Appunti sulla committenza del quadro del Santo eponimo della chiesa parrocchiale di Grottammare

(Comunità n. 5 maggio 1992, pp. 20-22)



Dall'inizio di quest'anno 1992 il mensile "Comunità" della parrocchia di S. Pio V ha adottato una nuova copertina, dove campeggia la riproduzione a colori del quadro di Giacomo Falconi di Recanati che sovrasta l'altare maggiore della chiesa.
Nell'Archivio di Stato di Roma, tra le tante carte relative al nuovo incasato di Grottammare, è conservata anche una trentina di documenti riferibili alla scelta dell'artista, alla definizione del bozzetto, alla sistemazione in loco ed al pagamento dell'opera in questione. In questa sede ne viene dato soltanto uno stralcio sommario, piuttosto arido per forza di cose, ma utile per ricostruire la vicenda.
Il 25 novembre 1785 l'architetto Pietro Augustoni, estensore del piano regolatore di Grottammare e progettista della chiesa, scrive al cardinal Casali, prefetto del Buongoverno, per render conto della sua attività ed illustrare i suoi programmi, tra i quali va annoverato il disegno dell'altar maggiore, sul quale andrà collocata una tela di adeguate dimensioni. Lo stesso architetto si preoccuperà di reperire un pittore idoneo, residente nella zona, cui affidare la commessa.
Il 22 marzo dell'anno successivo Giacomo Falconi avanza la propria candidatura per dipingere l'opera. Dapprima il cardinale Casali, e con lui le gerarchie ecclesiastiche locali, è titubante poiché preferirebbe porre sull'altare un quadro prelevato da altro sito ed adattabile con poca spesa, allo scopo di risparmiare sulle spese dell'addobbo della chiesa.
Rivelatasi infruttuosa tale ricerca, si decide di affidare l'opera ad un artista da prescegliere tra quelli residenti nel paese o vicino ad esso. Il 3 settembre mons. Riva, governatore di Fermo, fa già presente al porporato che "dal Pittore Giacomo Falconi, del di cui merito nella propria professione già scrisse a Vra Emza l'Architetto Augustoni (...) e' stato fatto e costà trasmesso un abbozzo del Quadro (che) verrà presentato all'Emza Vra da cotesto Prof. Marton (?), di cui è allievo il preaccennato Falconi, certificandosi dallo stesso dell'abbilità dell'Autore". Ad esame avvenuto verrà dato l'ordine di eseguire l'opera e concordato il prezzo da corrispondere.
Il 7 del mese successivo il cardinale scrive al vescovo di Ripatransone, Bartolomeo Bacher, ed all'architetto.
Invita il primo a far completare il più presto posssibile la cappella laterale della chiesa, in modo da potervi svolgere funzioni religiose, e di cercare in ambito provinciale qualche pittore esperto. Ragguaglia invece il secondo sulle direttive impartite.
Nei residui giorni del mese la corrispondenza s'infittisce: il 13 Bacher segnala a Casali il pittore Letterio Ricciardelli di Messina, con studio a Roma, noto all'architetto Camporese e già indicato all'Augustoni che il 15, trasmettendo al prefetto la notizia con freddezza quasi ostile al personaggio proposto dal vescovo, comunica anche che Falconi ha ultimato il bozzetto; il 18 il cardinale invita il presule ripano ad inoltrare la composizione del suo candidato, che però nel frattempo si è ammalato e non può portare avanti l'opera; il 30 Falconi fa presente che ha eseguito il bozzetto su ordine di mons. Riva, adottando come soggetto il Trionfo della Madonna della Vittoria – alla quale S. Pio V aveva dedicato una festività per celebrare il successo di Lepanto - e che il quadro in vera grandezza sarà alto circa 20 palmi, cioè quasi 4 metri e mezzo.
Il cardinale il 15 novembre ha già ricevuto il bozzetto e lo ha sottoposto all'esame di un "valente Professore", il 29 comunica al pittore che dovrà modificare la posizione degli schiavi mentre il prezzo dovrà essere concordato con Gioacchino Maria Falconi, suo zio, maestro carmelitano in Montesanto. Il bozzetto viene restituito.
Dopo la morte del cardinal Casali, il successore, informato da Falconi che il quadro è stato già cominciato da dicembre e che il prezzo è stato fissato a 100 scudi, il 28 marzo del 1786 chiede che gli vengano sottoposti sia l'abbozzo sia il testo dell'accordo (apoca). Il pittore invia il tutto e approfitta dell'occasione per informare il prelato che il prezzo adeguato sarebbe stato di 150 scudi. Bacher comunica al prefetto di aver fatto sospendere a Ricciardelli la stesura del suo bozzetto e che questi non chiederà alcun compenso per l'opera iniziata.
Il 21 aprile il cardinale, ricevuto l'elaborato di Falconi, gli chiede di aumentare il numero degli schiavi.
L'artista non solleva obiezioni e il 24 agosto comunica di aver ultimato il quadro, chiede istruzioni in merito alla sua consegna e si dichiara pronto ad eseguire altre opere.
Intanto il 9 luglio l'architetto ha segnalato al prefetto che, grazie al contributo in denaro di alcuni fedeli, la cappella laterale è pronta e che la chiesa può essere officiata pur se il cappellone principale non è ancora in ordine.
Per alcuni mesi la corrispondenza s'interrompe. Riprende il 24 dicembre, quando il pittore scrive nuovamente al prefetto per inviargli gli auguri, per sollecitare la corresponsione del suo compenso e per ottenere l'assegnazione di altre opere da eseguire.
Prima di autorizzare il pagamento il prefetto pretende che il quadro sia sistemato definitivamente, al che Falconi, il 18 gennaio 1788, gli comunica che tra la fine di ottobre ed i primi di novembre dell'anno precedente aveva messo tutto a posto - l'architetto il 21 dello stesso mese ne dà conferma - ed insiste per essere pagato. Il prefetto perciò il 9 febbraio trasmette al governatore di Fermo 228 scudi, 100 dei quali destinati a Falconi che, il 14 marzo, fa sapere di averli incassati e ringrazia. A questo punto sarebbe doveroso, da parte mia, soddisfare la legittima curiosità di chi volesse sapere qualcosa della vita e delle opere dell'artista in questione.
Purtroppo non posso farlo. Infatti le ricerche che ho effettuato in proposito sono risultate infruttuose: nei repertori internazionali (Bènézit, Thieme-Becker, Nagler, ecc.), nazionali (Zani, Filangeri, Galetti-Camesasca, Comanducci, Bolaffi, De Gubernatis, ecc.), regionali (Ricci, Serra, Dania, ecc.) ed in alcune opere cronachistiche recanatesi (M. Leopardi, Fini) non appare il nome di Giacomo Falconi. Né, tanto meno, quello del Ricciardelli.
Scarse, quindi, le notizie rintracciate. Nell'Inventario degli ogggetti d'arte in Italia-VIII. Provincie di Ancona e Ascoli Piceno, Roma 1936, a cura di Luigi Serra e Pasquale Rotondi, alla voce Grottammare, chiesa parrocchiale, è scritto: "Dipinto su tela. La Madonna col Bambino, dipinto ad olio su tela centinata, misura m. 2,30x4,90. Arte locale del sec. XVII. La Madonna seduta in trono tra Angeli, adorata da Sisto V, che, seguito da un putto reggente le insegne pontificali, presenta alla Vergine due schiavi ignudi, incatenati sotto il trono, presso i quali sono alcune insegne turche." Da rilevare alcune grossolane inesattezze: non si tratta di una Madonna col Bambino qualunque, ma della Madonna della Vittoria; Sisto V viene confuso con S. Pio V; l'opera viene anticipata al XVII secolo.
Infine alcune note su un foglietto stampato anni orsono dalla comunità parrocchiale, dove è correttamente indicato il nome dell'autore.
Si conclude così la vicenda della commessa affidata al pittore recanatese, sulla quale ci asteniamo dall'avanzare osservazioni. Proponiamo soltanto una considerazione un po' fuori tema, ma amara e non molto lusinghiera per noi. In quegli anni il servizio postale e l'amministrazione statale pontificia, sulle quali è consuetudine spargere giudizi negativi, erano in grado di assicurare la trattazione delle pratiche d'ufficio e l'inoltro dei dispacci in tempi molto brevi, irraggiungibili oggi dalla burocrazia e dalle poste italiane.

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