Malasanità in Italia, ieri e oggi

(articolo risalente al 1998 e dimenticato in un cassetto. Inedito)

Da molti anni in qua i giornali riportano spesso notizie di deficienze più o meno gravi del servizio sanitario nazionale nei riguardi sia delle strutture (ospedali, cliniche, laboratori, ecc.) sia del personale tra cui si contano parecchi operatori sprovvisti del titolo di studio, soprattutto odontoiatri ed odontotecnici che godono di un trattamento retributivo molto favorevole.
Il mantenimento della salute è uno degli obiettivi primari che ci si pone in tutti i paesi del mondo. Per raggiungerlo è necessario accedere facilmente ai servizi sanitari di vario genere e livello e trovare risposte adeguate alle singole esigenze. A volte gl'individui e le strutture cui ci si rivolge non presentano tutti i requisiti per soddisfare le nostre richieste e si verificano di conseguenza eventi dolorosi che, se il sistema fosse pienamente efficiente, non avrebbero modo di verificarsi.
Inoltre l'apparato burocratico connesso provoca innumerevoli attese, ritardi, delusioni.
Di qui l'insoddisfazione di molti utenti e le accuse di malasanità che piovono su un sistema in continua evoluzione. Evoluzione necessaria ed indispensabile, sotto certi aspetti, per stare al passo con il progresso continuo che si verifica in tutto il mondo nelle strutture analoghe. Purtroppo l'esigenza di rendere il più possibile compatibili le entrate e le uscite, cioè di far quadrare il bilancio - impresa che purtroppo in Italia sembra essere un tormentone quasi insolubile - vanifica molti tentativi di riuscire a prestare servizi soddisfacenti.
Non è il caso di approfondire i vari aspetti di questa situazione che, nelle sue linee generali, è ben nota a gran parte dei nostri compatrioti.
Si ritiene interessante, invece, illustrare quanto avveniva un paio di secoli fa nello Stato Pontificio, non tanto per mettere in luce una tradizione che si potrebbe ritenere "consolidata" visto il perdurare degli abusi, quanto per cercare d'individuare quali possano essere, pur a distanza di quasi duecento anni, gli aspetti comuni di tali preoccupanti fenomeni.
In questa sede illustreremo solo l'aspetto della liceità del titolo di studio e trascureremo del tutto i non pochi casi di cure errate che hanno provocato gravi conseguenze alla salute dei malati.
Va tenuto presente che il periodo esaminato (dalla fine del '700 al quarto decennio dell'800), è uno dei più travagliati che abbia sofferto lo Stato Romano in epoca moderna. Infatti l'invasione napoleonica sconvolge l'ordinamento territoriale e sottrae ai governanti pontifici enormi risorse poi convogliate in Francia per arricchire le istituzioni culturali di quella nazione, per rimpinguare le finanze transalpine giunte al collasso dopo le sanguinose vicende della rivoluzione, per arricchire una schiera infinita di approfittatori calati in Italia e negli altri paesi europei al seguito dei generali francesi o per fornire l'indispensabile sostentamento ai soldati ed agli impiegati venuti d'Oltralpe.
Quando Pio VII riprende possesso del Patrimonio di S. Pietro e il cardinal Consalvi avvia il processo di modernizzazione e di miglioramento delle strutture burocratiche statali, ci si accorge che il numero di medici e chirurghi condotti, farmacisti, ostetriche e flebotomi è insufficiente a coprire i posti a disposizione.
Mentre il governo cerca con provvedimenti di vario genere di attenuare gli effetti negativi di questa situazione sulla salute della popolazione, la carenza di sanitari favorisce gli abusi messi in opera da individui spregiudicati.
Laureati che non hanno completato l'iter formativo previsto dalle leggi con l'indispensabile periodo di applicazione; studenti che non hanno portato a compimento il ciclo di studi; persone che mai si sono applicate a studi di medicina ma che hanno percepito chiaramente la convenienza di spacciarsi per medico, chirurgo, farmacista od ostetrica si procurano diplomi e certificati falsi e si presentano ai concorsi per l'assegnazione delle condotte. Molti di essi ottengono il mandato.
Si ricordi che a quei tempi l'assunzione dei sanitari avveniva principalmente attraverso la scelta effettuata dalle amministrazioni locali tra un gruppo di aspiranti che veniva convocato quando chi occupava la condotta cessava dall'incarico per propria scelta o per giubilazione (pensionamento) o per invalidità o per morte prematura. La nomina doveva quindi essere sottoposta al vaglio del Consiglio Sanitario provinciale e poi del Camerlengato.
Si conservano ancora all'ASR moltissimi verbali di consigli comunali dai quali appare chiaramente che la selezione, molte volte, è basata non solo sulla valutazione dei titoli posseduti dal candidato e del servizio da lui prestato in precedenza, ma anche sull'entità della spesa richiesta o sulla conoscenza diretta del candidato da parte di qualcuno dei consiglieri. Era previsto, beninteso, che ogni concorrente presentasse tutti i documenti comprovanti la sua abilitazione all'esercizio della professione ma, a volte, per mancanza delle carte originali, veniva presentata una copia suffragata da compiacenti dichiarazioni di colleghi, superiori e altre autorità o, addirittura, dei falsi documenti.
A giudicare da quanto risulta dalle carte consultate diecine e diecine di abusivi prestavano regolarmente la loro opera perché i controlli non erano sempre soddisfacenti.
Uno smilzo carteggio risalente al luglio del 1808 è conservato all'Archivio di Stato di Ancona (poi ASAN). Esso ci permette di conoscere le modalità con cui venivano scelti i medici e chirurghi condotti subito dopo l'annessione delle Marche al Regno d'Italia napoleonico, avvenuta il 2 aprile di quell'anno.(1)
Infatti il sindaco di Montecarotto si rivolge al prefetto Casati per avere lumi su come sostituire per un anno un chirurgo incapace.
Apprendiamo così che «I regolamenti del Regno vogliano, che li medici condotti abbiano esercizio in un determinato Circondario onde con il concorso di varie Comuni sia fissato discreto salario con sollievo de' Censiti. Il concorso si fa alla presenza degli Amministratori riuniti. Gli aspiranti devono essere laureati, ed abilitati alla libera pratica. La scelta siegue per ballottaggio, e segreta. L'atto è approvato dalla Prefettura, la quale approva anteriormente il Capitolato. In esso è singolarmente fissato l'obbligo della gratuita vaccinazione, e della gratuita assistenza alli poveri. Tali discipline però non possono aver pieno corso. Per ora accordo la fissazione d'un Medico provvisorio ad un anno, che presterà la sua opera in codesta Comune osservati gli antichi regolamenti (...) » secondo i quali basta « (...) per la regolarità dell'atto, che la elezione si faccia dal Sindaco, e Anziani, o pure vi occorre il Consiglio Comunale secondo l'antico sistema tanti giorni avanti all'elezione, la Comune pubblicava gli affissi d'Intento a chiunque voleva concorrere. I concorrenti esibivano i respettivi Requisiti. Una Deputazione ne sceglieva i migliori. Questi erano presentati alla discussione del Consiglio, il quale per suffragj eleggeva, e chi riportava maggioranza di suffragi era l'eletto (...) »
Un decennio dopo quest'episodio il Protomedico generale, residente a Roma, fa presente al Camerlengo la critica situazione sanitaria esistente a Fermo:
«Replicati e fortissimi reclami avanzati da varj Individui della Delegazione di Fermo fanno conoscere a questo Collegio Medico che nella maggior parte de Luoghi compresi in quel Distretto esistono dei Medici non matricolati ed alcuni ne anche Laureati, come ancora tanto gli Esercenti la bassa, ed alta Chirurgia, quanto la Farmacia, e l'Ostetricia sono pel maggior numero privi anch'essi de' necessarj Privilegj. A tutto ciò si aggiunge che le Spezierie non essendo state da molto tempo visitate, ritrovansi tutte in uno stato mediocre; molte nella circostanza di essere multate, e molte anche chiuse affatto. Da tutti questi abusi e disordini facilmente può comprendersi qual grave danno risulti alla Pubblica salute di quelle Popolazioni, non meno che al Loro interesse pecuniario per la vendita che dai Speziali fassi de' Medicinali a capriccio, non avendo la Tassa (...) »(2)
Il protomedico chiede al cardinale che il Delegato Apostolico di Fermo sottoponga ad accurato controllo tutti gli addetti al servizio sanitario per accertare se siano in possesso dei titoli prescritti. Poi saranno proposti i provvedimenti per sanare la situazione.
Il delegato dà immediatamente incarico a tutti i governatori a lui sottoposti di procedere al controllo e, nel contempo, fa presente che « (...) rapporto alla sorveglianza sulle Spezierie del Governo di Fermo, posso dichiarare all'E. V. R.ma che innanzi al 1808. per privilegio del Collegio Medico di questa Città, si visitavano esse annualmente da una Sua Deputazione; che durante il Regno Italico tale incombenza fù inerente alla Deputazione centrale di Sanità residente in questo stesso Capo di Provincia; che dopo il ripristinamento del Pontificio Governo, non ostante che siasi osservata una tal visita nei limitrofi Circondarj di Ascoli, e Macerata, per fatto di codesto sullod.o Collegio, pure questa Provincia non ha goduto dell'antico suo Privilegio, e non è stata fin qua sorvegliata in oggetto (...) »
A conclusione delle indagini la Congregazione Governativa provinciale presieduta da mons. A. Sanzi, delegato apostolico, e composta dai consiglieri A. Brancadoro, F. Paccaroni e G. B. Palmaroli e dal segretario generale avv. A. Orazi, il 23 febbraio si riunisce per deliberare in merito. Il conte Palmaroli fa presente che:
« (...) 1.o (...) risulta che non pochi Professori condotti di Medicina e di Chirurgia, ed anche venturieri perirono disgraziatamente nello scorso anno, al doloroso incontro del passato morbo costituzionale.
2.o Che il numero di detti Professori si ristrinse per modo, nella Delegazione in specie di Fermo, che in vano potè essa occuparsi di dare alle Popolazioni alcun medico soccorso nell'accennato incontro, quantunque vivamente reclamato.
3.o Che da detta epoca recentissima, il numero dei Professori non si è sicuramente accresciuto, restando tutt'ora scoperte alcune condotte di Medicina e di Chirurgia.
4.o Che il motivo per cui non riesce di provvedersi dette condotte di Professori nasce che, durante il cessato Governo nessuno potè laurearsi, ed in conseguenza nemeno potè conseguire il Privilegio della Matricola.
5.o Che dopo la ripristinazione finalmente del Governo Pontificio, non è che nell'attual momento, che in pendenza di uno stabile sistema sopra le Università degli Studi, si laurei provvisoriamente per Sovrano referto, nelle Città di Camerino, di Macerata, e di Fermo (...)
»
Gli altri membri della commissione sono dello stesso parere. Di conseguenza mons. Sanzi conclude la seduta segnalando « (...) doversi implorare dall'E.mo Sig. Card. Camerlengo la Deroga al pratico rigoroso esercizio per quei Soggetti che dopo Laureati avanzeranno le istanze per riportare dal Collegio Medico di Roma la necessaria Matricola .»
Nel contempo vengono inviati al Camerlengato i dati raccolti nella sola città di Fermo, subito sottoposti in visione al Protomedico Generale che esprime il suo parere: è «ragionevole quanto (...) si fa rilevare in rapporto alla mancanza de Professori Matricolati, ed alla necessità di ottenere la deroga alla Legge dell'esercizio triennale, che devesi provare essersi fatto da coloro, i quali vogliono matricolarsi (...) ».
Pertanto è «molto più incline il Protomedico Gen.le a suggerire una condiscedenza in questo caso, perchè riflette che con una tal deroga momentanea, non si viene a diminuire il rigore dell'esame che dovrà subirsi da coloro, i quali concorrono alla Matricola, poichè se in quello non si ravviseranno idonei, non verranno affatto abilitati all'esercizio, nel che non è ideabile alcuna dispenza, ne ammissibile alcuna condiscendenza, la quale ridonderebbe in danno della pubblica sanità, essendo meno dannoso ai Popoli il non avere alcun Medico o Chirurgo, che aversi degli imperiti e mal pratici.»
Di conseguenze il 21 marzo il porporato scrive al delegato fermano e «promette di pregare il S. Padre a derogare per questa sola circostanza all'esercizio pratico di tre anni dopo la Laurea per ottenere la Matricola» e conclude così: «In vista pertanto di questa mia deliberazione potrà V. S. Ill.ma rassicurare le diverse Classi dei sud.i Professori mancanti di Matricola, nella continuazione dell'arte salutare provvisoriamente, e finchè avrò implorata l'annuenza Sovrana per la desiderata deroga.»
Intanto il protomedico, esaminati i dati di Fermo e rilevate alcune discordanze con quelli in suo possesso, dà alcune disposizioni particolari perché vengano effettuati ulteriori controlli su due medici e sospesi immediatamente gl'individui sprovvisti di laurea. Anche queste segnalazioni vengono fatte proprie dal Camerlengo che incarica il delegato di Fermo di sanare la situazione. Di conseguenza un certo dottor Fusani, nonostante le sue dichiarazioni confermate dal dottor Catalini, non riesce a dimostrare di essersi laureato e viene sospeso.
Inevitabile, in situazioni del genere, l'insorgere di conflitti tra esponenti della stessa categoria o di categorie affini (medici e chirurghi), tra pazienti e sanitari, tra amministratori pubblici e incaricati della condotta. Alla base di queste contese in genere si pongono motivi d'interesse economico interconnessi al protagonismo, alla gelosia professionale, all'invidia, al desiderio di affermare la propria personalità a danno di altri, etc., come nel caso di due farmacisti di Castelfidardo, G. Valerj e F. Marchetti.(3)
Dai carteggi conservati all'ASR traiamo alcuni esempi.
Nel gennaio 1821 un certo Francesco Mancini di S. Vittoria «rappresenta essersi portato alle Grotte a Mare Delegazione di Fermo, e di aver' trovato quella Popolazione priva del Professor' di Chirurgia esercitando un tale impiego quel medico condotto, per lo spazio di un mese e mezzo a questa parte, come anche viene esercitata al presente senza dare ascolto all'Editto dell'Eminenza V.ra R.ma (...) gli' ne avanzo la notizia sincera onde venga quel medico condotto Sig.r Passarini multato.»(4) Ma la cosa non dipende dall'arbitrio del Passarini. Infatti il 13 febbraio la delegazione di Fermo comunica a Roma che «avendo il Professore Filippo Roccetti abbandonata quella Condotta Chirurgica, l'attuale Medico si occupa soltanto in beneficio di quella Popolazione della bassa Chirurgia, giacchè per le altre operazioni estranee al di Lui istituto egli fà accedere per proprio di lui conto un'abile Chirurgo, a forma dell'obbligazione assunta verso quella Magistratura.»
Di diversa natura il caso del dottor Raffaele Tassi, designato nel 1817 medico condotto a Marano ed accusato di essere sprovvisto dell'abilitazione.(5) Egli fa presente che due sediziosi del paese lo vessano e che «a far tacere i loro reclami diretti persino al Collegio Medico di Roma, alla S. Consulta, ed altre Superiorità, avanzai le mie istanze al collegio medesimo onde movere i casi per l'acquisto di esso Privilegio. Mi furono oggi trasmessi dietro deposito di scudi 08= 80= a Monsig.r Vicario Generale di Ripatransone.» Lo stesso delegato di Fermo interviene presso il Camerlengo a favore di Tassi perché «nell'affluenza indicibile delle malattie in quasi tutta questa Delegazione, e d'altronde nella penuria grande de' Medici, non è questo il tempo di andare con estremo rigore, ed è per questo, che io mi fo a supplicare l'E.mnza V.ra, onde voglia coll'autorità sua sanare qualunque difetto, ed ammettere al d.o concorrente la bramata matricola.»
La cosa suscita la reazione del protomedico: «Una volta si criticava dalle Persone male intenzionate contro il Colleg.o de' Medici di Roma, chè laureavano, e matricolavano delli Somari per sola avidità di lucrare con grave danno de' poveri Infermi adesso poi al contrario si dice , che per avidità del danaro si và con troppo rigore, riggettando per questo principio anche delle Persone abilissime per soggettarli à nuove spese. Se prima dunque era una vergognosa impostura, adesso è una mera Calunnia.»
Tra il 1815 e il 1817 le ispezioni effettuate nelle varie provincie da delegati del protomedico generale di Roma fanno emergere che «le diverse Commissioni Sanitarie stabilite in varie Città dello Stato Pontificio presiedute dai Delegati si arrogano la facoltà di rilasciare Patenti in Chirurgia, Ostetricia e che per conseguenza tutti i Patentati di Esse si sono con atti d'insubordinazione ricusati di presentarsi al d.o Vice-Protomed.co.» nonostante che siano «tutti questi Atti irregolari, e nulli per essere in opposizione a quanto dispongono tutte le Bolle Pontificie a questo riguardo.»(6) In particolare «in quanto alle Matricole, i molti scassi che si ritrovano sono nel Camerinese, Montalto, Fermo, ed Urbino, le quali Facoltà Mediche continuano a matricolare i loro Allievi. Ancona si arroga questo dritto, ma non è così di Macerata, la quale ha deposte interamente le sue passate facoltà.»
Qualche anno dopo, nel 1821, un'indagine sulla situazione sanitaria promossa nel governo di Palombara, distretto di Tivoli, mette in luce «che riguardo al Medico di Monteflavio, e Montelibretti si osserva un poco moderato nell'abbuso del vino, ma non corretto come dovrebbe essere; Il Figlio poi sebbene, per quanto sia à mia notizia, non ricetti, in mancanza del Padre si presta à fare qualche visita agl'Infermi, e nel ritorno del suo Genitore riferisce.»(7) Inoltre, a proposito dei sette farmacisti esistenti, quelli di Monterotondo (uno), Montelibretti (uno) e Palombara (tre) godono di buono od ottimo credito mentre quelli di Monteflavio e Moricone sono "di poco buon nome".
Ricordiamo in breve alcuni altri casi:
- nel 1825 il settantacinquenne Saverio Nardinocchi di Lama chiede di poter continuare ad esercitare l'attività di medico condotto che ha svolto per quarant'anni con piena soddisfazione delle autorità e della popolazione nonostante sia sprovvisto di laurea. Per i suoi meriti ottiene la conferma per tre anni, purché rimanga nel paese. Allo scadere del termine ottiene altra conferma e così fino al 1833 quando gli si riconosce il merito di non aver preso parte ai moti rivoluzionari del 1831!(8)
- il chirurgo Vincenzo Moriconi ha esercitato la professione a Jesi per 18 anni pur sprovvisto della matricola. Dopo la promulgazione della costituzione Qua divina sapientia si trova nell'impossibilità di proseguire l'attività. Perciò implora il Camerlengo di concedergliene possibilità: la potrà ottenere dopo il superamento di un esame di fronte alla commissione sanitaria locale.(9)
Oggi la situazione del personale è radicalmente mutata perché v'è un eccesso di medici ed i giovani laureati stentano a trovare lavoro. Tuttavia non sono pochi i praticanti sprovvisti di titolo di studio. Per i paramedici, invece, spesso è difficile colmare i ruoli organici.

Note
(1) - ASAN, Fondi delegatizi, tit. XXV, Sanità, b. 1425.
(2) - Archivio di Stato di Roma (poi ASR), Camerlengato p. II tit. VII, Sanità, b. 65.
(3) - ASR, Camerlengato p. II tit. VII, Sanità, b. 356 f. 2714.
(4) - ASR, Camerlengato p. II tit. VII, Sanità, b. 65.
(5) - ASR, Camerlengato p. II tit. VII, Sanità, b. 67.
(6) - ASR, Camerlengato p. II tit. VII, Sanità, b. 65. Sulla base di un fascicolo conservato in questa busta risulta che anche in Ascoli Piceno intorno al 1819 esistesse una Università autorizzata a concedere lauree in filosofia e medicina.
(7) - ASR, ibid.
(8) - ASR, Camerlengato p. II tit. VII, Sanità, b. 356.
(9) - ASR, Camerlengato p. II tit. VII, Sanità, b. 373 .

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