa ubertosa, ed agricola provincia, sia per un senso di umanità nel garantire la vita di tanti industriosi Pescatori, il progetto è lodevole, ed utilissimo, e merita la considerazione del Governo (...) »(11)
« (...) Utile, ed anzi necessaria sarebbe una tal'opera, che animando il commercio, l'industria e l'agricoltura porrebbe anche in salvo la vita di tanti meschini. Ma convenir non potemmo che a raggiunger lo scopo plausibile fosse la scelta della spiaggia di Civitanova, poichè nè la proposta utilità generale si potrebbe ottenere, nè scamparsi potrebbero i pericoli verso i quali la forza della corrente, e l'impeto dei venti dominatori spingono coloro che solcano le onde dell'Adriatico. Pensammo in fine che mancasse di equità, e di convenienza la proposta riunione dei mezzi, come quella che di troppo gravarebbe i miseri Pescatori di S. Benedetto ai quali niun utile arrecarebbe l'esistenza di un Porto in quel punto, che nel progetto si è voluto determinare (...) Vorremmo scansare la taccia di un male inteso amore del Paese nativo, ma poichè siamo invitati ad esporre il nostro qualsiasi parere sulla progettata costruzione di un luogo di rifugio sulla costa di Sottomonte ci sia permesso di dire, che forse la spiaggia di S. Benedetto sarebbe la più adatta alla formazione di un canale che presentasse ai Legni di una certa portata un luogo di sicuro ricovero. Nè possiamo parlare di Porto, poichè la poca profondità dell'acqua ne esclude a ragione ogni pensiero. Situato questo Paese ad una distanza ne troppo breve ne troppo estesa da Ancona presenterebbe una maggior facilità, perchè i Legni sorpresi dalla burasca potessero a poco a poco, secondando con arte la corrente ed il vento avvicinarvisi. E' nelle acque di S. Benedetto ove generalm.e con minor furore la tempesta imperversa, trovandosi quasi ristretto in un bacino riparato in gran parte dai venti del Nord per mezzo delle punte di Pedaso, Marano e Grottamare. La spiaggia medesima è non brecciosa, e libera interamente da ogni scoglio presenta un approdo men pericoloso di ogni altro nel caso in cui non fosse possibile ad un qualche Legno d'imboccare nel menzionato canale. E difatti noi vediamo che tutti i Conduttori dei Legni preferiscono di venire a ricoverarsi in questa, ove non si rammenta che alcuna disgrazia per causa dell'approdo sia avvenuta giammai. Si son visti gli stessi Recanatesi, che si trovano sopra Civitanova, preferire di ricoverarsi nella costa marittima di S. Benedetto, o anche del limitrofo Regno di Napoli, piuttosto che tornare verso la spiaggia più vicina alla lor Patria. Diremo infine che questo punto più meridionale della non troppo estesa costa di Sottomonte presenterebbe un luogo di rifugio a tutti i Legni appartenenti alla marina dei Paesi, che nella costa medesima son situati (...) »(12)
Forse per queste divergenze, ma soprattutto per carenza di risorse finanziarie, il progetto rimane senza applicazioni pratiche: soltanto all'inizio del XX secolo viene costruito il primo embrione del porto di S. Benedetto del Tronto.
All'ASR sono conservati numerosi volumi di grandi dimensioni che il nostro Istituto si augura di poter divulgare almeno in parte: sono i registri matricolari della gente di mare e delle imbarcazioni dello Stato Pontificio dagli anni 1824 in avanti, dei quali si è fatto cenno in uno degli stralci soprastanti. Se si sfogliano le pagine dedicate ai naviganti ed alle maestranze, colpiscono le annotazioni riportate all'estremità di ciascun foglio dove sono riportate, quando disponibili, le notizie sulla morte di vari individui: spesso vi si trovano riferimenti a naufragi, tempeste, burrasche che hanno provocato la morte di una o più persone. Ovviamente in prevalenza i defunti sono marinai e pescatori, ma non mancano calafati.(13)
Al problema della preparazione professionale del personale imbarcato dedichiamo maggiore spazio. Numerosi documenti risalenti al periodo della Restaurazione ed a quello immediatamente successivo ci attestano quanto numerosi siano stati i naufragi - con perdita di vite umane - nel tratto di costa sottomonte, cioè tra Conero e Tronto: moltissime famiglie di pescatori e di marittimi persero i congiunti che provvedevano al loro mantenimento e fecero richiesta alle autorità governative dei sussidi previsti dalle leggi in vigore.
Nonostante gli sforzi ripetutamente esercitati da rappresentanti di varie comunità costiere non si riuscì a costruire un bacino di rifugio soprattutto per la mancanza di fondi ma anche per l'incapacità delle gerarchie supreme - in particolare il Tesoriere Generale e il sommo pontefice - di valutare umanamente e finanziariamente quanto alto fosse il tributo pagato dalla gente di mare alla furia dei venti e delle onde.(14)
Non va però sottovalutato un altro aspetto della questione messo in luce da una corrispondenza di discreta mole, che copre un arco temporale che va dal 1829 al 1833.
Vi si tratta della "Istituzione di una Scuola Nautica" a Porto di Fermo, ideata e promossa dal Cardinal Galleffi in persona. Quali i motivi che hanno spinto quell'illustre poporato a compiere tale passo? Preferiamo esporli con le sue stesse parole: «Il Circondario Marittimo del Mediterraneo, ed il 2°- e 3°- dell'Adriatico, mercè le paterne munificentissime cure della Santità Vostra, hanno una pubblica scuola di Nautica con generale profitto della gente di mare. Di sì benigna ed utile istituzione manca soltanto il Primo Circondario dell'Adriatico, sebbene abbiavi colà una maggiore difficoltà nella navigazione. Gravissimi e funesti sono i disastri, che debbonsi tuttogiorno compiangere, e che nella massima parte hanno origine dalla ignoranza de' conduttori dei bastimenti, i quali ignari affatto di ogni principio teorico, e guidati soltanto da una cieca e spesso fallace pratica, sono causa della propria e dell'altrui rovina (...)
»(15)
Il documento scaturiva dalla conclusione di un programma già messo in atto da diversi mesi allo scopo di ottenere dal Consiglio Comunale di Porto S. Giorgio - con il coinvolgimento del delegato Apostolico di Fermo e dell'Ispettore del I circondario marittimo - la concessione di alcuni locali, per ospitarvi l'aula scolastica e l'abitazione del professore, e delle attrezzature e dei servizi necessari per l'uso, la conservazione e la manutenzione della nuova istituzione. Il 3 novembre il Consiglio si era riunito per discutere l'argomento ed aveva approvato a larga maggioranza la proposta avanzata dai sostenitori dell'iniziativa.(16)
L'esito della seduta viene riferito prontamente a Roma dall'Ispettore e dal Delegato, che nelle loro lettere ribadiscono ancora una volta i vantaggi che apporterebbe l'istituzione della scuola.(17) Il pontefice accetta quanto predisposto da Galleffi, come risulta alla nota autografa dello stesso Camerlengo apposta sul margine sinistro della prima pagina della relazione:
«Dall'Udienza di N.ro Sig.re 19 Gennaro 1829
S. S. approva l'istituzione della scuola come si propone nella presente relazione da concordarsi sempre con Monsign. Tesoriere
P. F. card.l Galleffi Camerlengo
».
In fondo pagina a sinistra v'è un'altra nota, forse dettata dal Camerlengo ma di mano di uno dei suoi collaboratori:
«26 maggio
A Mgr. Tes.re G.le facendogli conoscere la istituz.e decretata dalla sa: me: di Papa Leone XII di una Scuola di Nautica nel I.° Circond. dell'Adriatico, dichiarandogli per narrativa la convenienza di ciò fare di che si prenderà norma dalla relazione. Si dica che la sopravvenuta morte di lui e le successive cose, se lasciarono sospeso ciò che risguardava la intelligenza in che dovea porsi il Card.l Cam.go con Mgr. Tes.re per non intrattenerlo di questa minima cosa per tanti aff.i più gravi, non fecero ommettere allo stesso Card.l di abbassare gli ordini opportuni per quello, che risguardava la Deleg.e e la Comune. Ora prega Mgr. Tes.re a voler dare le convenienti disposizioni, perchè una tale istituz.e possa definitivam.te mandarsi ad eff. dal Card.l Cam.go.
»
Come risulta chiaramente dalle date apposte e dalle parole di Galleffi, papa Leone XII era morto poco dopo aver approvato la relazione e precisamente il10 febbraio 1829.
Di conseguenza ciò che non era stato portato ancora a termine deve essere ripreso in esame, cosa che egli tenta di fare scrivendo al Tesoriere Generale. Ma le precarie condizioni dell'Erario impongono di rivedere tutto il programma, come risulta dal dispaccio 50827 del 27 novembre 1829, con il quale il Tesoriere rileva - ipocritamente a nostro parere poiché da sei mesi Galleffi aveva dato direttive ai suoi impiegati di scrivere al Tesorierato come risulta dal dispaccio 42824 del 29 maggio - che « (...) il non aver puranche V. S. I. data evasione in proposito fa rimanere sospesa tale istituzione in quel Circondario, dove è tanto necessaria ed invocata da tutti quelli, che cola dimorano addetti al Commercio ed alla Navigazione. Soffra Ella pertanto che lo scrivente la ecciti a darne il conveniente discarico (...) »
Nel Fermano tutto è stato predisposto e si attende la nomina dell'insegnante, cosa ormai nota a molti: il sacerdote Luca Fazzini si candida per divenire professore della nuova scuola.(18)
Nella corrispondenza conservata all'ASR si riscontra una lacuna tra il novembre del 1829 e il novembre del 1833. In quegli anni abbiamo il regno di Pio VII, morto il 30 novembre 1830, e l'inizio del potere di Gregorio XVI. Niente si può dire a proposito della scuola ma, certamente, nulla d'importante deve essere successo se il 17 novembre 1833 il Delegato Apostolico di Fermo invoca il cardinal Galleffi affinché venga designato l'insegnante necessario per il funzionamento dell'istituto, per il quale il comune di Porto S. Giorgio ha già tutto predisposto. Anche l'ispettore marittimo, con sua lettera 1819 del 19 novembre 1833, chiede al Camerlengo di dare gli ordini decisivi per far entrare in funzione la scuola.
Molto probabilmente le pressioni esercitate dalla periferia convincono il Camerlengo a presentare il 30 novembre di quell'anno una "Relazione Alla Santità di Nostro Signore Papa Gregorio XVI. Per l'istituzione di una scuola di nautica del 1.° Circondario dell'Adriatico."
Purtroppo l'esito non è quello sperato, come risulta dalle note apposte sul frontespizio, la prima di mano del Camerlengo, la seconda di un suo collaboratore:
«Dall'Udienza di N.ro Sig.re 7 dicembre 1833
S. S. ha rifiutato di fare un più maturo esame delle cose, non credendo opportuno nel momento di venire alla richiesta istituzione di scuola nautica nelle attuali strettezze dell'Erario. P. F. Card.l Galleffi Camerlengo

«15 Feb.° 1834
All'Ispett.e che il Card.l Cam.go non mancò al certo d'invocare la sovrana app.ne per lo stabilimento della Scuola di Nautica nella vista di aver sanzionato il soldo neces. a carico del Pub. Erario. S. S. ha però creduto dichiarare che per ora non si venisse a tale istituzione per non aggravare di q.ta nuova spesa l'Erario sud. nelle attuali gravissime strettezze in cui qualunque economia è indispensabile. Il Card.l Cam.go non volea manifestare questa dilatoria risoluz.e attendendo un momento più favorevole, ma viste le molte insistenze dell'Ispett.e, non vuol trascurare di notificarlo, perché non si giudichi negligenza quella che avea per iscopo una prudente riservatezza. A Mgr. Del.° che viste le premurose insistenze dell'Ispett.e ha dovuto dare la sud.a risposta; e si notifichi a Mgr. Del.° perchè non sia ignaro della cosa.
»
A conclusione di quanto messo in luce, non si può fare a meno di rilevare le nefaste conseguenze della morte di Leone XII prima e di Pio VIII poi e dei periodi di sede vacante sulla gestione delle cose di pubblica utilità, aggravate in questo caso dalla vicinanza temporale dei due funesti eventi e dalle disastrose condizioni delle finanze pubbliche anche a seguito del fallito tentativo rivoluzionario del 1831.
Nonostante il volenteroso impegno del Camerlengo, infatti, la macchinosa, indolente e "cieca" negligenza di tutto l'apparato della Tesoreria Generale impedisce di portare a termine un programma che avrebbe consentito di migliorare la preparazione professionale dei paroni del I Circondario e di ridurre - non certo eliminare - le gravose perdite di vite umane. Inutile soffermarsi, oggi, sulla evidente disparità tra lo stipendio annuo del professore (inferiore a 145 scudi) e il valore di una sola imbarcazione perduta. Non si può certo assegnare un valore alle vite umane che si sarebbero salvate perchè esse non hanno prezzo ma, tenuto soltanto conto dell'importo dei sussidi versati dallo Stato ai familiari dei naufraghi, l'Erario avrebbe certo risparmiato molto denaro.(19)
Non va però escluso che l'esito negativosia stato, almeno in parte, provocato dal fatto che i contrasti di carattere personale e politico tra personaggi caduti in disgrazia (il Cardinal Galleffi) e sostenitori del pontefice in carica (il cardinal Tommaso Bernetti, Segretario di Stato voluto da Gregorio XVI, il Tesoriere Cristaldi) erano pessimi.(20)
Un altro segnale di quanto scarso fosse l'interesse della gerarchia marittima per la salvaguardia della gente di mare si può desumere dal fatto che « (...) esisteva anche nel primo Circondario un Uomo di Mare, il quale in occasione di Burasche dirigeva gli ajuti da apprestarsi ai Legni pericolanti che erano presso a prender terra. Senza conoscersi i motivi fu tolto al primo Circondario, rimasero però conservati quelli che esistevano nel 2°. e 3°. Circondario, ove tantomeno si presenta il bisogno, quanto è vero, che ivi non mancano Porti, e Canali (...) Si deve convenire che la Marina pure abbisogna di essere moralizzata, ma tali pene improvidamente applicate saranno atte a riparare i supposti delitti? Sembra piuttosto doversi temere, che aumentino la miseria delle Famiglie, i di cui congiunti sono sì malamente colpiti, senza che l'esempio influisca sull'insieme della classe marittima, nella quale rimane piuttosto la causa impulsiva a delinquere, derivante appunto dalla miseria, e continuando questa, e procedendosi con sì forti misure, sembra difficile che non si realizzino gli effetti della disperazione (...) »(21)
Va rilevato anche che, fino a quando il Camerlengato curò la marineria, in ciascun circondario i Luogotenenti di porto e i Commissari di sanità dipendevano con competenze specifiche e differenziate da un unico ispettore, con il grado di tenente colonnello. In caso di naufragio gli uni dovevano portare soccorso ai pericolanti e provvedere alle incombenze di carattere marinaresco e immagazzinamento delle merci ed attrezzature recuperate, gli altri ad adottare le misure opportune affinché nessuno degli "spettatori" venisse a contatto di persone o cose apportatrici di contagio.
Infine meritano di essere ricordati i tanti parroci cui erano affidati i marittimi e i loro familiari. In caso di naufragio tali sacerdoti svolgevano, come in altre circostanze, il duplice ruolo di pastore delle anime, con il compito di apportare sollievo ai sofferenti, e di ufficiali dello stato civile, in quanto depositari dei documenti anagrafici ed incaricati di compilare gli elenchi dei defunti e dei loro familiari più stretti. Dall'esame fin qui condotto di numerosi casi, è emerso che tali sacerdoti hanno sempre svolto in maniera generosa e accurata le loro incombenze, cercando per quanto possibile di allargare la cerchia degli aventi diritto al sussidio, ma senza molto successo, perché i funzionari del Camerlengato, della Congregazione speciale di sanità e della Tesoreria generale non erano affatto di manica larga e limitavano al massimo l'erogazione di questi piccoli benefici che, in genere, non superavano i cinque scudi per ogni familiare riconosciuto in effettivo stato di miseria e di bisogno, condizione purtroppo in cui versava la quasi totalità della gente di mare picena, stando a quanto riportato nei libri matricolari.

Conclusioni
Indubbiamente le vicenda della mancata apertura della scuola nautica e del fallito progetto di costruzione di un porto sottomonte vanno considerate come due delle tante occasioni perdute dalla gente di mare picena. Dopo i mutamenti seguiti alla rivoluzione francese ed all'instaurazione del potere napoleonico in Italia che avevano dato avvio a notevoli modifiche delle condizioni di vita del popolo, si ritiene che la delusione, il dolore e lo scoramento provati allora in conseguenza del rifiuto di tener conto d'insopprimibili necessità per esercitare in piena sicurezza la propria attività siano stati molto più forti di quanto sarebbero stati nel passato.

Note
(1) La bibliografia su tali argomenti è vastissima. Per motivi di facilità di riferimento in questa sede, si citano solo alcuni contributi sui naufragi comparsi nel bollettino d'informazione dell'Istituto per la ricerca delle fonti della civiltà marinara picena (Cimbas): A. SILVESTRO, Appunti per una storia della marineria picena. Naufragi nei primi decenni dell'800, Cimbas 4/1993, pp. 17-27; G. CAVEZZI, Altre fonti e documenti antecedenti al 1800, Cimbas 4/1993, pp. 28-42; A. SILVESTRO, Appunti per una storia della marineria picena. Varietà, Cimbas 7/1994, pp. 24-31; G. MERLINI, Un naufragio dei primi del XVIII secolo nei documenti della Chiesa Collegiata di S. Nicolò di Monteprandone, Cimbas 10/1996 pp. 44-47; G. CAVEZZI - A. SCIARRA, Naufragi ed altri accidenti di mare nei documenti notarili del Piceno (XVI-XVIII sec.), Cimbas 12/1997 pp. 5-25; A. SILVESTRO, Considerazioni intorno ad un naufragio. Emidio Murri e le sue paranze, Cimbas 20/2001, pp. 34-43.
(2) Per la pirateria si rimanda alla bibliografia annessa a studi comparsi su periodici (Cimbas, Proposte e Ricerche, Quaderni storici, Rivista Marittima, Bollettino d'archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare, ecc.) e alle opere di Anselmi, Bono, Braudel, De Nicolò, Liburdi, Rudt de Collenberg, Tenenti, Ulqini, Veccia Vaglieri, etc. Per i naufragi vedasi DESPERTHES, Storie di naufragi, voll. 3, Longanesi Milano 1979 (ristampa di opera apparsa in data imprecisata dopo il 1812 e che non appare in S. STRATICO, Bibliografia di Marina, Milano 1823 e in E. CELANI, Saggio di una bibliografia marittima italiana, Rivista marittima supplemento gen. 1894), che però tratta di naufragi avvenuti in tutto il mondo, uno solo dei quali vede coinvolto un legno italiano (Pietro Quirini, coste norvegesi 1431). Anche nei 6 volumi di G. B. Ramusio e nei collettanei dei navigatori del nuovo mondo (pubblicati da Einaudi) nulla si trova riferibile all'Adriatico.
(3) ASR, Camerlengato p. II tit. IX, b. 601 f. 3057. La citazione è tratta da una Relazione del Camerlengo a S. Santità "per ottenere la istituzione di una Scuola di nautica nel primo Circondario dell'Adriatico", che risale al 6 dicembre 1828, riportata più avanti. Non va dimenticato però che, in casi di eccezionale gravità, paroni piceni come Pasquale Guidotti dimostrarono di possedere eccezionali doti di sprezzo del pericolo e di abilità marinaresca, cfr. A. SILVESTRO, Pasquale Guidotti, un eroico parone che non curando il pericolo accorse nella tempesta a salvare due infelici Marinai già preda a certo naufragio, Cimbas 19/2000, pp. 14-19.
(4) Cfr. ASR, Ministero dell'Interno, b. 1249. fg. n. 748.
(5) Ibidem, dispaccio 354 del 21.3.1835.
(6) Ibidem, lettera n° 1820 del 2.4.1835.
(7) ASR, Camerlengato p. I tit. IX, b. 83 f. 5, lettera 2090 del 3.12.1820.
(8) Si ricordano alcuni lavori in merito: A. SILVESTRO, Un progetto di porto alla foce dell'Ete vivo a fine Seicento, Quaderni storici dell'Archivio storico arcivescovile di Fermo, n° 29/2000, pp. 39-60; G. CAVEZZI-A. SILVESTRO, Aspetti della pirateria in Adriatico. Potere o contropotere marittimo? (relazione al congresso di storia militare, Napoli 26-30 ott. 1997, pubblicata in AA.VV., Aspetti ed attualità del potere marittimo in Mediterraneo nei secoli XII-XV, a c. di P. ALBERINI, Ufficio Storico della Marina Militare, Roma 1999, pp. 29-48); A. SILVESTRO, La marineria picena dal primo Ottocento all'Unità d'Italia, Rivista Marittima, supplemento luglio 1998; G. CAVEZZI-A. SILVESTRO, Gli approdi e gli scambi via mare nel Piceno tra XIII e XIX secolo: segnali archivistici ed indizi storici, Journal of Mediterranean studies, University of Malta vol. 9, No. 1, pp. 18-33; G. CAVEZZI-A. SILVESTRO, Le barche dello Stato Pontificio nel litorale Piceno (1823-1830), Journal of Mediterranean studies, University of Malta, vol. 9, No. 1, pp. 34-50.
(9) ASR, Ministero dell'Interno, b. 1250, lettera del 05.10.1839 al Delegato Apostolico di Fermo, del 17.12.1839 al Del. Ap. di Macerata e del 15.01.1840 a quello di Ascoli.
(10) ASR, Ministero dell'Interno, ibid., lettera del 10.12.1839 del Delegato Apostolico di Fermo.
(11) ASR, Ministero dell'Interno, ibid., lettera del 06.01.1840 del Delegato Apostolico di Macerata.
(12) ASR, Ministero dell'Interno, ibid., "Osservazioni sui rilievi fatti dalle Congregazioni governative delle Provincie delle Marche, ossia delle tre Delegazioni di Macerata, di Fermo e di Ascoli sulla costruzione di un Porto nella spiaggia Pontificia Adriatica detta di Sottomonte".
(13) Per questa categoria di maestranze qualche notizia in A. SILVESTRO, Protocalafati e stazzatura delle imbarcazioni nel I circondario marittimo dell'Adriatico, Cimbas 21/2001.
(14) Per tali carte si veda ASR, Camerlengato p. II tit. 9, b. 601 f. 3056.
(15) ASR, ibid., cfr. Relazione alla Santità di Nostro Signore Papa Leone XII. per ottenere la istituzione di una Scuola di Nautica nel primo Circondario dell'Adriatico, in data 6.12.1828.
(16) ASR, ibid., cfr. il verbale della riunione consiliare tenuta il 5 novembre 1828, allegato al foglio 12806 del Delegato Apostolico in data 18 novembre 1828. Il conte Saverio Maggiori, interprete del pensiero del Camerlengo, aveva scritto in proposito la lettera 1040 del 3 ottobre. Da rilevare alcuni passi del verbale: « (...) La proposta (...) deve essere accolta da Noi con quel giubilo e quella gratitudine che merita un tanto beneficio (...) La nostra Gente di Mare non è più istruita come lo era una volta. Degli Capitani Accurti, degli Antonucci non ci resta più che la Memoria. E solo abbiamo dei valorosi Navigatori solo che qui siede fra Noi il Sig.e Amico Franchi, che oggi sente il bisogno del riposo, nè più vorrebbe alla sua perizia assoggettare i Venti e il Mare. Sappiamo di aver bisogno di ricondurre qusta gente ai proncipj, ed alla scienza della Navigazione (...) Noi che abbiamo dato all'Austria un valoroso contro-Ammiraglio dal quale Imperatore è onorato, e premiato, non sapremo ben presto quanto è il dono che ci si offre? La facilità di educare all'Arte Nautica tanta di questa Popolazione, che nella maggior parte vive dell'industria del Mare, la concorrenza dei limitrofi a questa Scuola non sarà Egli un altro utile sommo? E che ci costa di accettare questo dono? Abbiamo nella Fabrica Comunale di che fornire tutto il Locale occorrente. non ci rimane che fornir questa Scuola delle cose di pratica per costruire gl'Arredi (...) Il Sig.e Consigliere Salvadori (...) fa osservare non essere necessario un determinato Assegno annuale, ma soltanto essere necessaria la provvista degl'attrezzi inerenti alla Scuola di nautica (...) Distribuiti, e raccolti li Voti si sono trovati
Voti favorevoli N.° Diecisette - N.° 17.
Contrarj N.° Quattro --- ---- --- --- --- 4.
--- ---- --- --- --- ---- --- --- ----- ---- N.° 21
... Il Consiglio a maggioranza de' Voti ha accettato il Progetto fattogli dal Sig.e Ispettore di Marina ...
»
(17) Cfr. ASR, ibid., lettera già citata del 18.11.1828 e lettera senza numero del 20.11.1828. Da quest'ultima traiamo il seguente passo: « (.. ) nel Circondario della destra dell'Adriatico manca questa fonte d'istruzione, e a tale mancanza deggionsi in massima parte le luttuose vicende de' naufragi, che in ciascun anno si ripetono con perdita d'uomini, di effetti, e di navigli. Santa pertanto, e degna di V. E. nonche necessaria è l'istituzione d'una catedra per lo cui mezzo cessino i disordini dei naufragi, e s'ottenga l'incalcolabil bene, che la navigazione per l'istruzione auta dai Marinari non vada incontro a sì desolatrici catastrofi.»
(18) ASR, ibid., lettera con protocollo in arrivo n.° 50827 del 13.11.1829.
(19) Solo ai familiari dei pescatori periti nel naufragio della paranza S. Rocco, avvenuto il 13 novembre 1817 a Porto Recanati, la Tesoreria aveva elargito 130 scudi, v. A. SILVESTRO, A proposito di Crispino Valentini e di suo figlio Antonio, memoria presentata al 2° Seminario sulle Fonti per la storia della civiltà marinara picena, S. Benedetto del Tronto 9 dicembre 2000.
(20) In merito cfr. A. SILVESTRO, Colera, insurrezioni, pescatori e militari a Rimini nel 1831, memoria presentata al Convegno della Società di Studi Romagnoli, San Marino 22 ottobre 2000, in attesa di pubblicazione.
(21) ASR, Camerale II, Camerlengato e Tesorierato, b. 5, f. 33: ci si riferisce al periodo in cui la Congregazione speciale di Sanità subentrò al Camerlengato.

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