OPPOSIZIONE VI


Sull'antichissima diocesi vescovile di Marano, sugli insediamenti benedettini e sulla Pieve di San Basso alla Mensula secondo il monaco Bernardo Faustino Mostardi e secondo altri autori.
Su molti argomenti trattati nel volume "Cupra", come già abbiamo potuto constatare fino a questo punto, il Mostardi non applica minimamente il metodo classico della ricerca storica, ma, dando libero sfogo alla sua immaginazione, risolve spesso i suoi problemi con certezze prive di qualsiasi fondamento documentario. Con questo criterio antistorico, per esempio, conclude che Marano fosse stata anticamente una diocesi, cioè sede di cattedra vescovile (p. 171 del volume). Il monaco acquisisce questa certezza non con documenti d'archivio o fonti storiche antiche, che peraltro, a quanto mi risulta, non esistono per Marano, ma semplicemente con una proprietà matematica: quella associativa; e mi spiego. È noto che alcuni centri romani del Piceno furono intorno al V d.C. sedi vescovili; il Mostardi quindi scrive: "... Se Pausola, Recina, Urbisaglia, Potentia, Septempeda, Faleria, Truento erano e sono riconosciute diocesi, come dubitare di Cupra Marittima che non fu seconda a nessuna di queste?". Poi come sempre, anziché spiattellare un valido documento per convalidare le sue certezze, cita il nome di qualche opinionista che prima di lui aveva detto qualche cosa di simile. Ma il monaco va oltre, ipotizza addirittura il nome di due vescovi, uno dei quali, Claudio, lo deriva per il fatto che in contrada Boccabianca vi sarebbe stata la chiesa dei Santi Claudio e Benedetto (p. 173 del volume Cupra). Per concludere si può affermare che Pausola, Recina (?), Urbisaglia, Potentia, Septempeda, Faleria, Truento erano diocesi perché esistono documenti che comprovano ciò, con tanto di nomi di Vescovi, mentre per Cupramarittima-Marano non esiste alcuna documentazione in proposito, tranne che le fantasticherie del Mostardi.
Con questo inesatto metodo di ricerca, riuscì pure a stabilire in quale anno venne fondata la chiesa (ma per il monaco basilica) di San Basso alla "Mensula". La costruzione di questa chiesa è legata, secondo il Mostardi, all'esistenza della tomba del santo presente a Marano sin dai primi secoli dell'era cristiana. Se il monaco è vago ed incerto nel ricostruire la storia della chiesa nel periodo paleocristiano, per l'età medievale ci fornisce minuziosamente di tutti i dati, pur senza presentare nessun efficace documento; ma vediamo di esporre meglio i fatti cronologicamente secondo il suo racconto. Protagonisti della ricostruzione della chiesa, secondo i soliti ed antichi documenti, peraltro mai esaminati da alcuno, furono i monaci Benedettini di Farfa, giunti a Cupra Marittima il 20 gennaio 723 (p. 182 del volume Cupra); dove abbia ricavato questa data così precisa rimane tuttora un mistero! Qui essi fondarono tra il IX e il X secolo ben sei monasteri: Abbazia di S. Michele Arcangelo (di Villa Magna o Maina), di S. Silvestro, di S. Maria, dei SS. Felice e Adaucto, dei SS. Filippo e Giacomo in Paterno e di San Basso alla Mensula; quest'ultimo costruito insieme alla chiesa intorno al 904, anno del rinvenimento del corpo del Santo (pp. 186-188 del volume Cupra). Come riesce il Mostardi a darci una data così esatta della sua costruzione? Egli per la prima volta cita un documento concreto custodito all'Archivio di Stato di Fermo risalente al 1063, nel quale tale Longino fa una permuta con il vescovo di Fermo, cioè cede due porzioni delle sue proprietà al vescovo Uldarico, eccetto la chiesa di San Basso situata in località Minerguli, acquisita in uno scambio con il monastero di Farfa: "... duo portioni de ipsa ecclesia Beati sancti Bassi, que sita est in loco ubi dicitur Minerguli et est edificata in honore sancti monasterii ...". Il Mostardi, nonostante abbia citato un documento esistente, ancora una volta si confonde e fantastica per risalire all'anno della costruzione della chiesa. Egli scrive che dal 1063, la chiesa di San Basso apparteneva ai privati da tre generazioni; calcolando quindi una media di 30 anni per ogni generazione, gli risultò 1063 - 90 = 973, anno in cui la chiesa passò dai benedettini in mano privata; togliendo poi un certo periodo di appartenenza agli stessi religiosi, si giunge all'anno 904. Fin qui esposto dal monaco è quanto di pessimo vi possa esistere per una lezione di storiografia basata soltanto su congetture, fantasie e cattive interpretazioni. Facciamo due importanti considerazioni: innanzitutto è impossibile risalire al 973, in quanto i beni appartenuti a Longino (chiesa e monastero di San Basso compresi) o furono acquisiti dallo stesso Longino o gli pervennero in eredità, ma senza essere indicata alcuna generazione, dobbiamo quindi escludere le tre generazioni inventate dal Mostardi; secondo, il documento in questione non tratta della chiesa di San Basso di Marano, ma di una chiesa di Montefiore dell'Aso; i confini delle proprietà e gli stessi castelli nominati nel documento non lasciano dubbi sull'ubicazione di questo edificio sacro, il quale, era si localizzato nei pressi del torrente Menocchia, ma nel territorio di Montefiore, a circa 8 km dal mare, tra i fossi di Gaggiano e di San Pietro . Dopo aver male interpretato l'unico documento reale citato, il Mostardi ricorre ancora alla fantasia per creare un toponimo da adattare alla sua chiesa, cioè dal luogo "Minerguli", citato nel documento, a "Mensula" che ricorda vagamente il piccolo piano erboso dove è sorta la chiesa. In verità, a Marano, la "contrada Mensula" non è mai esistita, come non è mai esistito un monastero benedettino a San Basso di Marano se non nella fantasia del monaco. Tutta questa pseudo-storia narrata non fu tutta farina del suo sacco; infatti il Mostardi, per scrivere ciò s'ispirò ad un libello di fantastoria (Cupra e San Basso) scritto da un prete maranese nel 1930: don Umberto Cameli, che si firmò DUC. Della chiesa di San Basso di Marano non si hanno notizie prima del 1211: "... Albertus plebanus Sancti Bassi", e con molta probabilità essa fu costruita intorno alla fine del XII secolo, come attesta l'architettura delle tre belle absidi superstiti e le colonne della cripta. Anche la presenza di altri insediamenti benedettini a Marano o sul suo attuale territorio è assai dubbia, dato che non esistono testimonianze documentarie. Credo che l'unico monaco benedettino presente a Marano fosse stato lo stesso Mostardi. La "curtis farfense" di Sant'Angelo in Villa Magna o Maina nominata dal monaco era situata nella vallata del Tesino, fra i territori di Ripatransone e Grottammare, sotto la giurisdizione dell'abbazia benedettina di San Martino, l'unica in quella zona ad avere un abate mitrato, come ci attestano alcuni importanti documenti. La galoppante fantasia del Mostardi e la superficiale analisi storica dei documenti e delle fonti, hanno tratto in inganno anche storici accorti come Delio Pacini, il quale, in un suo studio , ha riproposto la stessa lezione errata del monaco. Ma non è tutto; la non corretta interpretazione del documento datato 1063 sopra citato (vedi nota 47), è talmente radicata nelle menti degli "autori cuprensi" che ancora oggi essi perseverano nell'errore. In un recentissimo opuscolo sulla chiesa di San Basso, l'autore, per far quadrare i conti sull'esistenza della chiesa nell'anno 1063, cita a sproposito un altro documento dello stesso codice 1030 (Liber Iurium, pp. 720-721, doc. 396) datato 1238; egli facendo una erronea traduzione latina, fraintende completamente il suo senso; queste le sue errate conclusioni: nel 1238 la chiesa di San Basso alla Civita aveva il nono pievano "...9° exuente (exeunte) Augusti, Plebanus S. Bassi de Marano...(sic!)" quindi, ritornando alla data del 1063 e valutando in circa venti anni l'ufficio di ogni pievano si arriva al 1238. Tutto ciò non è esatto in quanto il documento, che cita alcuni diritti che il pievano di San Basso di Marano riceve a nome del vescovo di Fermo, non segnala nessun nono pievano, ma semplicemente il nono giorno di agosto, periodo in cui il documento è stato rogato: "Anno Domini MCCXXXVIII., indictione. XI., die. VIIII°. exeunte mense agusti, temporibus domini Gregorii pape ...". Abyssus abyssum invocat.

Se vuoi intervenire sull'OPPOSIZIONE appena letta
invia un'e-mail-form (clicca)

Torna all'indice delle IX OPPOSIZIONI