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ESPIANTI E RESURREZIONE:
IL DUBBIO DI UN CATTOLICO

E' un aspetto etico-religioso da valutare con pacata riflessione.

Diverse sono le angolazioni e le opinioni di chi si pone la legittimità della legge del SILENZIO-ASSENSO.
Si riporta l'articolo in cui viene manifestato pubblicamente il dubbio senza risposta (almeno fino a questa data).

"(...) ma vorrei rivolgermi a lui (al sommo pontefice, n.d.r.) per sottoporgli un lacerante quesito. Insieme con milioni d'italiani ho ricevuto in questi giorni una busta inquietante della Repubblica italiana. Non mi riferisco al certificato elettorale per i referendum, piccola cosa; ma a un referendum ben più essenziale per ciascuno di noi. In una carta azzurra partorita dal ministero della Sanità e dal centro nazionale trapianti, si chiede a me e a tutti gli italiani se autorizziamo dopo la morte l'espiante dei nostri organi. Un quesito terribile per un popolo cristiano. Perché in quella domanda fede e carità drammaticamente divergono e non c'è speranza che le unisca. La fede, infatti, insegna che c'è la resurrezione dei corpi; la carità ci invita a donare, fino a fare del nostro corpo il mantello di San Martino.
La solidarietà a cui la Chiesa e il Papa ci esortano impone la disponibilità a donare, ma la fede ci insegna che non si può sacrificare la vita eterna alla durata terrena, omero a prolungare una vita. So che grandi escamotage teologici e intellettuali sono stati attrezzati, ma resta lancinante quel dubbio. Si può considerare morto chi è ancora vivo nel corpo anche se non funziona più il cervello? È giusto congedare l'estrema, cristianissima speranza in un risveglio in extremis? Che differenza passa sul piano dei principi tra l'eutanasia e l'espianto da un corpo ancora vivo? Oltre la comunione delle anime è ammissibile questa comunione dei corpi? E poi, è giusto, è morale che in assenza di una dichiarazione in senso contrario, si possa prelevare da un uomo in fase morente un organo del suo corpo? Questo silenzio-assenso non ci riduce a magazzino di ricambi, non scompone e disintegra la personalità di un uomo asservendola a un utilitarismo biologico e sanitario?
La ragione e il senso comune mi dicono che in assenza di mie indicazioni, dovrebbe prevalere il corso naturale degli eventi, non l'utilizzazione del corpo in tranci, come una macchina mandata allo sfasciacarrozze. Non dico questo con certezza: gli interrogativi sono il segno curvo della nostra difficoltà a stabilire con fermezza i confini del giusto e dell'ingiusto. E poi so bene che ciascuno di noi, in caso estremo, davanti a un pericolo di vita che riguarda lui o i suoi cari, pagherebbe qualsiasi a prezzo (altro capitolo inquietante) pur di ottenere un organo vitale.
Però la questione dei trapianti mi porta a sottoporre al Papa una questione cruciale. Nonostante il tributo di ammirazione verso il Papa e il filo miracoloso che si rianima a Fatima o a San Giovanni Rotondo, c'è un punto in cui la via della fede diverge drasticamente dalle strade del nostro tempo. Ed è l'attesa pasquale della resurrezione dei corpi. Diciamo la verità: come spiegare l'affanno per gli espianti e i trapianti, l'attesa per il genoma, le manipolazioni genetiche, la morbosa voglia di salutismo, la via sanitaria alla felicità ? Come spiegare l'exploit del giovanilismo, l'orrore per la vecchiaia, il culto del corpo, e le beauty farm e il body building, il lifting, il mito delle top model, l'imperativo della prestanza e delle prestazioni fisiche, il viagra e il silicone ? Tutte (o quasi) cose legittime, umanissime, comprensibili, per carità. Ma come spiegare la loro ossessiva presenza nella vita di ciascuno di noi ?
Abbiamo smesso di credere, credenti e no, alla resurrezione dei corpi, e ci siamo ossessivamente attaccati al nostro corpo, abbiamo il terrore del suo disfacimento, siamo legati alla vita e cerchiamo di trasferire le delizie del paradiso qui e ora. Perché ai paradisi e agli inferni non crediamo più; alle pene e alle gioie dei corpi dannati o risorti non crediamo e più. E allora li cerchiamo in questa vita. O per dir meglio: nel Novecento abbiamo creduto nei paradisi storici e politici attraverso le utopie rivoluzionarie.
Ma da alcuni decenni a questa parte, crediamo nei paradisi privati e corporali, attraverso le beatitudini della vita e della sanità. Non parlo del naturale istinto di autoconservazione, ma qualcosa di più, un attaccamento morboso alla vita diventato principio supremo e unico assoluto che veneriamo.
Magari crediamo all'immortalità dell'anima, a un soffio che continua dopo la vita o i che si congiunge a una Beatitudine, ma non crediamo più al corpo che risorge. Arriviamo a credere alla Madonna che devia il proiettile e salva una vita, ma non crediamo alla rigenerazione del corpo. Accettiamo l'idea della resurrezione dei corpi come metafora di un risveglio spirituale, di un ridestarsi della nostra profondità in un Altrove di Luce. Ma il corpo no. Viaggia in sola andata.
Vedo in penombra un corpo bambino che dorme e mi chiedo: dove finirà questo corpo, e questa vita ancora fresca e sognante, in quale imbuto del mondo; ci sarà un paradiso dei corpi, dove quest'immagine che sprigiona luce sarà al riparo del tempo ? È possibile che di questo volto sognante angeli e angelico esso stesso, resterà solo una pallida e stinta memoria negli occhi di qualcuna, fugace altrettanto ? Sarebbe uno spreco inaudito di grazia. Ci sarà un luogo oltre i luoghi dove ci ritroveremo lui e io ? È quel dubbio, quella domanda, che vorrei offrire agli ottant'anni del Papa. Che fare di quella scheda azzurra, come votare in quel referendum cruciale ?"
(Marcello Veneziani, Il Giornale, 19.5.2000)

Non aggiungo commenti personali.
La considero una pagina contro la discutibile legge sul silenzio-assenso.

Esprimete la vostra opinione! La pubblicheremo.
Scrivete a: pitofs@infinito.it



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