Ancora sul Consolato Pontificio in Fiume

(Cimbas n. 14-1998, pp. 1-11)

Era appena uscito il numero 13 di Cimbas che, trovandomi a Grottammare, ne portai una copia all'amico Vittorio Rivosecchi, il quale mi accolse sventolando un'antica carta del 1706, appena reperita ed acquistata sul mercato antiquario, giuntavi da origine ignota. Vi si parlava del console pontificio a Fiume e di un capitan Giosafat Ravenna. Mi chiese chi potesse essere interessato a conoscerla, se Gabriele o io, al che risposi che, proprio in quel fascicolo, appariva un mio articolo che trattava quella materia, ma riferita a settant'anni più tardi. Naturalmente la lettera sarebbe stata molto utile per anticipare di quel lasso di tempo l'origine dell'ufficio consolare a Fiume e per chiarire alcuni importanti particolari. Così Vittorio me ne fece subito una copia, che qui trascrivo, ringraziandolo della sua disinteressata e generosa collaborazione.
«All'Ill.mo Sig.re P.ron Col.mo il Sig.r.
Alessandro Maggiori.
Porto di Fermo.
Mi fù resa questa mattina la gratis.ma di VS Ill.ma di 5 stante con l'aclusa risposta del Sig.r Pietro Antonelli havuta da Roma concernente la desiderata Patente del Consolato della Navigatione Papalina, dalle quali vego la brama tiene il Sud.to Suo Sig.r Corrispondente, che li fusse spedita la Patente del mio Precessore. Sopra di che devo renderla informata che per il passato in questi lidi Austriaci per il pocco trafico che correva, niuna Natione de Naviganti hebbe in questa Città il suo Console, Mà da dodici anni in qua che il negozio cominciò a fiorire, la Natione di Malta Creò il suo Console, la Veneta il suo distr et la Ragusea il suo apartato, à ciascun de quali incombe protteggere, assistere è deffendere da qualunque ingiustitia et oppressione li naviganti soggetti al suo Consolato; à imitatione de quali per ovviare alli continui littiggi, stancheggi è torti che sperimentavano li Naviganti Fermani, quelli delle Grotteamare, Anconitani, Senegagliesi, è Pesaresi, al numero di 22, Messero la mia persona per loro Console sottoscrivendosi tutti, à tal ellettione fatta, in contemplacione della quale, quanto hò operato à favor del Cap.n Giacomo Agnelli quando quest'inverno passato processato per contrabando de Sali, li fu sequestrato il denaro del Charico di Sali; hò fatto liberarli il denaro medemo et assolverlo,come il medemo lo può attestare; Quanto hò fatto per Cap.n Carlo Pasqualino, lo narri il stesso, che essendoli stato sequestrato è condotto in Fiumara il Bastim.to con le Mercantie, con attual aresto della Sua persona et del Saverio Rochi suo scrivano in questo Ces.eo Castello, con mia industria un'è l'altro in una notte furono liberati, et il bastim.to con tutte le mercantie salvato, et successivam.te per opera mia rimesso alla pristina libertà esso Cap.n Pasqualino; come mi sono sbraciato per Antonio Ferri da Senegaglia, al quale ingiustam.te pretesero li dacieri del vino prendere in contrabando la Barca è sostanze, fabricandoli un processo calunnioso contro, lò dica lo stesso, come lo feci per sentenza assolvere è liberare, è nelle spese condannare li medemi dacieri; non narro le molte controversie incontratte con questi Mercanti, dalli Naviganti Papalini, da me sopite con vantaggio di questi, per non difondermi in tediosa lungezza, lasciando il racconto à medemi. Per poter dunque con maggior vigore è mio decoro continuar la prottettione et assistenza necessaria, alli Naviganti della Natione Papalina, bramarei la Patente da Roma, è per quanto vengo informato intendo dispensarsi queste dall'Emin.mo Cardinale Patrone Che se bene in Fiume et altri luochi circonvicini Imperiali sin qui la Natione Papalina non hebbe alcun Console, come tampoco l'altre Nationi, quali l'introdussero à loro necessario solievo avanti dodici anni in circa solam.te; cosi li 22 Naviganti Papalini havendo voluto per loro vantaggio è necessaria prottettione ellegere la mia debolezza, hò voluto prendere confidenza di pregarla farmi tenere una Patente da Roma ove son certo tiene mezi efficaci, bramoso di sapere solam.te che spesa vi vorebbe, per poter avanzar à V.S. Ill.ma il bisogno; Se poi vorà la copia autentica del Consule Veneto, Maltese, ò Raguseo di Fiume per potersi diriger con questa, al minimo suo avviso gli la spedirò; condoni l'incomodo è m'honori con suoi ambiti comandi à quali mi troverà sempre pronto è favorevole riverente resto.
di V.S. Ill.ma
Fiume li 8 luglio 1706.

P.S. Cap.n Giosafat Ravena hà scaricato et à momenti è di partenza. Suo Fratello è stato preso dalle fuste Venete, si è però scritto all'Ecc.te Camera, che comandassi al Prencipe Ambasciatore Hercolani instare per la liberatione del medemo; et è stato fatto instrom.to di vendita d'esso Bastim.to in facia del Paron Nuncio Tricarico Fiumano per facilitar la liberatione del prefatto Bastim.to è consigliarei far aparir le vendite di tutti quelli bastim.ti che sogliono capitar in questi litti imperiali "con oglio è sale", in faccia di Sudditi Imperiali, per liberarsi dall'insidie di legni Veneti; il Cap.n Agnello s'attende à momenti da Segna, per ritornar al Porto di Fermo; il Cap.n Antonio Costantini è assiduo alla fabrica del Novo Bastim.to et Cap.n Carlo Pasqualino è rissolto partir questa sera.
Dev.mo Oblig.mo Ser.e
Gio: Batta Pet.lo Fiorini
»
Trascriviamo anche alcune scritte che appaiono sul foglio, vicino all'indirizzo:
«1706
Gio Batta Fiorini
Fiume .8. Luglio 1696
Bartolini p. risposta d. c. d. G. 1669
Bevilacqua p. giuseppe maria d. c. d. G
.».

Probabilmente la prima nota si riferisce alla materia trattata, la seconda e la terza alla decretazione del capo ufficio (probabilmente il governatore) e la sigla potrebbe significare "di conto del Governatore". I numeri, più che a numeri di protocollo, sembrano riferirsi ad anni. Se così fosse, ciò significherebbe che già 10 e 37 anni prima la questione della rappresentanza consolare in territorio austriaco per i marittimi pontifici era stata trattata a Fermo ed a Roma.
Dal testo della lettera appare che:
- nulla si dice della persona di G. B. Fiorini, a proposito del quale non abbiamo ancora rinvenuto altre notizie;
- i primi consolati di nazioni straniere a Fiume furono creati dai governi Maltesi, Veneziani e Ragusei intorno al 1694;
- quello pontificio, di pochi anni posteriore, scaturì dall'iniziativa di 22 paroni marchigiani (Fermani. Anconetani, Grottammaresi, Senigalliesi, Pesaresi). Tale circostanza può farci comprendere come, 70 anni più tardi a Trieste, siano ancora i paroni marchigiani, e tra essi in prima linea i grottammaresi, a muoversi per reclamare la sostituzione di un console a loro sgradito;
- successivamente il console pontificio ritiene opportuno ricevere la patente governativa, e implora Alessandro Maggiori di fargliela ottenere, mettendo in risalto i benefici effetti della sua attività. Non è però in grado di inviare a Roma, a Pietro Antonelli, la patente del suo predecessore, che non esisteva. In sostituzione, e per analogia, fa presente che potrebbe inviare quelle dei consoli di altre nazioni;
- è indubbio, sulla base di quanto riferito dal Fiorini, che vi fosse necessità di difendere gli armatori, i paroni e i mercanti pontifici, sia dall'aggressività dei Veneziani, che si compartavano in modo piratesco, sia dalle prepotenze dei funzionari imperiali;
- già in quest'epoca, si fa cenno alla simulazione di bandiera da parte della marineria pontificia, esigenza che si manifesterà chiaramente nell'800;
- sarebbe opportuno indagare in diversi fondi archivistici (Vaticano, Roma, Trieste, Fiume, Senigallia, Ancona, etc.) per chiarire maggiormente il quadro fornitoci da questa lettera; - la famiglia Ravenna, di Grottammare, era dedita al commercio marittimo: il Giosafat qui citato - probabilmente nonno dell'omonimo personaggio, cui abbiamo dedicato uno studio di prossima pubblicazione, vissuto da metà '700 circa fin verso il 1830 - era capitano mercantile ed aveva un fratello, pur esso navigante.

Quel che sappiamo della famiglia Ravenna
Poche notizie relative ai Ravenna sono state fino ad oggi tramandate ai posteri.
In considerazione che le famiglie di Francesco e Giuseppe Ravenna appaiono in carte d'interesse marinaresco ancora nell'800 inoltrato, e di esse abbiamo già dato qualche cenno in varie occasioni ed altri ne daremo, dopo aver riportato un estratto del libro delle anime della parrocchia di S. Giovanni Battista di Grottammare del 1827-28, ci soffermiamo soprattutto sul Giosafat, vissuto a cavallo del ''700 ed '800, personaggio che, stando a quanto riferiscono storici locali, avrebbe goduto di buona fama vita natural durante. Per distinguerlo dal suo avo omonimo, chiameremo questi Giosafat primo, e lui Giosafat secondo.
Dallo stato delle anime risulta che in Grottammare abitano tre nuclei familiari di cognome Ravenna, due al nuovo ed uno al vecchio incasato, i cui legami di parentela al momento non ci sono del tutto chiari: appena possibile faremo ricerche in merito.
Nel paese antico risiedono: «Ravenna Sig. Giosafatte Franco Vincenzo qm Giacomo Ant.° 1 aprile 1749; Marianna qm Lorenzo avv. Cordella moglie, Fermo; Niccola Giacomo figlio 18 Xmbre 1791; Giacomo Vincenzo Maria figlio 25 luglio 1798; Pietro Giacomo Luigi figlio 30 aprile 1786; Maria Angelica sorella del Sig.r Giosafatte 5 7mbre 1747; Sig. Filippo figlio del Sig.r Giosafat; serva Elisabetta del qm Nicola Baldassarri.»
Il sito dove era posta l'abitazione risulta approssimativamente da un documento del 1822 conservato all'ASR: «unita alla Chiesa Matrice evvi la casa del Sig.r Conte Gio. Batta Palmaroli in quest'anno ingrandita, e ricostruita con elegante architettura interna ed esterna nelle rispettive facciate, ed ha cinque piani: sotto l'abitazione del Sig.r Agnelli evvi quella del Sig.r Giosafat Ravenna a tre piani, che fù da cinquant'anni a questa parte ingrandita, e riordinata, ed a cui è annesso un piccolo giardino».(1) .
Clotilde Elisabetta Ravenna, figlia di Giosafat, nata il 24.04.1793 ma non censita nella famiglia paterna, è moglie dell'avv. Ludovico Nardinocchi, uno dei più noti ed attivi legali della zona, all'epoca. Una sorella di Giosafat ha sposato il tenente G. Battista Bernardini, uno dei maggiorenti locali, del quale abbiamo già discorso in altre occasioni.
Alla Marina, invece abitano:
«Ravenna Giuseppe qm Pasquale 19.1.1759; Lavinia qm Basso Nicola Tirabassi moglie, S. Andrea; Ignazio figlio 23 ottobre 1792; Sig. D. Filippo Pio 7 ottobre 1794; Pasquale Marone figlio 11 maggio 1797; Giacomo Vincenzo figlio 28 novembre 1784; Sig.ra Catarina Maria qm Ant.° Giammarini moglie 11 maggio 1786; Francesco Saverio figlio 23 giugno 1821; Lavinia Maria figlia 30 aprile 1824; Giuseppe Girolamo; serva Vergilia Travaioli»;
«Ravenna Sig. Francesco Antonio qm Pasquale 8 ottobre 1765; Sig.ra Costanza Angela qm Gio. Bernardini moglie 2 ottobre 1770; serva Domenica Capriotti».
G. B. Mascaretti ricorda: «Sono ancora calde le ceneri di Giosafat Ravenna, il quale sorto da famiglia proveniente da Savoja, dopo i primi studi fatti nel Seminario diocesano, passò alle scuole della Compagnia di Gesù a Fermo, d'onde uscì erudito e religioso cittadino. Uomo di cospicui talenti, e doviziosamente fornito di virtù sociali, ebbe intime relazioni con Porporati, e altri personaggi distinti per dottrina e dignità. Occupatosi in oggetti riguardanti la pubblica economia, meritò la sovrana adesione: fu versatissimo nelle cose spettanti all'agricoltura, ed a' concittadini, per i quali ardeva di patrio amore, presentò occasioni di sommo giovamento»;(2)
Secondo A. M. Aloysi, si tratta di una «famiglia oriunda dalla Savoia e passata a Grottammare sui primi del XVIII secolo. Giosafatte fu celebre erudito nella pubblica economia e nella agricoltura di cui lasciò importanti trattati. I Ravenna dettero vivo impulso ai traffici e commerci locali, e si distinsero per la pietà che li spinse a riportare dai loro viaggi fanciulli turchi che battezzarono e protessero. Il nome si è estinto nella Famiglia Ghezzo».(3)
I Ravenna hanno interessi anche a Roma dove risulta che Francesco, con compagni da nominarsi, ottiene l'appalto per la vendita di neve e ghiaccio nella capitale e nel territorio che circonda la città per 60 miglia.(4)
Nel 1700 Raimondo Ravenna fa presente al Prefetto del Buon Governo di aver «esercitata l'esigenze delle rendite della Comunità di d. luogo ... e reso esattissimo conto alli revisori di d. Comuinità à tall'effetto deputati», in occasione di una vertenza relativa agli onorari del medico di Grottammare.(5)
***** tra il 1713 e il 1715, F. Maria, fratello di Pietro, e Raimondo concorrono all'appalto della neve e partecipano ad altre attività commerciali.(5) *****
Giosafat secondo è un uomo sicuramente agiato, proveniente da una famiglia attiva in campo armatoriale e socialmente posta tra quelle che vivono more nobilium come, indirettamente, risulta da un breve papale con cui si concede a Francesco Ravenna ed ai suoi familiari l'autorizzazione di far celebrare funzioni religiose nella cappella domestica.(6)
E' presente nella rappresentanza comunale, come altri suoi congiunti.(7) Partecipa alla vita amministrativa pubblica come coadiutore e vice-rassegnatore delle tratte dei grani - figura che si confonde con quelle di agente del fisco e di promotore del benessere della gente - dal 1803, dopo la morte del predecessore Francesco Scoccia, in carica dal 1783 al 1801. Tra le sue funzioni, infatti, oltre al controllo dei quantitativi del cereale sbarcato od imbarcato nel porto di Grottammare, v'è anche l'emissione delle bolle relative alla molitura del grano, base di pagamento per la famigerata tassa del macinato. Non vanno poi trascurate le connessioni della sua carica che, tra l'altro, gli consentono di svolgere un'azione d'indirizzo nella scelta del mulino cui rivolgersi, apparentabile ad uno stimolo alla concorrenza.(8)
Tenuto conto dell'importanza che ha allora il pane nell'alimentazione degl'individui l'esercizio di tale funzione può riservare cospicui margini d'interesse per un operatore disinvolto. Nel 1792 Giosafat tenta, senza successo, di ottenere la nomina di console pontificio a Fiume, in sostituzione del compaesano F. S. Giammarini. Il prescelto sarà Giacinto Cordella, della nobile famiglia fermana dalla quale proviene la moglie di Ravenna.(9)
Intorno al 1790 Giosafat cerca di ottenere la concessione di una miniera di carbone nei dintorni di Loreto.(10)
Risale al 1805-1806 una sua richiesta alla R.C.A. di poter sfruttare «una miniera non di carbon fossile, ma di pece minerale, che l'offerente chiama catrame, e questo suppone di averla trovata non in Pesaro, ma a Civitanova.»(11) Si tratta, in effetti, di un giacimento già noto da tempo, di proprietà Sforza Cesarini. In considerazione del fallimento dei precedenti tentativi di sfruttare tale risorsa, Giosafat pretende, ed ottiene, delle condizioni molto favorevoli ma, anche se il carteggio consultato non ne tratta, sembra che l'impresa non abbia avuto successo.
Il suo operato, per quanto risulta dalle poche carte rintracciate negli archivi romani, non sembra possa definirsi del tutto scorretto, anche se qualcosa di poco chiaro si avverte e, almeno in due casi, si presta a serie critiche.
Il 30 settembre 1804 Giosafat scrive alla R. C. A. per chiedere se debba, o non, pagare il canone per l'enfiteusi di una penisola generatasi a Grottammare, come relitto di mare ma ora soggetta a forte erosione. Anni prima ne ha ottenuto la concessione dalla città di Fermo e si è obbligato a versare ogni anno una libbra di cera alla cappella priorale. Adesso teme di effettuare due volte lo stesso pagamento.(12)
Interpellate, il 9 novembre le autorità fermane rispondono a Roma che, per i primi due anni, Ravenna era tenuto a consegnare una libbra di cera l'anno mentre, per gli anni successivi, dovrà corrispondere dieci paoli ogni anno. Tuttavia, sono già trascorsi nove anni ed egli non ha ancora pagato nulla. Con l'occasione, viene ribadito il pieno diritto della città di Fermo, che versa un tributo annuo alla R. C. A., di fruire dei relitti di mare lungo tutta la costa del Fermano.
Il 21 dello stesso mese la Camera prepara la risposta: «Da quanto V. S. mi rileva ... conosco bene che il S.r Ravenna con mendicati pretesti cerca di ritardare il dovuto pagamento del canone. La difficoltà, ch'egli affaccia non dava luogo al quesito propostomi. Partecipi dunque a cot.(esti) comunisti, che potran'affidargliene la giusta soluzione facendo valere giudizialmente il proprio diritto per l'accettaz.e della devoluz.e dell'enfiteuitco terreno».
Dalle carte consultate non appare quale sia stata la soluzione della vicenda.
Il 6 novembre 1817 un agente commerciale romano, Antonio Battistoni, chiede al Camerlengo di costringere Giosafat Ravenna a versargli scudi 14,30, dovutigli da tempo, o di consentirgli di citarlo in giudizio.(13)
Con una lettera del 27 novembre Ravenna promette che salderà il debito, non appena avrà recuperato un credito vantato nei confronti di G. B. Onorj di Pedaso, acquirente di frutta del suo giardino. Con l'occasione fa presente la sua triste condizione economica: «Sono da tre liti per riscossione, e dalle spese domestiche, e dalla pessima raccolta così esausto di denaro, che ha obbligato il sopradetto a ricorrere dall'E. S. per avere il suo Onorario. Se la carica di Rassegnatore mi facesse avere le giuste mie propine, che mi si negano da Negozianti favoriti dalli Ministri Doganali, che permettono gl'imbarchi de generi a me appartenenti, ella non avrebbe avuto il disturbo del reclamo contro di me, che da un tempo lungo ho esposto le mie querele, e che sostengo la quarta lite contro Marcatilj, che ricusò sempre di pagare le mie propine ... »
La promessa non viene mantenuta. Ai primi di gennaio Battistoni, per ottenere soddisfazione, si rivolge nuovamente al card. Pacca che, il 14 gennaio, scrive al governatore di Grottammare, Giovanni Tassoni, perché costringa il debitore a pagare il dovuto.
Il 26 Tassoni invia a Roma una lettera di Ravenna, del 24 dello stesso mese, utile per conoscere in quale disagevole situazione egli si fosse venuto a cacciare: «I notificatemi rimproveri dell'E.mo Pacca mi sono giustamente pesanti; ne nasconto di avere riscosso porzione di q.lla somma, che avevo destinato per il mio agente: un'imperioso bisogno, e la lusinga d'avere altra somma, hanno causato il disturbo, anche all'E.mo Camerlengo. Sollecito il rimanente credito a realizzarlo, per indi farne la spedizione all'Agente. Se l'E.mo conoscesse le circostanze di mia famiglia, in questi momenti, mi compassionerebbe, e sospenderebbe qualunque minaccia; la più sollecita spedizione, che dovrebbe essere per la seconda settimana di Quaresima mi farà riacquistare la grazia del Porporato ...»
Nel momento in cui il nuovo Incasato di Grottammare è ormai avviato con sicurezza verso l'espansione e verso la preminenza sul vecchio agglomerato comunale, il 29 gennaio 1805 Giosafat acquista una buona quantità di terreno alla marina, per tentare di avvalersene vantaggiosamente nella assegnazione dei lotti fabbricabili. L'impresa non gli riesce in quanto gli si oppone, con tenacia e durezza, il conte Eufemio Vinci, deputato dell'apposita commissione governativa, il quale nel 1824 riesce ad ottenere l'annullamento del contratto presso il tribunale romano.(14)
Quando il grottese Pietro Tognani si propone come coadiutore del vice rassegnatore dei grani, il Camerlengo risponde negativamente, anche perché un incarico del genere era stato erroneamente conferito ad un certo Angelantonio Cafini di Pescara, e loda il Ravenna: «Fin da tempo antico il S.r Giosafat Ravenna di Grotte a mare con Patente del Camerlengato gode l'impiego di Rassegnatore per il caricatore stesso di Grotte a mare, nel disimpegno di tale impiego si è sempre tanto bene, e lodevolmente condotto, che ha meritato ultimamente d'essere da me confermato nel med.° impiego. Non può dunque aver luogo, ed effetto senza taccia d'ingiustizia, la patente a lei conferita per un simile impiego sotto il dì 20 del prossimo passato settembre ... »
Tuttavia, per quanto traspare dalla corrispondenza che segue, la famiglia di Giosafat non è del tutto gradita ai governanti. Infatti Pietro Tognani, cercando di affiancarglisi nella carica di vice rassegnatore, «che attualmente esercita il Ravenna di molta età», con la prospettiva di sostituirlo al momento della morte, non esita a scrivere parole certamente interessate, ma indubbiamente dure: «attesi i comportamenti di d.a Famiglia l'E. V. non si è degnata di confermargli la Patente».(15)
Probabilmente le simpatie di Nicola Ravenna per i carbonari erano note anche ai compaesani, a meno che non ci fosse dell'altro, come si potrebbe ipotizzare sulla base di un giudizio di Francesco Giannini, Governatore di Grottammare nel 1827, che ritiene Nicola un componente «di queste primarie Famiglie, che sempre si è trattata con lustro anche maggiore dei tempi presenti, avendo sofferto nella domestica economia, attesa la numerosa Figliuolanza. La di lui Madre è una Dama Fermana della Nobile Famiglia Cordella».
Giannini, più avanti, si esprime poco chiaramente: «la qualità richiesta di pubblico sensale penso possa avere analogia coll'impiego di pubblico Rassegnatore degl'Imbarchi ... esercitato dal defonto di lui Genitore ... ora in età decrepita, e cadente». Sembrerebbe o che Giosafat sia morto recentemente o che sia ancora vivo, pur decrepito a 78 anni.
Secondo Mascaretti, nel 1841, le sue ceneri erano ancora calde; lo stato delle anime del 1827-28 lo riporta in vita: il libro dei morti o altri libri delle anime posteriori a quegli anni potrebbero chiarire tali dubbi.(16)
Del tutto ignoto, nonostante le affermazioni di Mascaretti e Aloysi sulle sue conoscenze in campo economico ed agricolo, sembra essere il suo tentativo di assumere i panni del moralizzatore e del risanatore della pubblica amministrazione, nonché del bonificatore, come risulta da un fascicolo conservato all'Archivio di Stato di Roma.(17) Infatti il suo nome non viene mai citato tra quelli dei riformatori dello stato pontificio.(18)
Molto probabilmente il progetto, cui tanto tiene, non ha successo, perché non vi sono altre sue lettere. Né si può presumere che ve ne sia traccia in qualche archivio pubblico, poiché si tratta di una corrispondenza privata, che Ravenna vorrebbe considerare riservata. Non possiamo però escludere del tutto che un fondo di carte proveniente dalla famiglia Ravenna possa essere confluito in una qualche raccolta o che nell'ASV vi sia qualche foglio connesso a tali lettere.
Non vi sono neppure lettere di risposta indirizzate a Ravenna ma soltanto alcuni appunti su un foglio conservato nello stesso fascicolo, con l'indicazione delle date, in stretta relazione con quelle delle lettere spedite da Grottammare. Essi ci fanno comprendere come siano andate le cose e, perciò, riteniamo utile trascriverne una parte (19):
« 10 sett. 1816 Grott'a Mare Ravenna Giosafat Vice Rassegnatore Suppone dei Maneggi per l'Appalto dei Sali e Macinato, ed esibisce di fare dei rilievi in proposito»
« 25 d.° Al Ravenna che la Notificaz.e di Mg. Tes.e dà libero campo a discorrere sul Macinato e che se vuol fare dei rilievi, lo eseguisca con un suo rapporto»
« 10 Ott.e = Osservaz. = Il rapporto trasmesso nulla presenta di riguardo onde»
« 16 Ott.e 1817 Grott'a Mare Gonfaloniere reclama C.a l'Appaltat.e del Macinato che si ricusa di rilasciare al Fornaro Comunale le consuete Bollette a seconda della quantità del Grano che manda al Molino, e che pretende darne una sola»
«22 d.° A Mg. Deleg. che oblighi l'Appaltat.e a rilasciar le bollette a proporzione del Grano che porta a macinare il Fornaro Comunale»

Note
(1) Citazione tratta da M. GENGA-A. SILVESTRO, Grottammare, stagioni d'architettura, Ascoli Piceno 1995, p. 32.
(2) G. B. MASCARETTI, Memorie istoriche di Grottammare, Ripatransone 1841 (ora anche in V. RIVOSECCHI, a c. di, Grottammare, percorsi della memoria, Grottammare 1994, pp. 85). Si ricordi che nel 1794, a Grottammare, mons. Bartolomeo Bacher (vescovo di Ripatransone), Carlo Raimondo Marchetti e Carlo Travaglini avevano promosso la fondazione dell'Accademia dei Risvegliati del Tesino dove, probabilmente, oltre a coltivare le lettere, ci si occupò anche di altre discipline tra cui l'agraria, in cui Bacher era particolarmente versato. In merito cfr. S. ANSELMI, Un vescovo agronomo. Bartolomeo Bacher, Quaderni storici delle Marche 5/1967, pp. 238-287. Non abbiamo notizia sulla partecipazione di Giosafat Ravenna a tale iniziativa.
(3) A. M. ALOYSI, Grottammare (Cuprae Fanum), Grottammare 1951, p. 98 (ora in V. RIVOSECCHI, a c. di, Grottammare ... , op. cit., p. 226).
(4) Cfr. ASR, Camerale II, Neve e ghiaccio, b. 3.
(5) Cfr. ASR, Buon Governo, s. II, b. 1932.
(6) Cfr. ASV, Segreteria dei Brevi, Pio VII, giu. 1804, p. I, n° 79, ff. 319-321, 332, 333, 355 v: ai fratelli Francesco e Giuseppe Ravenna alle rispettive mogli Costanza e Lavinia, con estensione alla madre Lavinia ed ai figli e nipoti conviventi. Si trascrive il testo del certificato del vescovo ripano Bartolomeo Bacher: «Universi notum facimus, atque testamur, D.num Franciscum Ravenna ex primoribus Familiis Terrae Cryptarum ad mare nostrae Ripanae Dioecesis plura fortunae bona possidentem ad instar aliorum Civium primi gradus sese gessisse, et gerere Testamur insuper, Eumdem D.num jugiter salutis incommodo, signanter podagra laborare, atque cum DD. Constantia uxore, Lavinia Genitrice, Josepho germano Fratre, ejusque Conjuge Lavinia, illorumque filiis, et filiabus cohabitantem bonorum morum specimen praeclarum semper praebuisse, prout Nobis constare fecit ... 17. Junii 1804 ... ». Si noti l'accenno all'infermità (pretestuosa o effettiva ?) di cui soffre Francesco Ravenna.
(7) Cfr. in merito l'elenco dei gonfalonieri e consiglieri comunali riportato in M. GENGA-A. SILVESTRO, Grottammare ... , op. cit., pp. 36-37.
(8) Cfr. A. SILVESTRO, Gli abusi commessi dai conduttori delle barche terriere a danno del commercio, Cimbas 6/1994, pp. 5-22, in particolare v. pp. 12 e 16.
(9) Cfr. ASR, Camerale II, Consolati, b. 3. La vicenda è stata esposta con maggiori dettagli in A. SILVESTRO, Noterella sui rapporti tra paroni grottesi e consoli pontifici alla fine del '700, Cimbas n° 13/1997, pp. 1-9.
(10) Cfr. ASR, Commissariato generale della R.C.A. Se ne trova traccia anche in ASR, Buon Governo serie XI, b. 416, lettera del Prefetto a Giosafat Ravenna in data 14.8.1790.
(11) Cfr. ASR, Commissariato generale della R.C.A., b. 549, lett. del 24.9.1805. Da rimarcare l'opposizione di Giosafat al tentativo operato dalla R.C.A. di affiancargli nell'impresa Paolo Spadoni. Su questo personaggio v. P. SPADONI, Pellegrinazioni alle gessaje di Sant'Angelo san Gaudenzio Portone e Scapezzano nel dipartimento del Metauro e scoperte quivi fatte, Macerata 1813.
(12) Cfr. ASR, Commissariato generale della R.C.A., b. 551, cc. 421-425.
(13) Cfr. ASR, Camerlengato, p. I, tit. XII, b. 96, f. 12.
(14) Cfr. A. SILVESTRO, Cartografia ed iconografia di Grottammare 1780-1830, in V. RIVOSECCHI a c. di, Grottammare, percorsi della memoria, Grottammare 1994, pp. 31-48. Lo scrivente è tornato sull'argomento in occasione di un lavoro monografico sulla storia di Grottammare.
(15) Cfr. ASR, Camerlengato, p. I. tit. XIII, Annona e Grascia, b. 96, f. 11, incartamento 5.
(16) Altre notizie su Giosafat Ravenna scaturiscono dal fondo ASR, Camerale III, b. 1207: - nella tabella della Comunità di Grottammare per l'anno 1805 v'è la seguente nota: «Da Giosafate Ravenna in restituz.e di altrettanti indebitamente percetti di più a rinfranco della moneta grossa colla fina sc. 22:33:3»;
- nel 1795 Giosafat richiede al Tesoriere Generale la concessione esclusiva dello sfruttamento dell'erba denominata "carcere" - che cresce su un relitto di mare compreso tra la foce del Tesino e lo sbocco in mare del vallato del mulino di S. Martino - allo scopo di erigere una schermo a protezione del suo giardino di agrumi. Nel fascicolo è inclusa una piantina rilevata dall'ing. Costantino Agnelli, che ci fornisce notizie sulla suddivisione della proprietà terriera in quella zona;
- tra il 1793 e il 1796 Giosafat Ravenna cede al canonico Domenico Scoccia la concessione in enfiteusi di «una penisola formata nel mare da uno stacco di terreno seguito nel Monte superiore e in quantità di modioli tre, e canne cinque», del valore di 15 scudi e con canone annuo di 0,6 scudi. Il carteggio non è completo ma, sulla base della richiesta di Raffaele Comi riportata nel capitolo relativo al Monte delle Quaglie, sembra si tratti dello stesso terreno di cui alla presente nota 9, che sarebbe pervenuto in devoluzione allo Scoccia a seguito dell'insolvenza di Giosafat.
(17) Cfr. ASR, Camerlengato, p. I, tit. III, b. 17, f. 61. Nella stessa busta sono conservati documenti relativi a vertenze sulla tassa del macinato nella delegazione di Macerata, utili per la conoscenza delle funzioni del rassegnatore dei grani.
(18) Cfr. in merito A. CANALETTI GAUDENTI, La politica agraria ed annonaria dello Stato Pontificio da Benedetto XIV a Pio VII, Roma 1947; E. PISCITELLI, La riforma di Pio VI e gli scrittori economici romani, Milano 1958; M. CARAVALE-A. CARACCIOLO, Lo Stato pontificio da Martini V a Pio IX, Torino 1979; F. VENTURI, Elementi e tentativi di riforme nello Stato Pontificio del Settecento, Rivista Storica 1963, pp. 778-817.
(19) Cfr. ASR, Camerlengato, p. I, tit. II, b. 17, f. 61.

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