Quaderni
Archivio storico arcivescovile di Fermo n°34


recensione:

Un’accurata ricerca di Alberto Pulcini
UN SECOLO DI VITA DEL CAMPANILE E DELLA STATUA NEL DUOMO DI RIPATRANSONE

Il profilo panoramico della vetusta città di Ripatransone è scandito e caratterizzato dalla torre cuspidata al lato del duomo, sulla quale troneggia la statua in rame dorato di Cristo Redentore, che da un secolo solleva la mano benedicente sugli abitanti e sull’abitato del centro piceno.
I cento anni della statua e del campanile meritavano di essere commemorati degnamente. Vi ha provveduto il prof. Alberto Pulcini con una specifica pubblicazione, presentata al pubblico il 6 agosto nello stesso Duomo, essendosi rivelata, per l’occasione, non sufficientemente capiente la Sala “Mons. Vincenzo Radicioni”. Il volume si intitola: 100 anni della statua del Redentore sul campanile del Duomo. È stato stampato presso la Tipografia Fast Edit di Acquaviva Picena e conta 120 pagine, corredate da numerose, scelte foto.
La pubblicazione sul centenario del simulacro (9 agosto 1902 – 2002) vuole essere anche, nell’intenzione dell’autore, un’espressione di amicizia e di gratitudine nei confronti di mons. Mariano Giannetti, morto il 25 settembre 2001, cultore e custode geloso del patrimonio Storico e artistico della Cattedrale e dell’intera chiesa ripana, del quale ora il neoeletto arciprete mons. Vittorio Perozzi ha raccolto l’eredità.
La ricerca è svolta con accuratezza, con oculata sistemazione degli avvenimenti e con attenta lettura degli stessi. L’autore non solo ha compulsato in primo luogo le carte degli archivi, rettificando talora date e circostanze, ma ha raccolto anche notizie, spesso colorite, dalla viva tradizione del popolo, nel cui immaginario la statua del Redentore è entrata da tempo con frasi dialettali cariche di nativa espressività.
La disamina inizia con la storia del campanile. Il primo, dell’altezza di metri 30, era stato costruito su disegno del modenese Gaspare Guerra in due tempi: fu iniziato verso il 1616 e portato a termine nel 1657.
Una preziosa foto scattata da Alessandro Bruti Liberati sul finire del secolo XIX ne ha consegnata ai posteri la modesta fisionomia architettonica.
Il primitivo campanile, soggetto a varie peripezie, nel sec. XIX minacciava ruina, e allora l’autorità competente provvide a costruirne un altro dalle forme più solenni e armoniche. Fu eretto su disegno dell’architetto romano Francesco Vespignani (1842-1892) e completato dietro un’autorevole consulenza di Giuseppe Sacconi (1854-1905), rinomato architetto piceno.
Il monumento viene descritto con puntuali annotazioni dal Pulcini che, tra l’altro, rimarca la sua altezza: metri 49,80 per la parte architettonica e metri 57 fino alla cima del parafulmine. Egli ne descrive le celle campanarie e, in special modo, illustra le campane che vi sono ospitate con l’esplicazione delle rispettive iscrizioni e figure, talora contenenti segrete simbologie.
Doviziosa e minuziosa è la documentazione prodotta sulla costruzione del nuovo campanile. Tutto quello che l’autore ha potuto reperire sull’argomento lo ha messo a disposizione del lettore e, soprattutto, dello studioso.
L’ampia ricerca sul campanile antico e ancor più del nuovo occupa l’intera prima parte del volume (pp. 11-51). Questo ampio sviluppo si giustifica con il fatto che la torre è stata portata a termine nel tempo stesso in cui si progettava la realizzazione della statua del Redentore, a cui è dedicata la seconda parte del volume (pp. 53-80). In effetti, la realizzazione della statua è stata una conseguenza della costruzione del campanile.
Il bel simulacro si deve all’iniziativa munifica del ripano Patrizio Pierazzoli, il quale in maniera decisa e sollecita si portò a Milano presso Luigi Del Bo per ordinare una statua in rame dorato raffigurante il Redentore, a ricordo dell’Anno Santo della Redenzione che era stato indetto da Leone XIII nel 1900.
La statua è alta metri 4,80 e pesa circa 10 quintali. Raffigura il Cristo in piedi che con la mano destra alzata è in atto di benedire e con la mano sinistra sostiene un’alta e disadorna Croce, appoggiata alla persona. L’opera riecheggia, nella solennità dei gesti, modi e forme di un’arte in voga nell’età umbertina.
Il Pulcini descrive con accenti talora commossi la collocazione della statua sulla sommità del campanile. Un fatto di sapore prodigioso accompagnò il 9 agosto 1902 la sua difficile sistemazione: a operazione conclusa arrivò una pioggia copiosa, a lungo sospirata durante una stagione di magra.
I restauri del campanile e i ripristini del simulacro vengono descritti con grande precisione di dati e con la rievocazione dei principali protagonisti fino al 1988. Tra essi figura anche mons. Mariano Giannetti che molto si adoperò negli ultimi lavori a riguardo.
Un pregio particolare della ricerca è costituito dal ricco corredo fotografico, che spazia dagli esemplari della fine del secolo XIX fino a quelli dei tempi nostri. Le illustrazioni documentano in modo efficace il sorgere, il progredire e il rinnovarsi del campanile che solleva il simulacro del Redentore in un azzurro intenso e carico di armoniosa bellezza.
L’autore contestualizza la sua ricerca entro la situazione sociale ed economica di Ripatransone e offre così uno spaccato vivo della storia ripana di quel tempo.
Una segreta predilezione verso il “natio loco” percorre e anima per alacri svolgimenti le terse pagine del Pulcini. Ciò rende ancor più piacevole la lettura di questo volume.
- Giuseppe Santarelli -

campanile di Ripatransone campanile di Ripatransone campanile di Ripatransone