LA CHIESA di S.LUCIA

S.Lucia Camilla Peretti particolare


MEMORIA SULLA COLLEGIATA DI SANTA LUCIA IN GROTTAMMARE
Ripatransone - nella tipografia comunale Jaffei - 1853
del Mascaretti

Vi ha di quelli, sebbene nati di basso lignaggio, se provengono ad altezza di fortuna, nulla di basso vi recano dal primiero stato; ma nutrendo in cuore sensi generosi, e usando bene di loro facoltà, si procacciano la stima de' contemporanei e degli avvenire. Di queste anime nobili fu Camilla Peretti. Ella nata in Grottammare col suo fratello Felice in umile condizione, a grado a grado che andò quegli elevandosi nella gerarchia ecclesiastica, anch'essa, siccome da lui grandemente amata, andò sempre a parte della prosperità di lui, finchè pervenne ad essere numerata in Roma fra le principali dame col titolo di Contessa di Celano, imparentata con nobili famiglie, sorella del Sommo Pontefice, ava di Porporato. Non prese da ciò argomento d'inorgoglire; ma riferendo a Dio ogni suo bene e di sua famiglia, a lui ne rese grazie. Fu per questo, che poco dopo l'esaltazione di Sisto V alla Sede Apostolica concepì il disegno di erigere un monumento perpetuo a Dio nel luogo della casa in cui quegli era nato, affinchè ivi a lui si facesse il sacrificio dell'ostia salutare, e si facesse onore con altri divini officii. Comprò di fatto più case a quella circostanti, quali demolite, siccome in suolo di forte pendio, fe eseguirvi gran taglio di terra per ottenere il piano a farvi l'impianto dell'edificio.
Fortificaronsi con muraglie le tre sponde, e quella in ispecial modo della parte di ponente, che è alta poco meno della Chiesa (1). In quello spianato si edificò il tempio di figura quadrata, del alto di circa 20 metri con salde muraglie maestrevolmente eseguite. Ha ne' quattro angoli altrettante Cappelle quadre anch'esse, ed aperte le une rimpetto alle altre ad archi. Soprasta a ciascuna un ridotto dell'istessa sua forma, che ne' due sfondi presenta un balaustro, e sopravi immagine maestosa di un S. Vescovo in pluviale; e in essi, ove si accoglie il Clero a salmeggiare, ed ove ad orare i fedeli. S'inarca il cielo in una volta imperiale saldissima, nella cui crociera si eleva cupola ottangolare sorretta da pilastri di ordine dorico. Non ha cornicione la Chiesa, ma una fascia, che tutta la corre in giro sulla linea de' capitelli, in qualche modo ne fa mostra.
Oltre gli altari delle Cappelle, ve ne sono altri tre ne' capi della crociera. Quello di mezzo è il maggiore intitolato, come la Chiesa, a S.Lucia V. e M. Rimpetto a questo è la porta principale che guarda il levante. E' ornata di semplice, ma regolare architettura in pietra, sopravi l'epigrafe - DIVE LUCIE CAMILLA PERIETTA DICAVIT - ed è sormontata dallo stemma di Sisto V anche esso lapideo. Sulla facciata nella parte destra s'innalza il campanile, in cui sono tre campane. La maggiore del peso di lib.400 è alta tre palmi, ed è scompartita in tre campi all'intorno. Nel primo d'essi in basso rilievo v'è effigiata Santa Lucia V. e M.; nel secondo Gesù crocifisso in mezzo ai ladroni con a piedi S.Maria Maddalena, e v'è nel terzo la iscrizione:
DIVE LUCIE CUJUS DIE FESTO
SIXTUS V PONTIFEX MAXIMUS
IN LUCEM EDITUS
CAMILLA PERETTIA EJUS SOROR
UBI AMBO NATI SUNT
PROPRIIS SUMPTIBUS
STRUXIT ET DONAVIT
ANNO DOMINI MDXCV
Nella seconda campana del peso di lib.300 è alquanto meno alta della prima, e da una parte porta effigiata l'adorazione dei Magi, e nella parte opposta ha lo stemma di Camilla colla iscrizione intorno al labbro - AVE MARIA GRATIA PLENA DOMINUS TECUM MDXCV -. La terza di lib.400 è alta due palmi, ed ha l'iscrizione della seconda colla data dell'anno MDXLI.
La pia Signora fornì la chiesa, e la sagrestia di paramenti, vasi ed attrezzi d'ogni maniera occorrenti per le sacre funzioni. Ebbe in mira la stabilità non meno che la sontuosità; poichè, oltre all'assortimento di candelieri di legno, provvide ciascun altare di candelieri di bronzo per le messe private, ed il maggiore anche di sei più grandi per l'uso quotidiano; e per i dì solenni lo provvide di quattro candelieri con croce di argento, di una bellissima lampada a filigrana dell'istesso metallo (2) e di un calice di argento dorato di cui usava Sisto V lorchè era Vescovo di S.Agata de' Goti (3). Aggiunse infine sei parati di taffetà rinforzato a liste gialle e rosse, rabescati di cordelle bianche di seta per adornare la chiesa.
Portato l'edifizio a questo termine colla spesa di circa diciotto mila scudi, pensò la contessa Camilla provvedere all'officiatura coll'istituirvi una Collegiata. Le assegnò la dote perpetua di 7200 scudi, del fruttato annuo almeno di scudi 350. Espose al Sommo Pontefice Clemente VIII il pio suo desiderio, e quegli con Bolla del 9 gennaio 1597 che comincia Immensa Dei providentia stabilì che un Proposto, e quattro Cappellani officiassero quella Chiesa, e che questi fossero soggetti al Proposto in quello riguarda la direzione del divino culto, e l'esercizio delle funzioni ecclesiastiche; che insieme formassero un Collegio avente massa, cassa, sigilli comuni assieme ad altre insegne collegiali, e che vi fosse un sacrista, e un camerlengo. Stabilì le obbligazioni di ciascuno, e specialmente volle che vi fosse Messa cantata, vespero, e l'insegnamento della dottrina cristiana a' fanciulli almeno per due ore nei dì festivi: l'anniversario di Sisto V il 27 agosto con messe e officio de' morti, e lo stesso per Camilla entro l'ottava de' Santi,dopo che fosse morta. Ordinò si dasse l'assegnamento annuale di sc.72 al Preposto e a ciascun Cappellano di sc.48, i rimanenti sc.86 servissero per le spese del culto, e manutenzione della fabbrica; i sopravanzi poi, volle fossero custoditi in cassa, quali montati alla somma di sc.200 si avessero a rinvestire in luoghi di monti, o in censi. Volle infine che Camilla avesse diritto alle nomine del Preposto, e Cappellani, e dopo essa il nobil Michele nipote di lei, e i discendenti da lui in perpetuo.
Non prima del 1599 divenne la Istitutrice alla nomina dei soggetti che avevano a far parte della Collegiata. Per lettera del 10 gennaio di quest'anno invitò D.Pompeo Scoccia a recarsi in Roma, mentre ella bramava con qualche sollecitudine fare la indicata scelta de' soggetti, e dargli le opportune disposizioni. E infatti nel 18 maggio di quell'anno D.Pompeo Scoccia come primo Preposto, D.Properzio Pacifici, D.Gio. Felice Petrini Giustiniani, D.Pietro Paolo Perotti e D.Valerio Siderj, come Cappellani, ebbero la investitura de' loro titoli da Monsig. Pompeo de' Nobili Vescovo di Ripatransone nella sua residenza, com'era in uso in que'tempi, colla imposizione della berretta, e nel giorno 24 di detto mese n'ebbero il possesso nella Chiesa di S.Lucia. Fu con ciò condotto a terminare il monumento disegnato dal cuor generoso di Camilla. Questo si vede espresso in una medaglia in bronzo che si conserva in quella Collegiata. Ha essa nel diritto il ritratto di lei colla epigrafe:
CAMILLA PERETTA A SIXTI V P.M. SOROR
e nel rovescio ha il prospetto di un tempio colla scritta
S.LUCIA AN.D. MDLCCCC
L'esser stata coniata sette anni prima della spedizione della Bolla di Clemente VIII, e nove anni prima che venisse instituita la Collegiata, ci rende assai verosimile la conghiettura del ch. Avv. Gaetano De Minicis, il quale in una memoria su detta medaglia propende a ritenere fosse fatta per collocarsi nelle fondamenta del tempio.
L'animo benevolo di Camilla per questa sua Collegiata passò in retaggio a suoi discendenti. Il principe D.Giulio Savelli le fe' dono di sei drappi di taffetà listato rosso e giallo rabescati a somiglianza di quei datile dalla Peretti e lui morto, la consorte principessa Donna Camilla Giustiniani nel 1712 la presentò di due candelieri di argento simili a quelli che le aveva dati la Istitutrice.
Nell'anno 1751 recatosi l'Ecc.mo Duca a visitare la Collegiata, fu ben soddisfatto del modo dicevole con cui era tenuta, e pose in mano al Preposto la somma di 450 scudi, acciò d'intesa con i Canonici li spendesse a profitto della Chiesa. Senza indugio, con 45 scudi comprarono essi un bel calice di argento a opera di cesello, e a memoria del benefizio vi fecero incidere:
ECCEL. DOMINUS DUX PHILIPPUS SFORTIA CESARINUS DONO DEDIT
ANNO DOMINI MDCCLI
I rimanenti scudi 405 uniti ad altra somma legata alla stessa Chiesa da Antonia De-Sanctis di Ripatransone maritata a Padron Vincenzo Seneca, furono impiegati nell'acquisto di un organo costruito da Francesco Fedeli dalla Rocchetta di Camerino.
Non fu sola la Desanctis a far doni a questa Chiesa. Il Preposto D.Giuseppe Guerrieri in più occasioni se ne mostrò benemerito. Oltre ad aver somministrato legnami di noce, di cipresso e di abete per la costruzione di due grandi armarii a custodia di sacri paramenti; ad impedire che le acque piovane dai tetti degli edifizii circostanti confluissero sul tetto della sagrestia e lo danneggiassero, sopraedificò altro appartamento alla medesima, prescrivendo che il nolo nell'accrescimento fosse impiegato de' sacri arredi. A comuni spese col sacerdote D.Giovanni Grisostomo Uliassi suo antecessore nell'ufficio di Preposto, fece pingere un quadro rappresentante S.Francesco di Paola che donò alla Chiesa. Fu allora che i sigg. Alessandro Fraccagnani, Francesco Bartolomeo Palmaroli e Felice Ottaviani fra i principali del luogo costituiti dalla Collegiata custodi delle offerte de' fedeli, ebbero cura di far costruire a detto Santo nella cappella, che sta a sinistra della porta maggiore, un altare di legno messo a intagli e dorature. Nell'anno seguente che fu il 1732 il sig. Pietro Ravenna altro altare fece costruire, ma di scagliuola, nella cappella che sta di fronte a quella di S.Francesco di Paola, e lo dedicò a S.Vincenzo Ferreri. Volle egli peraltro, che fosse di pieno diritto della Chiesa e a lei perciò ne spettasse il mantenimento. Vi aggiunse il dono d'una lampada di argento del peso di libbre sette, che valeva più di 400 scudi; non che un reliquiario con reliquia del Santo, su cui soltanto si riserbò il diritto di tener una chiave della custodia, non che il solennizzare la Festa in detto Altare.
I signori Felice Ottaviani,e Angelo Marconi nel 1734 vollero anch'essi dar pruova di loro pietà nel costruire ciascuno un altare, e colla stessa condizione del Ravenna. L'Ottaviani uno ne innalzò con ornati di legno in onore di nostra Donna del Carmine, di S.Nicola da Tolentino, e dalle Anime del Purgatorio nella Cappella situata alla sinistra dell'altare maggiore, e il religioso P.Domenico Agnelli innanzi ad esso appese in dono una lampada di argento del peso di due libbre. Il Marconi l'eresse in onore di S.Giuseppe sposo di Maria Vergine, e anch'esso con ornati di legno, e collocollo nella Cappella posta a destra dell'altare maggiore. Le dorature di questo, come di quello di S.Francesco di Paola, vennero eseguite da Michele Vermi del Regno di Napoli. Fece il Marconi scolpire in legno il Simulacro de Santo titolare con a destra il divino Infante, e lasciò dote conveniente per la celebrazione della di lui festa, e del previo settennario, nonchè pel mantenimento dell'altare.
Don Domenico Buratti Preposto della Collegiata di Montebrandone volle dare una testimonianza di sua affezione alla patria col far legato di sua biblioteca alla Chiesa di S.Lucia.
Pensaron altri all'istituzione di Cappellanie perpetue, e all'aumento così di ecclesiastici a più decorosa officiatura della Chiesa. Fu tra essi Angelo Loy il quale con disposizione testamentaria del 5 novembre 1749 in atti di Felice Ottaviani lasciò scudi 500, casa e mobili da usufruirsi dalla consorte Arcangela, quale morta, vi si erigesse una cappellania coll'invocazione del SS. Crocifisso. Il sacerdote D.Giov. Grisostomo Uliassi con testamento del 7 luglio 1750, e codicillo del 20 luglio 1752 in atti del notaro Grassi Romano lasciò alla detta Chiesa una rendita di circa 4o scudi da luoghi de' monti, perchè una perpetua Cappellania vi si erigesse, il cui Rettore oltre all'ufficiatura con i Canonici, l'obbligo avesse di celebrar Messa all'aurora. Nè di ciò fu pago, perchè legolle altra somma di 120 scudi, con cui si mettesse ad oro fino all'altare maggiore e venisse dipinto il prospetto dell'organo, e le fece dono dei ritratti di Sisto V e Clemente VIII. Altra Cappellania, non ha guari, vi istituì Teresa Angelelli in Bruni con sua disposizione del 1847; ma non vi appose altr'obbligo, che la celebrazione della messa prima della Parrocchiale nelle Domenicane, e la recita delle litanie dopo essa. Merita di essere annoverato fra i benemeriti di questa Chiesa Monsignor Luca Niccolò Recco, che le donò il corpo di S.Costanzo M. In atto di Sacra Visita ne fece solenne traslazione dalla Chiesa di S.Agostino con devoto accompagnamento di clero e laicali confraternite. E a dì nostri il R.mo D.Filippo De Angelis canonico teologo della Basilica Recanatese fratello dell'odierno sig. Preposto, l'ha anch'egli arricchita del prezioso tesoro di un numero grande di S.Reliquie con respondenti urne, e busti. Affinchè se ne potesse col dovuto decoro far la pubblica sposizione nel dì di Ognissanti, e nei tre della Pentecoste fin dal 1848, ha dotata la sacrestia con scudi 200 di capitale fruttifero, riserbando per se ed eredi due chiavi, ritenendosene altre due dal Preposto.
Nello scorcio del passato secolo il sacerdote D.Carlo Raimondo Marchetti dispose in morendo, che con 250 scudi di sua moneta si acquistasse un ostensorio di argento a benefizio di una povera chiesa della patria; e monsignor Bartolomeo Bacher lo destinò per S.Lucia a premura della famiglia Marchetti. Non dee passarsi sotto silenzio la pietà delli signori conte G.Battista Palmaroli, e Carlo De Angelis i quali nel 1786 introdussero in detta Chiesa la devota funzione delle quarant'ore di adorazione al Santissimo Sagramento nel lunedì e martedì santo. Non solo impresero a proprie spese tale edificante costumanza, che le rispettive loro famiglie tutt'ora con decoro ed edificazione de' fedeli continuano; ma piacque a loro eziandio il saperne grado alla Chiesa stessa col rilasciarle cinque libbre di cera. Nel 1792 D. Niccola Bernardini per gli atti del notaro capitolino Poggioli fece sua erede quella Sacristia; ma, perchè oggetto di lite, non se ne venne in possesso.
Quella Collegiata, siccome abbiam veduto, fu convenientemente fornita di dote, mentre aveva tanto di rendita annuale da potervi essere sopravanzo per un aumento di fondi. Ebbe sussidi straordinari di legati, di mezzeannate che vi rilasciavano i Canonici nel primo anno del loro possesso, a seconda del disposto di Benedetto XIII. Non pertanto, e per li decrementi cui andavan soggetti i luoghi de' Monti nel vacare, e per la riduzione cui andaron soggetti per pubbliche calamità, nell'anno 1789. L'annuale assegno di un Canonico era diminuito sino alla somma di scudi 26. Nè qui ebbero fine gl'infortuni di questa Collegiata. Il nostro Stato depauperato nel cader del passato secolo dalle vicende de' tempi che correvano, a fine di aver modo di applicare rimedio a tanto male, avocò a se i beni delle Comunità. Fu per questo che passò a debito dello stato un censo di sc. 2250, che la nostra Collegiata possedeva contro la Comunità di Grottammare fin dal 1688 per rogito Perotti Giuseppe, con altro censo di scudi 185,64 creato nel 1796.
Sulle prime si ebbero in parte i respondenti frutti; ma sopravvenute quindi turbolenze politiche, mutamenti di governi, complicazioni varie e difficili, si è perduta ogni traccia da poter venirne alla esazione. Di presente resta appena piccolo rimasuglio, con che sopperire alle spese di manutenzione della Chiesa, e retribuire in parte il servigio del Preposto che solo rimane all'officiatura col Cappellano del SS. Crocifisso. Per lo stato di deperimento, in cui eran le cose di questa Collegiata, mancavan di mezzi i Canonici per eseguire i restauri, di cui il tetto e le fenestre avevano urgente bisogno. Fecero ricorso all'Eminentissimo Borromei tutore dell'Eccellentissimo Duca Cesarini Padrone; gli esposero lo stato miserando di loro chiesa e insieme la impotenza dalla parte loro di darle risarcimento. Inchinevole quegli alla domanda, offerse nel 1789 scudi 200, solchè avesser essi contribuito quel di più, che facesse mestieri al compimento dell'opera. La discreta offerta del Porporato non fu accolta dai Canonici, i quali si ostinarono a pretendere che il restauro fosse tutto a carico del Duca. Trascorsero degli anni e il guasto divenne sempre maggiore. Il Duca, il quale non voleva che il sacro tempio fosse ridotto a tale da non potersi officiare, citolli al Tribunale del Vescovo di Ripatransone, dove furon condannati i Canonici a ristaurare la Chiesa a proprie spese. Anche dopo la condanna la pia liberalità del Duca volle entrare a parte di quell'opera contribuendo scudi 445, metà della occorrente somma a giudizio dell'Architetto Augostoni (4).
L'argenteria di questa Chiesa ha seguito la sorte delle altre cose. I sei candellieri colla croce del peso di libbre 40 sottratti al naufragio della tempesta politica del 1799, furono con apostolico permesso venduti per la somma di scudi 690. Male assicurato questo capitale in accensarlo, è deperito. La bellissima lampada a filigrana fu salvata in quella stessa occasione, in quanto alla materia, che fu adoperata ad altro uso. (4) La lampada di S.Vincenzo fu resa alla famiglia Ravenna nel 1796, per ordine della segreteria di Stato. Basterà il dire che solo ci restò quello, che ci porta la grata memoria di Sisto V, del Duca Filippo Sforza Cesarini, e di Carlo Raimondo Marchetti.
Il clero di S.Lucia godeva sulle prime la protezione della contessa Camilla, donna tenuta universalmente in alto pregio, e in modo speciale da sommi Pontefici. I principi, che a Lei successero nel padronato, gli mostrarono anch'essi la più tenera affezione. Sempre erano presti per esso, sia nel difenderne i diritti, sia nel procurargli anche onorificenze. Nel 1710 difatti il principe Savelli aveva ad esso ottenuti i segni corali, sol che avesse sborsato due terzi della tassa consueta. Nell'anno 1747 l'ecc.mo Duca Cesarini usando de' privilegi accordati da sommi Pontefici alla sua famiglia, si piacque decorare il Preposto, e Canonici di sua Collegiata colla qualità di Protonotario Apostolico. Il vescovo Monsig. Luca Niccolò Recco non permise che essi collegialmente si servissero del privilegio lor conferito; e sebbene il Duca glie ne facesse rimostranza, pure restò fermo nel proposito, facendo riflettere opporsi ciò alla mente della S.Congregazione dei Riti, come ai diritti della Dataria, cui nessun Capitolo, o Collegiata farebbe in avvenire ricorso per indossar abiti prelatizi; e infine non convenire che una Collegiata fosse qualificata più del Capitolo della Cattedrale.
Or chi gode di favor de' grandi, va sovente soggetto ad essere mirato con occhio d'invidia, la quale fa mendicar pretesti a fin di recare altrui molestia. Non sapevan sofferire i Benefiziati della Pievania, che il clero della Collegiata formasse corpo e godesse precedenza sopra di loro nelle processioni; quindi con ogni sforzo gliel contendevano. Ma non vi fu uopo di gran fatica per acchetarli. Monsignor vescovo Lorenzo Azzolini nella sacra Visita dell'anno 1624, basandosi sulle parole della Bolla di erezione - Qui (cappellani) inter se unum collegium cum massa, arca, et sigillis comunibus aliisque collegialibus insignibus constituant - decretò competere nelle processioni al clero di S.Lucia la precedenza sulli Benefiziati di S.Giovanni che non fanno corpo. Nel 1751 ritornò in campo la questione medesima per opera del pievano D.Vitale Citeroni, che mostrossi caldo protettore del suo Clero di S.Giovanni. Ma ricorsero i canonici all'ecc.mo Duca Cesarini, e fu facile per di lui opera il mantenersi nel possesso della precedenza di cui godevano ab antiquo. Non sempre poi insorsero le questioni per opera del clero di S.Giovanni. Il Preposto anch'esso ebbe talvolta delle indebite pretenzioni. Non andavagli a sangue, che in occasione in cui entrava in S.Lucia la processione col Santissimo Sacramento, o con alcuna sacra immagine, avesse il Pievano ad eseguirne la incensazione. Pareva a lui che ciò potesse a se appartenere, perchè in propria chiesa, e parato come il Pievano. Gli sembrava pur giusto che la sua Collegiata formando corpo da se, potesse alzar la sua croce il processione, distinta da quella del Pievano. Ne introdusse giudizio alla S.Congregazione de' Sacri Riti, la quale con decreto del 12 luglio 1660 rigettò l'istanza. A nuova proposizione, che se ne fece, tenne dietro altro decreto confermatorio li 2 dicembre 1673. Si volle finalmente ricominciar la causa in petitorio: ma con esito sempre costante, venne decisa li 14 aprile a favore del Pievano. Comecchè a malincuore, pur dovette darsi pace il Preposto. Ma fu a lui e a colleghi di sommo rincrescimento, e per tal forma da rimanerne il germoglio per lunga età nella Collegiata. E come addiviene nelle private famiglie che vi si perpetuino certi pensamenti, e certe tendenze, propagandosi il buono, o reo spirito da padre in figlio; così il questa Collegiata, dopo oltre un secolo, ripullulò quel germe litigioso, in modo che nel 1782 il pievano D.Giuseppe Bernardini trovossi in necessità di richiamarli all'osservanza dei menzionati decreti con un monitorio. Vero è però che bastò questo solo atto per farli rinsavire.
E' qui a sapersi, che il Preposto, e Canonici avevano nel 1766 impresa nella propria Chiesa la costruzione di sepolture, previo il permesso dell'eccellentissimo Duca Cesarini; e il pievano D.Pietro Citeroni, aveva, sebbene senza effetto, tentato di impedirneli. Ora il Pievano Bernardini nel monitorio indicato, aggiunse che il Preposto in occasione di funerali de' Canonici, o di altri che scegliessero sepoltura in S.Lucia, doveva astenersi dall'assistervi in stola e pluviale. In quanto a ciò risolvettero i Canonici di non cedere, ma di volerlo sostenere in tribunale. In effetto peraltro la questione non si agitò formalmente in Curia, con esempio degno d'imitazione. Piuttosto che esporsi ad inutili dispendii, posero la loro fiducia nel proprio Vescovo, cui di consenso ambe le parti supplicarono a giudicarla economicamente. Misero intanto in iscrittura tale convenzione, e il modo con cui si sarebbero regolati in quei casi, che fossero potuti accadere in quel mezzo tempo sino alla decisione, che sarebbe per darne il Prelato. Era allora Vescovo di Ripatransone Monsig. Bartolomeo Bacher, uomo di sommo accorgimento, e prudenza, il quale, soddisfatto forse della ripartizione delle funzioni in que'funerali con modo pacifico, e conveniente fattasi dalle due parti, col suo silenzio di oltre cinque lustri, tacitamente la sanzionò. L'hanno di fatto fino ad oggi osservata, e ad ogni caso avvenuto, ne hanno fatta la conferma.
Dalla breve narrazione che abbiamo esposta si scorge, che la Chiesa di S.Lucia è un monumento il quale tende ad immortalare la pietà della principessa Camilla Peretti, e il fraterno amor di lei verso di Sisto; e che è un monumento eziandio il quale altamente onora la nostra Patria, mostrando esso all'universo, che ambedue quell'anime grandi hanno nel seno di lei respirata la prim'aura di vita. E' interesse perciò tanto degli Ecc.mi discendenti di Camilla che ne hanno il padronato, quanto dei Padri della Patria, il fare ogni sforzo per ridonarla all'antico splendore.
Ma come il padrone può accorrere in sollievo di sua Chiesa, se non vi è chi gli esponga il di lei stato, le cagioni di suo decadimento, le ragioni che appoggiano i suoi diritti, e quanto può render felici, o almeno sperabile il di lei ritorno a stato prosperevole ? I grandi, e per gli esempii di magnanimità che hanno da loro maggiori, e per la immortalità a cui aspirano, hanno a fortuna che loro si presentino occasioni da farsi conoscere per quel che sono, magnanimi e generosi. I Padri della Patria poi, se rifletteranno alla gloria di cui va altiero Grottammare per aver dati i natali ad un Sommo Pontefice e della grandezza di Sisto V; se richiameranno alla memoria che delle prime cure di lui, salito al Pontificato, una fu il dar mezzi a questo suo luogo natale di salariale il pubblico maestro; che Camilla, oltre aver edificato e dotato questo tempio, a benefizio di questa patria, eresse i Monti frumentario, e pecuniario; e infine che questo tempio stesso buona parte delle rendite ha perdute, per aver dati a censo alla nostra comunità 2435 scudi (5); non vi sarà premura, o dispendio ch'essi per gratitudine non abbiano a tentare, a fine di giungere al bramato scopo di rivedere officiata questa chiesa col decoro, con cui la videro i padri nostri.
CATALOGO
DEI SIGNORI PREPOSTI
1599 - D. Pompeo Scoccia da Fermo
1652 - D. Galeazzo Patriarca
1671 - D. Francesco Avanzi (6)
1710 - D. Gio. Grisostomo Uliassi
1712 - D. Giuseppe Guerrieri
1731 - D. Bernardino Ottaviani
1759 - D. Cesare Agnelli
1805 - D. Giuseppe Marconi Prot. Ap.
1827 - D. Luigi Loy (7)
1859 - D. Augusto De-Angelis
CATALOGO
DEI SIGNORI CANONICI (8)
1599 - D. Properzio Pacifici
D. Gio. Felice Petrini
D. Pietro Paolo Perotti
D. Valerio Siderj da Fermo
1600 - D. Francesco Perotti
1602 - D. Gio. Bernardino Gennari
1606 - D. Filippo Uliassi da Marano
1614 - D. Gio. Filippo Perotti
1625 - D. Gio. Francesco Seccia
1627 - D. Gaspare Serangeli
1629 - D. Paolo Gentili
1638 - D. Filippo Uliassi
1642 - D. Timoteo Miseri (9)
1645 - D. Dario Malaspina
D. Francesco Corponero
1649 - D. Giovanni De-Angelis
1650 - D. Gio. Battista Palmaroli
1651 - D. Bernardino Morozi da M.Fiore
D. Matteo Gabrielli
1659 - D. Giuseppe Arcangeli
1666 - D. Giuseppe Barlesi da Caldarola
1667 - D. Tommaso Secci = D. Paolo Gentili
1672 - D. Gio. Battista Rotini
1674 - D. Filippo Capponi
D. Mario Perotti
1677 - D. Giorgio Piccinini
1680 - D. Ambrogio Polidori
1682 - D. Tommaso Marcozzi
1697 - D. Francesco Bucci
1703 - D. Niccola Seneca
D. Giuseppe Guerrieri
1710 - D. Bernardino Ottaviani
1715 - D. Agostino Ottaviani
1719 - D. Gio. Battista Agnelli
1720 - D. Cesare Agnelli
1731 - D. Vitantonio Loy
1735 - D. Gio. Battista Guerrieri
1738 - D. Bernardino Bernardini
1739 - D. Giuseppe Capretti da Dicomasco (10)
1741 - D. Francesco Lorenzo Loy
D. Pietro Brutti
1750 - D. Filippo Palmaroli
1757 - D. Simone De-Angelis
1780 - D. Gio. Battista Scoccia
1783 - D. Bernardino Bernardini
1784 - D. Domenico Antonio Scoccia
1785 - D. Zenobio Marconi (11)
1801 - D. Domenico Palestini
1802 - D. Giuseppe Maria Scoccia
1804 - D. Andrea Franceschini da S.Andrea (12)
D. Nicola Loy (15)
1816 - D. Pacifico Toni (14)
1819 - D. Luigi Palestini
NOTE
(1) - Da questa parte del monte sgorga una vena di fresca e limpid'acqua, la quale condottata rasente il lato destro della Chiesa, passa sotto la sagrestia, e mette in un portico che sostiene la strada, che fronteggia la facciata, a comodo del pubblico. Nell'anno 1704 quest'acqua non più correva alla fonte. Que' della vicinanza fecero ricorso al Vescovo, e quegli rivolse che, chi ne godeva, concorresse alla spesa de' Canonici. E questo fu pure il consiglio del Principe Savelli.
(2) - Questa lampada del peso di 4 libbre nella notte del 21 maggio 1722 fu derubata da persona, la quale discesa nel cortiletto che corrisponde al coretto superiore alla cappella di San Giuseppe, per esso discese in Chiesa, d'onde levò la lampada che pendeva innanzi al SS. Sagramento. Fortunatamente nella notte del 29 di detto mese fu deposta da un uomo vestito da donna alla porta del Convento de' PP. Riformati, mentre i Padri stavano in coro, dandone segno col suono del campanello.
(3) - Ha sotto il piede l'iscrizione - F. Felix Perettus de M.A. Ep. S.Agat. -. Aveva anche questa Sagrestia un messale che era appartenuto a Sisto V. Questo venne lacerato dal P. Vagnozzo Pica dell'Oratorio di Ripatransone allorchè nel 1633 era convisitatore di Monsignor Curzio Pulchi Vic. Generale il quale eseguiva la S.Visita per commissione di Monsig. Vitelli Arciv. di Tessalonica, Nunzio Apostolico in Venezia e amministratore della Sede Vescovile di Ripatransone. Motivo ne fu l'essere stampato prima della correzione fattane dai SS. PP. Pio V e Clemente VIII.
(4) - La parte settentrionale di questo tetto era stato ristaurata nel 1729, come la parete meridionale nel 1753. Dopo la morte del Preposto Marconi, che avvenne nel 1827, si ottenne dalla Comunità l'amministrazione delle rendite per nuovamente ristaurarlo, essendo tutto in grave pericolo di rovina. Se in ogni anno se ne facessero le piccole riparazioni, non avverrebbe così di frequente il guasto generale con danno enorme dell'amministrazione.
(5) - Nel 1711 la comunità di Grottammare voleva alienare alcuni terreni, e i Canonici fecero risoluzione di acquistarli per mezzo del censo attivo, di cui qui si parla; ma non riuscirono nel loro disegno.
(6) - La famiglia Avanzi da Pirano nell'Istria si stabilì in Grottammare nell'anno 1634.
(7) - Anche la famiglia Loy venne in Grottammare da Pirano nel 1635.
(8) - Sebbene nella Bolla di erezione siano chiamati Cappellani, pure S.E.R. Monsig. Ulisse Orsini Vescovo di Ripatransone nella sua Sacra Visita del 18 novembre 1675 espose che per dichiarazione della S.C. de' Sacri Riti dovevano chiamarsi Canonici.
(9) - Passò alla Prepositura di Cossignano.
(10) - Fu traslato alla Prepositura di Acquaviva. Egli era di Dicomasco luogo della diocesi di Firenze. Fu Preposto dotto ed esemplare.
(11) - Fu poi Canonico della Cattedrale Ripana.
(12) - Fu provvisto di un Canonicato nella Collegiata di Marano eretta nel 1818.
(13) - Indi Benefiziato nella Basilica Lauretana.
(14) - Anch'egli provveduto fra i Benefiziati della Basilica Lauretana.



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