UBICAZIONE DEL TEMPIO DELLA DEA CUPRA

di Francesco Palestini


Il problema dell'ubicazione dei tempio della dea Cupra, la dea nazionale dei Piceni, è stato dibattuto per molto tempo tra gli studiosi, ma non sempre le loro ragioni appaiono fondate sulla storia, sull'epigrafia, sull'archeologia, viziate come sono dal campanilismo.
Il Polidori (1772) lo pone nel pressi della foce dei Tesino (e Cupra Marittima a Ripatransone) forte del rinvenimento a S. Martino dell'epigrafe che ricorda il restauro adrianeo al tempio nel 127 d.C., di un frammento di piede di una statua colossale inglobata sul portale della chiesa, di qualche capitello di pilastro e del «Bagno della Regina», grande vasca ovale in opera cementizia poco lontano dalla chiesa (circa 750 metri ad ovest) e di tubi di acquedotto in piombo. Lo seguì il Masdeu (1810) e il Vicione (1828). Tale tesi veniva ripresa dal Gamurrini (1895) e dallo Speranza (1900) che identificava, peraltro, Cupra Marittima con la civita di Marano fra il S. Egidio e la Menocchia.
Il Paciaudi (1741), il Lancellotti (1750), il Catalani (1778), il Colucci (1779) ed il Napoletani (1906) ponevano il tempio tra il S.Egidio e la Menocchia, in quanto, affermò il Napoletani, l'epigrafe, il mezzo piede, una piccola testa di donna ed altre poche anticaglie nei dintorni erano oggetti portatili.
Finalmente il Dall'Osso nella primavera dei 1912, in una campagna di scavi, lo identificò negli avanzi che si trovano presso la chiesa di S. Martino. Riconobbe il sacello della dea. “atti l'architettura e la tecnica romana, sia dei manufatto consistente in una grossa gettata di solidissímo calcestruzzo, sia del paramento del muro esterno della cella, formato di piccoli blocchi rettangolari di pietra calcarea locale, corrispondono al sistema di costruzione in uso al tempo di Adriano. La cella è a pianta quadrata e misura circa cinque metri di lato ed è preceduta da un pronao o vestibolo con tre pilastri parasta sui lati maggiori; però uno dei lati, quello orientale, è andato quasi interamente distrutto coi lavori di fondazione della chiesa cristiana. E’ notevole il particolare della quadratura della cella giacché sappiamo che gli Etruschi costruirono celle dei loro sacrari a pianta quadrata, come sono appunto quelle dei templi dell'etrusca Misano (Marzabotto) mentre le celle dei templi romani sono a pianta rettangolare; epperò questa eccezione trova la sua naturale spiegazione nell'ipotesi che gli architetti romani avessero per ragioni di culto, mantenuto al sacrario la forma primitiva dell'antichissimo ierone (ton tyrrenon idryma kai ctisma) ”.
Contra factum non valet argumentum. Tutte le obiezioni avanzate non hanno più ragione di sussistere e pertanto il problema ormai è da considerarsi definitivamente chiuso.
L'Allevi, in Piceno religioso nell'antichità (1940), ha dottamente autenticato tale identificazione.
Alcune recenti pubblicazioni, a cura dell'Archeoclub di Cupramarittima, però, ci lasciano sconcertati. Le pubblicazioni sono: Guida Archeologica di Cupra Marittima (S. Benedetto del Tronto, Ficcadenti, A.P., 1975); B.F. Mostardi: Cupra (Ascoli P., Centro Stampa Piceno, 1977); P. Fortini: Cupra Marittima (Ascoli P., 1981). La Guida (p.12) sulla questione dice semplicemente che tra la Menocchía ed il S.Egidio “accanto al nucleo centrale di abitazioni (...) doveva esserci un tempio alla dea Cupra, di cui sappiamo solo l’avvenuto restauro compiuto nel 127 p.C. per munificenza dell'imperatore Adriano”, omettendo di dire che il tempio stesso è stato già scoperto dal Dall'Osso altrove. Ad evitare fraintesi precisiamo che non neghiamo che in futuro possa venire alla luce un tempio alla dea anche in quella zona (ne avrà avuti tanti in tanti luoghi!), ma neghiamo che oggi si possa affermare che il tempio nazionale fosse in altro posto che sulla sponda del Tesino, presso la chiesa di S. Martino.
In Cupra Marittima si afferma (p. 20 e seg.) che “il tempio della dea Cupra sorgeva sul colle S. Basso, e che esso stesso fu l'oggetto degli scavi condotti da A. Trenta sul finire del XVIII secolo e descritti da G. Colucci”, dimenticando di ricordare gli scavi del Dall'Osso ed accennando solamente al fatto che poiché la nota lapide adrianea concernente il restauro dei tempio si trova nella chiesa di S.Martíno a Grottammare “molti studiosi hanno ritenuto di localizzare il famoso santuario in questa cittadina”. In nota, chiama in aiuto il Mostardi.
Il volume Cupra di quest'ultimo, che l’Autore non ha potuto rivedere e pubblicato postumo, non riesce a nascondere la sua impostazione campanilistica ed aprioristica. Conferma ovviamente il tempio di Cupra sul colle di Agnesia, con affermazione gratuita e con affermazioni gratuite si sforza di dimostrare che può essere solo quello.
Secondo il Mostardi il tempio della dea Cupra non può essere quello sul Tesino perché:
? la lapide ivi esistente sarebbe stata trafugata a Marano e portata alla chiesa di S.Martino;
? gli abitanti chiamavano quel rudere saraceno, “quasi risalisse al periodo medioevale” (questa frase in Cupra Marittima era diventata (p. 20?21): “Un attento esame delle strutture rivela come queste non siano riferibili ad un tempio romano, ma facciano parte di una costruzione medioevale”.
Omettiamo altre amenità.
Per la lapide trafugata, possiamo dire che se la cosa è opinabile, se si rifiuta acriticamente l'evidenza e la logica, non è certo opinabile che siano stati trasportati a S. Martino anche i ruderi «saraceni».
Quanto ai saraceni, per il popolo non significa «barbareschi», ma «antichi», anzi «i più antichi» e l'onomastico, quindi, va inteso nella più vetusta accezione dal significato di «orientali». In tal senso è l'equivalente di Asili, le popolazioni di cui tramanda il ricordo nelle nostre contrade Silio Italico.
In verità il Colucci e il Paciaudi prima, il Napoletani e il Mostardi poi, rifiutano le testimonianze materiali e letterarie a favore dell'ubicazione del tempio a S. Martino, ma non sanno portare testimonianze sicure a favore del tempio a Marano” è costretta a concludere al riguardo N. Barbuzzi nella tesi presentata nell'anno accademico 1978?79 presso l'Università degli Studi di Pisa: Cupra Marittima: il centro abitato e il territorio in età tardo repubblicana e imperiale. Avea già detto circa i ruderi sul Colle di Agnesia: “Il manufatto ( ... ) induce ad escludere che possa trattarsi di restauro adrianeo, come pensano il Colucci ed il Mostardi, che qui vogliono localizzare il tempio della dea Cupra. La tecnica assai elementare, la varietà e la povertà di materiale usato, la scarsa profondità delle fondazioni, fanno pensare a costruzioni posteriori al VI ? VII sec. ”.
Vogliamo richiamare l'attenzione sul fatto che presso il Tesino non vi è stato sol il tempio di Cupra, ma tutto il complesso religioso, come dimostra indubitabilmente l’iacente “Bagno della Regina”, certo opera per abluzini rituali; e che dette opere non possono essere considerate singolarmente lo dimostra il fatto che sul Ragnola, che trae il suo etimo da ringiolo (“piccolo ring”, cioè “piccolo recinto sacro”, in relazione al “grande ring” sul Tesino) è esistito un “Bagno della Regina”, usato per abluzioni rituali fino a circa un secolo fa.
Da quando il Dall'Osso ha definito la questione sull'ubicazione del tempio della dea Cupra, gli studiosi hanno chiuso gli occhi per non vedere non osando trarre l e conseguenze della scoperta. Plinio nella sua Historia Naturalis, lib. III, nella quale descrive l'Italia quale risulta nell'anno 747 di Roma, 7 a.C., parlando della V regione augustea, il Piceno, così dice, venendo da sud a nord, lungo l'Adriatico: “Quinta regio Piceni est (…). Tenuere ab Aterno amne (…). Item Castrum Novum, flumen Vibatinum, Truentum cum amne, quod solum Liburnorum in Italia reliquum est. Flumina Albula, Tessuinum, Helvinum, quo finitur Praetutiana regio, et Picentium íncipit. Cupra oppidum, Castellum Firmanorum et super id Colonia Piceni nobilissima”.
Il Piceno quindi era diviso in due grandi sotto?regioni: Pretuzio e Picento. Il confine tra le due giurisdizioni era, sul mare, all'Elvino. Ora se l’identificazione dell'Elvino è stata molto dibattuta, è indubitato che esso sia un corso d'acqua a nord del Tesino. Deve concludersi che il tempio nazionale dei Piceni stava nel Pretuzio ed il Cupra oppidum nel Picento. Cioé il tempio della dea Cupra ed il Cupra oppidum, erano situati in regioni diverse. Quindi il Cupra oppidum, nonostante le «fantasie» udite sin oggi in proposito, non può essere la città della dea nazionale. E’ soltanto un oppido dei Picenti.

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